Un settore in ginocchio

Il dramma delle professioniste della bellezza: “Un altro mese a casa è da impazzire. E le abusive proliferano”

Estetiste e parrucchiere raccontano le difficoltà di una chiusura che potrebbe arrivare fino all'1 giugno. "Senza soldi e con giornate vuote, non vediamo l'ora di ricominciare". E mentre c'è chi lavora in nero a casa rischiando il contagio, c'è anche un pensiero positivo. "Così ho ritrovato l'entusiasmo".

Alcune di loro stanno vivendo un vero dramma. Senza poter lavorare, senza soldi, senza un vero obiettivo per cui alzarsi al mattino. E dire che i saloni di bellezza sono stati fra gli ultimi a chiudere. Pochi lo ricordano con chiarezza, ma il primo Dpcm permetteva loro di restare aperti fino alle 18. Ma è durato solo qualche giorno, visto che l’11 marzo arrivò la sentenza: “Sono sospese le attività inerenti i servizi alla persona (fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti)” decretò il Governo.

Ma a quando la riapertura? Nell’ultima conferenza stampa il premier Conte ha indicato la data del 1 giugno, che ha fatto ‘cadere dalla sedia’ molti operatori del settore dell’estetica e della bellezza. Ce lo hanno confermato alcune delle dirette interessate da questo stop forzato: Lucia e Donatella, rispettivamente parrucchiera ed estetista del salone ‘Il bello delle donne di Petacciato’. E ancora Carmen, parrucchiera in un salone (con cui condivide l’attività) a Termoli, ed Adelaide, che insieme alla sorella Alessandra è titolare del centro Estetica Glamour di via Argentina a Termoli.

Il bello delle donne

“Fino al 10 marzo abbiamo lavorato, ci hanno fatto chiudere praticamente per ultimi – ricorda Lucia -. Pensavamo di riaprire presto, in due settimane. Tant’è che molti appuntamenti li avevamo solo rinviati”. “Già allora qualcuno aveva rimandato, altri venivano con la mascherina” le fa eco Donatella, l’estetista di Petacciato. “Ma eravamo pronte, avevamo igienizzanti, mascherine, guanti, tutto quello che ci veniva chiesto. I clienti venivano massimo due per volta”. Invece è arrivato uno stop molto lungo. Identico l’impatto sulle colleghe di Termoli. Sia Carmen che Adelaide sono rimaste stupite e amareggiate.

“Quello che ci manca di più è il lavoro” dicono in coro Donatella e Lucia, amiche prima che colleghe. “Anche uscire semplicemente per fare una passeggiata, senza l’ansia che ti possano fermare per sapere dove stai andando” dice la prima. “La paura che mi possa succedere qualcosa c’è, che possa essere contagiata. Per questo non esco mai” conferma l’altra. Carmen ci parla di quanto sia “disumano”, a suo modo di vedere, vivere senza lavorare. Idem per Adelaide: “È dura, non solo economicamente ma anche moralmente e psicologicamente”.

Oggi la loro vita è completamente diversa. “La mattina non ti viene da svegliarti presto perché poi sai che non avrai da fare. La sera non riesci nemmeno a prendere sonno perché non sei stanca. Mi manca la normalità” riflette Donatella. “Io ero solita prepararmi mentalmente per andare al lavoro -. Oggi non poterlo fare mi fa venire l’angoscia, sento il vuoto” dice Lucia.

L’ha affrontata diversamente Carmen, che ci offre un’altra prospettiva. “Per quanto mi riguarda ho tutti gli strumenti per vivere, in questo tempo sospeso”. Si riferisce alla lettura, piacere che in questi mesi ha potuto riscoprire, ma anche alla formazione professionale, con gli strumenti offerti dal web. “Le aziende si sono mobilitate e hanno proposto diversi corsi di formazione online”. Lei ha colto quest’occasione: “Da questo punto di vista non sto ferma e non mi annoio, anche se è chiaro che ci sono la fatica e le preoccupazioni legate a come affrontare le problematiche connesse all’infezione, soprattutto quelle economiche”. E ancora: “Io non mi lascio andare, mi alzo e mi preparo tutte le mattine come se nulla fosse, come se dovessi andare al lavoro”.

Normale però che il pensiero vada sempre alla riapertura. “Sentire Conte dire che riapriremo l’1 giugno mi ha fatto prendere un colpo. Non sono riuscita a parlare, mi veniva da piangere. Anche perché ero proiettata all’11 maggio, massimo al 18. Un altro mese chiusi non è possibile. Capisco che è per il nostro bene, però se guardo a chi hanno consentito di riaprire non capisco. Che senso ha far viaggiare i treni se poi la gente li affolla? Che senso ha riaprire i musei se non si possono fare assembramenti? Penso ci sia più rischio di contagio al supermercato, specie quand’è piccolo come nei nostri paesi, che nel nostro negozio” si sfoga Lucia. Opinione condivisa dalle sue colleghe, che pur ammettendo che il loro sia un lavoro a stretto contatto con l’utenza, non ne vedono rischi maggiori dato che le precauzioni – alcune delle quali già c’erano anche prima del Covid – ci saranno e loro saranno le prime a volerle rispettare.

