Gran finale

Viaggi, incontri e mondi altri per l’ultima serata del Termoli Jazz. La ‘lezione’ di Enzo Favata e l’omaggio ai popoli del Sud

Chiusura magistrale per la 7° edizione del Termoli Jazz Festival al Teatro verde con lo straordinario progetto “The Crossing” del sassofonista sardo

Un viaggio in territori misteriosi quello reso possibile da Enzo Favata, e dal suo gruppo “The Crossing”, che ha regalato una magica chiusura al Termoli Jazz 2021 nella nuova cornice che ha debuttato quest’anno, il Teatro Verde. Viaggi e altri viaggi, esplorando in musica mondi altri in cui è facile perdersi, ed è forse proprio questo il bello.

Un finale d’eccezione per il festival, giunto alla sua 7° edizione e diretto ancora una volta da Michele Macchiagodena, che anche quest’anno si è contraddistinto per qualità, eterogeneità e velleità sperimentale. Ed è con il favoloso progetto artistico di Enzo Favata, che ha negli incontri (da qui il nome, ndr) la sua ragion d’essere, che si è voluto chiudere il cerchio di una kermesse che quest’anno ha ospitato musicisti del calibro di Franco D’Andrea (nel suo inedito duo con Dj Rocca), Luca Ciarla, Flavio Boltro con il suo quintetto, e ancora il duo composto da Luca Aquino e Giovanni Guidi.

 

Sabato 31 luglio è stata la volta di 4 eccezionali interpreti: con il sassofonista Enzo Favata (alle prese anche con strumenti elettronici e sintetizzatore) c’erano Pasquale Mirra al vibrafono, marimba midi e Fender Rhodes, una strepitosa Rosa Brunello al basso e Marco Frattini alla batteria. Un quartetto che ha trascinato il pubblico creando atmosfere ipnotiche, a tratti psichedeliche, con musiche orientaleggianti ma anche tribali.

Il gran finale del Termoli jazz con Enzo Favata

Un’avventura suadente, un’esperienza totalizzante in cui le sonorità create dal basso pulsante, dall’energica batteria e dalle evocative percussioni ‘etniche’ hanno catapultato l’uditorio in un altrove affascinante e talvolta inquietante. Come quanto i suoni sembravano provenire dalle viscere della terra, dal profondo sottosuolo.

 

In realtà quella di Enzo Favata e del suo “The Crossing” è una straordinaria lezione antropologica: sulla bellezza delle differenze e sulla potente opportunità (a livello artistico ma non solo) del meticciamento.

Il gran finale del Termoli jazz con Enzo Favata

A chiudere la serata dapprima un omaggio, commosso, alla regione di origine (con uno strumento della tradizione, il benas) del musicista Favata. “Sono orgogliosamente, ma in questi giorni anche luttuosamente, sardo. Questo brano è per la mia terra. Voi siete gente del sud e potete capire cosa significhi vedere bruciare la terra, per molti vuol dire perdere tutto”. Il Molise ha vissuto nelle ultime ore proprio una sciagura simile. Infine, un brano originale ispirato dall’Etiopia, in particolare alla regione della Dancalia e alla sua millenaria miniera di sale.

Ma quella del meticciato in un certo senso è stata anche la lezione del festival termolese, sempre più crogiòlo di esperienze artistiche, di generi musicali che si fondono con sinergie sbalorditive con il jazz. Arrivederci al 2022.

(foto di Paolo Lafratta)

 

 

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