Mezzogiorno in allarme

Più ricchi al Nord, più poveri al Sud. Regionalismo differenziato, pericolo per il Molise

Saranno nefaste le conseguenze del percorso avviato dall'ex governo Gentiloni e ripreso dall'esecutivo Lega-M5S. Compromesso il principio di solidarietà e sussidiarietà, le regioni del Sud non saranno più in grado di garantire alcuni servizi. A rischio c'è anche la scuola. Il Pd Molise lancia la mobilitazione, Micaela Fanelli: “Ci auguriamo che il nostro Consiglio regionale possa essere il primo a prendere una posizione”.

Un appuntamento per approfondire un tema delicato, più che un convegno politico. Il rafforzamento delle autonomie regionali passa necessariamente attraverso l’idea – rilanciata con enfasi negli ultimi tempi dai “casi specifici” di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – del “regionalismo differenziato”.

Un’ambizione legittima e, al medesimo tempo, un atto consentito e garantito costituzionalmente dall’articolo 116, comma terzo, che prevede il meccanismo per una maggiore autonomia regionale sulla base della riforma del 2001.

Eppure, il riconoscimento di ulteriori competenze in ambito legislativo, amministrativo e finanziario per le Regioni non riguarda solo l’obiettivo di garantire un maggiore sviluppo territoriale e migliorare l’operatività degli enti locali, ma sembra prestare il fianco anche ad un rischio concreto: quello di veder compromesso, o quanto meno “rivisitato”, il principio di solidarietà e sussidiarietà tra le diverse realtà regionali. Il che potrebbe aprire scenari nefasti anche per il Molise, rimarcando e accentuando il divario – in termini di possibilità di crescita e disponibilità di risorse – tra il Mezzogiorno e il resto del Paese.

Secondo Micaela Fanelli – che insieme al “collega” e consigliere Vittorino Facciolla ha promosso il dibattito – bisogna salvaguardare i trasferimenti finanziari a fini perequativi, garantendo i livelli essenziali delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale.

“È un momento dirimente, per tematiche e prospettive. Siano davanti a un tema forse passato in secondo piano, rispetto al quale abbiamo una posizione chiara: siamo molto preoccupati, perché è un argomento che tramite una bassa attenzione, o dolosa disattenzione, sta andando avanti e sta portando, per Lombardia e Veneto soprattutto, a un disegno che potrebbe mettere in pericolo il destino di tutto il Paese. Il regionalismo differenziato- ha detto l’ex segretario regionale del Pd – riguarda da vicino l’area del Mezzogiorno e dunque anche il Molise, in particolare. Saremmo felici se il nostro Consiglio regionale del Molise potesse essere il primo a schierarsi apertamente. Serve trasversalità, certo, anche per una mobilitazione di carattere nazionale, al fine di accendere i riflettori sulla tematica. Pensiamo che sia una battaglia da giocare non in retroguardia: siamo favorevoli alle macro-regioni, all’alleggerimento dei costi per la pubblica amministrazione e all’attuazione di riforme che possano darci una marcia in più. Per caratteristiche territoriali e istituzionali, il Molise è la regione che rischia di più: possiamo superare le differenze politiche per costituire una forte alleanza partenariale”.

Anche il presidente della Regione, Donato Toma, ha sottolineato l’esigenza di un dialogo congiunto con le realtà territoriali limitrofe, al fine di lavorare insieme ad una prospettiva unitaria capace di garantire equità e giusti livelli di autonomia su scala nazionale: “È un tema importantissimo – ha spiegato il governatore- L’articolo 116 della Costituzione va sorvegliato: incarna un diritto sacrosanto, ma ne va osservato il processo. Credo che i padri costituenti abbiano pensato a questo strumento non per svalutare o lasciare irrisolta la questione meridionale, ma per aiutare i territori a crescere. Quella del regionalismo differenziato – che non è federalismo, né autonomia – è una questione delicata: la contribuzione al fondo perequativo nazionale merita attenzione.

