Il caso a casalciprano

Prigioniera per 22 anni, paese sconvolto. Il sindaco: “Felice per la liberazione, ma invito alla prudenza”

Il primo cittadino di Casalciprano esprime sollievo sapendo che la cittadina è al sicuro in una struttura protetta ma richiama anche al garantismo e alla cautela. Le indagini sono nella fase iniziale, “ci sono punti interrogativi da chiarire” e testimonianze da vagliare.

Casalciprano, provincia di Campobasso, meno di 500 anime in cui si conoscono tutti. Stamattina è un proliferare di telecamere e troupe televisive che raccolgono testimonianze, chiedono informazioni, cercano la parrucchiera e bussano nella “casa degli orrori”.

Il nome del borgo nel quale si sarebbe consumata una terribile violenza protrattasi per 22 anni ai danni di una donna di 67 anni da parte del fratello e della cognata alla fine è saltato fuori, malgrado i tentativi di evitarlo per non violare privacy e diritti in uno stato delle indagini ancora embrionali, come aveva chiesto la Procura.

Casalciprano

“Oggi subito dopo la guerra tra Russia e Ucraina c’è Casalciprano. Avremmo preferito andare in tv per altre ragioni” commenta con una battuta amara il sindaco Eliseo Castelli, che invita alla prudenza e si rammarica per un clamore mediatico che, riflette, “per me è inopportuno visto i punti ancora tutti da chiarire. Per carità – aggiunge – io sono felice, sono molto lieto di sapere che la signora si trova al sicuro in una struttura protetta, in un centro antiviolenza. Ma preferirei che ci fosse un po’ più di cautela rispetto ai colpevoli, che non sono stati ancora condannati e sui quali ci sono delle indagini”.

Il fatto che non sia stata emessa alcuna misura di limitazione della libertà personale né al fratello né alla cognata della vittima è di per sé, al di là delle mancate esigenze cautelari (come il pericolo di fuga o il pericolo di reiterazione che non sussistono), un elemento che dovrebbe far riflettere. E gli stessi inquirenti confermano che “le indagini sono in corso, al momento non ci sono accuse definite”.

Tenuta segregata in una stanzetta ricavata accanto alla legnaia per 22 anni, senza che nessuno, in un paese tanto piccolo, abbia mai intuito l’inferno che si celava dietro quell’abitazione in pieno centro. Possibile? “È di per sé singolare, anche se alla fine una segnalazione è arrivata ai carabinieri – racconta ancora Eliseo Castelli – e noi, come amministrazione comunale, ci siamo attivati immediatamente tramite ufficio dei servizi sociali”.

Moltissimi, in paese, testimoniano di non aver mai visto la donna. Altri dicono il contrario. “L’anno scorso è andata al matrimonio della nipote”. “Abbiamo letto che andava saltuariamente anche dal parrucchiere, il che è vero”. “L’ho vista in auto col fratello una volta”. Voci di paese, o forse no. In ogni caso, elementi che non sembrano collimare perfettamente con il sequestro di persona, sebbene gli stessi investigatori abbiano fatto trasparire, nel comunicato ufficiale inviato ai media, che la signora ha inutilmente provato a chiedere aiuto ma i segnali lanciati non sono stati mai recepiti.

Questo fino a qualche mese fa, quando è arrivata una lettera anonima ad attivare l’attività investigativa. E, come si procede in questi casi e come è giusto che sia a tutela della vittima, la signora è stata sottratta ad un ambiente nel quale lei stessa ha rivelato di essere stata trattata come una schiava, chiusa a chiave con un lucchetto rudimentale in una stanzetta umida con il pavimento grezzo e i muri scrostati e una vasca da bucato dove le era consentito lavarsi una volta al mese. Un racconto atroce il suo, da verificare punto per punto.

Le domande però – e insieme alle domande anche dubbi – sono legittime. A cominciare dall’assistenza sanitaria che non avrebbe avuto per ben due decenni, malgrado abbia un medico di famiglia e malgrado una pandemia in mezzo.

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