Adelaide fa il punto sulla sicurezza: “Noi comunque già da prima utilizzavamo precauzioni, andiamo per appuntamento e in cabina (nel suo locale ce ne sono 3, ndr) entra una estetista per ogni cliente. A parte i pannelli in plexigras e le visiere, di fatto usavamo già tutti i dispositivi come guanti e mascherine”. Stessa cosa per i disinfettanti e la sanificazione degli ambienti. “Quindi per noi non cambierebbe poi tanto”.

Carmen è serena da questo punto di vista. “Dalle indiscrezioni trapelate ci dovranno essere 40 metri quadri a operatore, si dovranno utilizzare guanti e mascherine, ci dovrà essere gel disinfettante a disposizione nel locale”. Nulla di proibitivo, sebbene qualche spesa in più ci sarà. Ma alcuni accorgimenti si usavano già, come nel caso delle spazzole sterilizzate dopo l’uso, l’alcool o la candeggina per detergere il lavatesta”.

Perché aspettare tanto tempo, si chiedono ed è un coro quasi unanime. “Io all’1 giugno non ci penso proprio – confida Donatella -. Non sto nemmeno tenendo conto dei giorni, non ci voglio pensare sennò impazzisco. Capisco chi sta male, chi è disperato. Poi ho paura che se risalgono i contagi nei prossimi giorni si blocca di nuovo tutto e non potremo riaprire nemmeno l’1 giugno. Perciò non ci penso”. Poi fa una battuta. “Che poi quel giorno è lunedì, quando solitamente siamo chiusi. E il 2 è festivo. Ma a me non interessa, lavorerò entrambi i giorni”. La speranza di anticipare la riapertura c’è, specie dopo le parole del presidente Toma che ha prospettato una possibilità per metà maggio.

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Anche perché le richieste non mancano e questa è forse l’unica fiammella di speranza. “Sì, sono le clienti a darmela – ammette Lucia -. Mi scrivono spesso, mi dicono di stare tranquilla perché torneranno. Questo mi fa sentire bene, perché so di essere apprezzata”. Anche per Donatella è lo stesso, anche se il timore è che “le clienti possano avere paura quando riapriremo”. Adelaide ci racconta come qualche disdetta, prima della chiusura imposta per Decreto, già c’era stata. Carmen ricorda di clienti presentatesi nel salone con la mascherina quando in Molise non c’era ancora nessun caso conclamato.

Perché la paura del contagio c’è, inutile nasconderlo. “Certo, la salute è la prima cosa”. Ma loro sarebbero già pronte. “Noi avevamo già contattato il fornitore, convinte di riaprire al massimo il 18 maggio. Abbiamo ordinato mascherine, igienizzanti, kimono, calzari, visiere. Manca solo la sanificazione”. E per i clienti? “Dovrebbero venire già con guanti e mascherine, altrimenti li forniremo noi”, spiegano da Petacciato. Mentre Adelaide ammette che c’era e ci sarà la ‘convivenza’ con la paura del contagio, Carmen è più tranquilla perché sa che sia lei che chi avrà di fronte saranno responsabili. “Il cliente di sua iniziativa manterrà le distanze da me, si parlerà meno, ma questo io l’ho notato già gli ultimi giorni di lavoro”.

Le difficoltà di certo non mancheranno. “Se penso a phon, tuta, aria condizionata ferma, credo potrei morire dal caldo” dice Lucia. Mentre per Donatella, abituata già a lavorare con la mascherina, il vero problema “potrebbe essere un trattamento come la ceretta, da fare coi guanti”. Ma c’è anche un risvolto meno evidente nelle stringenti regole che queste attività devono osservare. “Capiamo – sostiene Lucia – che non si potrà far entrare più di uno alla volta, ma se la signora vuole rimanere cinque minuti in più a parlare mica la possiamo cacciare. Le clienti vanno ascoltate, coccolate”. “Facciamo anche un po’ da psicologhe” sintetizza Donatella.