Può esserci – ha continuato Toma – l’esigenza di autogestione di alcune specificità che al momento sono di prerogativa statale. Ecco perché bisogna individuare uno strumento univoco per tutte le regioni, al fine di garantire dignità e uguaglianza dei diritti e mantenere il principio di solidarietà e sussidiarietà. Noi siamo la regione con meno capacità fiscale e, se non potessimo beneficiare della solidarietà interregionale, non saremmo in grado di essere autonomi. Abbiano cominciato un’attività di concertazione con le altre regioni del Sud, come Calabria, Basilicata e Campania per una strategia comune”.

A partecipare al dibattito anche Patrizia Manzo, vicepresidente del Consiglio regionale e portavoce del Movimento 5Stelle: “Quello odierno è un momento di riflessione importate, sul terzo comma dell’articolo 116. È giusto che ogni regione abbia possibilità di scelta, ma l’Italia è unica e indivisibile, al netto delle autonomie locali. Solo per mezzo della pluralità delle voci si può giungere a una unica identità, indivisibile. Dobbiamo chiederci se il regionalismo differenziato valorizza davvero l’autonomia. Un ruolo chiave dovrebbe essere svolto dal Consiglio delle Autonomie locali e dagli enti locali: senza di essi verrebbe delegittimato tutto il procedimento. Servirebbe forse un regionalismo cooperativo, più equilibrato tra centro e periferie, che garantirebbe un’autonomia felice alle amministrazioni e alle territorialità”.

regionalismo differenziato

Approfondite e maggiormente “tecniche” le argomentazioni presentate Gianfranco Viesti, docente dell’Università di Bari e autore dello studio “Autonomie regionali e Unità nazionale. Verso la “secessione dei ricchi”?

“Stiamo parlando di un grande tema politico, che riguarda il futuro dell’Italia – ha detto Viesti – È una discussione non semplice, anche perché i cittadini non sono molto informati su questo: non sanno, ad esempio, che la qualità dei servizi scolastici potrebbe risentire di questo passaggio. Serve cautela nei confronti del decentramento: a seconda delle materie cambia infatti il punto di vista. Il comparto dell’’istruzione, ad esempio, è diverso da quello della formazione professionale. Uno dei pericoli, in questo senso, è un potenziale disfacimento della scuola: gli insegnanti diventerebbero infatti dipendenti della Regione”.

Scenari complicati, dunque, che potrebbero avere conseguenze pesanti anche sul nostro territorio: “La Regione Veneto, per intenderci, ha richiesto autonomia per tutte le materie contemplate, chiedendo che nove decimi delle tasse raccolte a livello regionale possano rimanere all’interno dei propri confini: questo processo potrebbe creare una secessione di fatto. Dobbiamo partire da un presupposto – ha concluso Viesti – La crisi ha colpito anche me regioni più forti, lo Stato ha ridotto il sostegno e tutto ciò ha rilanciato l’idea da parte delle Regioni di trattenere le risorse. L’obiettivo esplicito è dunque quello di mantenere i soldi: le pre-intese, già sottoscritte con il governo Gentiloni, si muovono in questa direzione”.

Ma a mettere il piede sull’acceleratore è stato il nuovo esecutivo Lega-M5S. Tanto che il vice premier Salvini si è spinto a sostenere che il regionalismo differenziato sarà realtà proprio quest’anno. E per il Molise sarebbe la fine.

“Il problema – le osservazioni di Viesti – è evidentemente politico: si rischia di stabilire, per la prima volta nella nostra storia, che il finanziamento dei servizi dipende dalla ricchezza, dal gettito fiscale. Eppure, equità orizzontale tra i cittadini e redistribuzione delle risorse sono i principi cardine della costituzione: questo tipo di regionalismo differenziato cambierebbe tutto, suscitando una serie di problemi etici e politici, oltre che amministrativi. Se il Parlamento voterà l’intesa tra Governo e Regioni, non si potrà più cambiare nulla e il processo di divisione del Paese sarà inarrestabile. Il tutto a danno dell’unità”.

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