Lotta all'ultima poltrona

Michele Marone, assessore uno e trino. In Regione si lavora per spodestarlo, mentre la Lega continua a perdere pezzi

Voci dai palazzi della politica regionale riferiscono di manovre per estromettere dalla Giunta l'avvocato termolese che continua a conservare il ruolo di presidente del Consiglio comunale a Termoli e di consigliere con delega al bilancio in Provincia a Campobasso. Se l'operazione andasse in porto, il partito di Salvini uscirebbe con le ossa rotte mentre il presidente Toma riuscirebbe a ricompattare la maggioranza. Intanto non si arresta la fuga dei tesserati molisani dal Carroccio.

Mettetevi comodi sulla poltrona e preparatevi a leggere l’ultimo racconto della saga ‘Tutti gli uomini del presidente‘. Il presidente di cui parliamo è ovviamente Donato Toma, probabilmente ‘folgorato’ sulla via della Lega dai super-poteri di Michele Marone scelto come assessore al Lavoro e alle Politiche sociali al posto di Luigi Mazzuto.

L’avvocato termolese deve aver convinto il capo della Giunta regionale che lo ha preferito sia ad Alberto Tramontano, il professore sponsorizzato dal commissario leghista Jari Colla e forte degli 800 voti ottenuti alle Regionali, sia ad Alessandro Pascale, l’imprenditore sul quale invece propendeva lo stesso Toma alla luce della comune esperienza amministrativa nella giunta guidata da (big) Gino Di Bartolomeo. Forse qualche chance avrebbe potuto giocarsela pure Maria Domenica D’Alessandro, avvocato anche lei, candidata a sindaco di Campobasso lo scorso anno e leghista. La quale inoltre avrebbe potuto garantire la rappresentanza di genere, la cosiddetta quota rosa.

E invece no. Marone, primus inter pares (come direbbero i latini), ha senza dubbio una marcia in più: assessore regionale, presidente del Consiglio comunale a Termoli e consigliere provinciale a Campobasso con delega al bilancio. Tre ruoli istituzionali importanti che evidentemente l’avvocato termolese svolge con passione e impegno alla luce dei suoi tanti estimatori. Uno e Trino, insomma. Forse proprio quest’aurea di santità deve avere avuto facile presa sul presidente della Regione Molise, che probabilmente con l’intercessione di santo Michele da Termoli punta a scacciare gufi e uccellacci del malaugurio che rischiano di far saltare il suo governo.

Certo, il governatore si è preso una bella responsabilità: nominare il titolare della delega al Lavoro (in una regione in cui l’occupazione è diventata quasi una chimera) e far arrabbiare metà degli uomini della sua maggioranza è un colpaccio non da poco.

I sei dissidenti che hanno composto il gruppo civico, che non voteranno la mozione presentata dal Movimento 5 Stelle e Pd, minacciano ora la controffensiva: un atto di sfiducia in autunno, quando la legislatura sarà al giro di boa. Un documento che avrà la forza e i numeri per far cadere il governo. 

Probabilmente è per evitare il kappao finale che sono riprese le trattative con i dissidenti. Da palazzo D’Aimmo è trapelata un’indiscrezione che sarebbe l’ennesimo colpo di scena della saga molisana ‘Tutti gli uomini del presidente’: Marone potrebbe essere estromesso dalla Giunta regionale. “Sarebbe l’unico modo per Toma per ricompattare la maggioranza: i malpancisti del resto avevano chiesto al presidente di non nominare un quinto assessore esterno della Lega”, il ragionamento di un esponente del centrodestra.

Solo azzerando l’assessore Marone, il capo dell’esecutivo regionale riuscirebbe ad evitare di terminare anzitempo il suo mandato. Anche perchè la delega al Lavoro, riferiscono fonti leghiste, sarebbe l’obiettivo di Salvatore Micone, che fino a novembre sarà presidente del Consiglio regionale. Poi l’assise regionale dovrà scegliere il suo nuovo capo. E i pretendenti a quel ruolo sono diversi. Almeno tre: l’attuale sottosegretario Quintino Pallante, gli assessori Vincenzo Niro e Vincenzo Cotugno. Essere eletti al vertice dell’assemblea, inoltre, consentirebbe di smarcarsi politicamente dal centrodestra ed eventualmente effettuare più agevolmente il ‘salto della quaglia’ quando si avvicineranno le nuove elezioni.

Toma Micone consiglio regionale bilancio coronavirus

In tutta questa operazione chi uscirebbe con le ossa rotte sarebbe proprio la Lega che, nel giro di poco tempo, si ritroverebbe di nuovo senza un rappresentante in Regione. Per di più, il partito di Matteo Salvini sembra aver perso l’appeal di un anno fa: la fuga dei tesserati non si arresta. E’ vero che è stato annunciato l’ingresso di Irma Barbato che, riferiscono da Isernia, non è proprio una campionessa di preferenze. Ma sono andate via altre due persone: dopo Antonio Madonna e Domenico Ciccarella, è stato il turno di Cleonice Zacchia e di Francesca Iafelice, collaboratrice all’Assessorato al Lavoro all’epoca di Luigi Mazzuto.

“Dopo 6 lunghi anni di militanza attiva nella Lega-Salvini Premier Molise lascio il partito. Non mi sento più rappresentata né dalla Lega nazionale, né da quella locale”, l’affondo della Iafelice.

Duplice il fallimento della Lega, a livello nazionale e regionale: il partito è stato “incapace di portare avanti una benché minima idea antagonista alla narrativa governativa di Conte. Mentre in Molise “da cardine di un centrodestra molisano (centro-destra si fa per dire)”, la Lega “si è ritrovata succube dello stesso, anzi ne è diventata simile in tutto e per tutto. Se fino allo scorso agosto la Lega aveva rinunciato a ben sette ministeri pur di non cedere sulla non negoziabilità delle idee, oggi si ritrova in mezzo ai fuochi di una guerra già persa in partenza per una poltrona regionale, peraltro scomoda”.

“Militante storica” (come lei si definisce), candidata anche alle regionali del 2018 e alle comunali di Campobasso del 2019, la Iafelice dice di essere stata “abbandonata” per aver “cercato il dialogo e il confronto sulle scelte di partito, scelte che a quanto pare dovevano rimanere secretate e oscurate ai non adepti, quando poi in realtà erano semplicemente dettate dall’intento di far diventare la Lega la nuova Forza Italia. Non è un caso che già altri giovani e volti nuovi della Lega, volenterosi e con un buon seguito, come Antonio Madonna e Cleonice Zacchia, insieme ad altri “non riciclati”, abbiano deciso di abbandonare il partito perché sono stati ignorati e messi da parte per mandare avanti i soliti volponi del centro destra molisano. I complottisti fanno peccato, ma ci indovinano sempre! A questo punto, più che a un partito, mi chiedo se invece non ho avuto a che fare con una specie di setta massonica dei poveri, della serie ‘Gli Illuminati del Centro Destra’!.”

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