Ma lo spirito di adattamento non fa difetto a chi ha scelto di aprire Partita Iva e gestirsi la propria vita lavorativa. Quello che spaventa è la voce entrate ferma a zero, mentre quella delle uscite galoppa. “Le bollette arrivano lo stesso, l’affitto va pagato. Ora ci sono pure le tasse. Che senso ha rinviarle se poi le dobbiamo pagare comunque? Potrebbero cancellarle almeno per quest’anno, così almeno ci aiuterebbero” suggerisce Donatella. E poi rivela: “I 600 euro li ho avuti, ma sono già finiti con tutte le spese”. All’amica e collega per ora non è arrivato manco il ‘bonus’ del Governo. “Ho aperto un anno e un mese fa – confessa la parrucchiera Lucia, originaria di Guglionesi -, ma se tornassi indietro non lo rifarei. Anzi, non farei proprio questo lavoro”. “Io farei la commessa, almeno lavorerei sempre” la chiosa dell’amica estetista.

adelaide e alessandra caruso

Anche Adelaide insieme a sua sorella (in foto sopra) ha intrapreso l’avventura del centro estetico da poco, e di certo non vuole rinunciarci. Anche lei ha usufruito del bonus di 600 euro, che giudica insufficiente a coprire tutte le spese. Anche perché parte di quei soldi sono andati alla sua giovane dipendente, quando si è accorta che la cassa integrazione stentava ad arrivare. Così le ha fatto un prestito, un gesto non da tutti. Dunque tra affitto, tasse, Pos e quant’altro il bonus è bello che finito, presto, un po’ per tutte.

Rivelano di parlare spesso con colleghe di altre località e il loro umore è sotto i tacchi. “Molte dicono che fanno prima a chiudere, perché di sicuro non ce la faranno”. Ma per chi ha aperto da poco, come Lucia, sarebbe anche peggio. “Non posso farlo, perché ho avuto delle agevolazioni e dovrei dare dei soldi indietro”. Quando avranno via libera dovranno anche fare i conti con costi aumentati. “Ma non possiamo certo aumentare i prezzi, anche se per una piega ormai ci si rimette”. La perdita economica è evidente anche a chi non sa nulla di economia. “Il nostro settore lavora da marzo a settembre e stiamo perdendo tutto. Questo è il periodo delle Comunioni e sono tutte saltate. Molti matrimoni sono rimandati. La perdita è almeno dell’80 per cento”. Già, i matrimoni, anche quelli introiti si sono volatilizzati.

Nel frattempo assistono impotenti a episodi di vero sciacallaggio. “Io pagavo 7 euro una confezione da 100 mascherine. Oggi le trovo dal fornitore a 70 euro e su Internet anche a 90” afferma Donatella. E poi quello che forse fa più male è che mentre loro, perfettamente in regola, sono costrette a restare a casa, aiutate dalle famiglie, c’è chi ne approfitta alle loro spalle, correndo il rischio di diffondere il contagio e senza pagare un euro di tasse. È la piaga dei lavoratori abusivi. “Quante signore ci chiamano e chiedono di andare a casa. Ma noi ci rifiutiamo. Però è chiaro che se noi diciamo di no, loro possono rivolgersi ad altre parrucchiere o estetiste che vanno a lavorare direttamente a domicilio, in nero”. E ci rivelano, un po’ tutte loro, che le clienti hanno quasi da subito richiesto espressamente – in alcuni casi ‘alluso’ – alla possibilità di andare a domicilio delle clienti.

Perché anche il settore dell’estetica è, a modo sua, una esigenza oggigiorno. Adelaide però ci spiega che sono soprattutto trattamenti curativi ad essere richiesti. Chi ha problemi di calli e unghie incarnite, ad esempio, ha richiesto spesso il loro intervento. “Sebbene oggi l’esigenza estetica, anche se stai chiusa dentro casa, ha il suo peso”.

Insomma, oltre al danno la beffa, per uno dei settori che più sta risentendo delle conseguenze economiche dell’epidemia. “Sono le nostre clienti a tenere viva la nostra speranza”. Lucia confida di aver aiutato qualche signora a fare il colore fai da te, magari con un messaggio o un video esplicativo. Il rapporto di fiducia si mantiene anche così e si rafforza nella tempesta. Ripartire da lì è necessario.

Più o meno fiduciose, tutte loro attendono il futuro e di riprendere il proprio lavoro, come prima e meglio di prima. Certo, come afferma candidamente Adelaide “sarà dura ricominciare con la paura, nostra e delle clienti”.

Ma c’è anche la riflessione di Carmen, inguaribile ottimista. “Sono certa che da tutto questo caos comunque ne potremmo venire fuori,  cresciuti e con tanta esperienza, da un punto di vista umano ma anche lavorativo”. Lei ha affrontato questo periodo di stop come una fase per ripensare il proprio lavoro e riprogettarlo. “Ma soprattutto – dice – è stato un periodo che mi è servito a recuperare entusiasmo verso la mia attività”. Lei, come tutte d’altronde, non vede l’ora di ricominciare.

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