L'intervista

Test degli anticorpi inutile, l’esperto: “Non ci dice quanto siamo protetti”. Terza dose? “Risveglia la memoria immunitaria”

Di protezione anticorpale, terza dose e molto altro abbiamo parlato col microbiologo Massimiliano Scutellà, direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare del Cardarelli. Le sue parole ricordano quelle apparse oggi sul Corriere della Sera pronunciate dal dottor Mantovani: "Non esiste un test degli anticorpi che ci dica se siamo protetti o meno. Ma la terza dose è efficace, va fatta".

Si inizia a parlare di aprire gli hub vaccinali perché si profila sempre più la possibilità di estendere la terza dose di vaccino (un richiamo, come altri ce ne sono stati per altri vaccini e come forse sempre sarà). Di protezione anticorpale, terza dose e molto altro abbiamo parlato col microbiologo Massimiliano Scutellà, direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare del Cardarelli che, in prima battuta, ha ribadito la “fondamentale importanza di fare il vaccino per tutte quelle persone a rischio, come i pazienti critici, gli immunodepressi, gli anziani. Insomma preminente è vaccinare tutti”. Tutti, in tutti i continenti, perché una pandemia non si vince solo a determinate latitudini. Non ci si salva certo da soli (in una singola regione o in un singolo Stato), e questo andrebbe sempre tenuto presente per ragioni ‘funzionali’, sì, oltre che per questioni etiche.

Oggi sul Corriere della Sera in un’intervista Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano, ha espresso la sua sulla terza dose. “Va somministrata, alla luce di quanto ci suggeriscono i dati scientifici. E comunque ci sono almeno tre buoni motivi: proteggere me stesso, i miei cari e le persone con cui vengo in contatto soprattutto se sono un sanitario”.

 

Dottor Scutellà, un recente studio di Lancet che giorni fa anche Primonumero ha riportato dimostra come non si discosti troppo tra vaccinati e non vaccinati la capacità di infettarsi e trasmettere l’infezione. Vogliamo chiarire se e perché è importante allora vaccinarsi?

“Possiamo contagiarci pur essendo vaccinati e pur avendo un titolo di anticorpi neutralizzanti per essere protetti. Il contagio non possiamo evitarlo. La vaccinazione impedisce però che il virus abbia serbatoio e  tempo di variare. Il virus – nella sua lotta per la sopravvivenza – sta andando avanti con la sua frequenza di mutazione  (leggasi varianti, ndr) e con una capacità migliore di legare le cellule suscettibili. Se noi limitiamo il serbatoio a disposizione – vaccinandoci – invece sicuramente affrettiamo la fine della pandemia. Oltre al fatto che la vaccinazione protegge dal rischio di evoluzione grave della malattia, in definitiva da ricovero, terapia intensiva e decesso”.

laboratorio biologia molecolare test tamponi

Lei ha citato gli anticorpi. A tal proposito, e alla luce dello scetticismo di molti in particolare riguardo alla terza dose, può spiegarci se e come una persona può ‘misurare’ il suo livello di anticorpi, che sappiamo scemare a distanza di mesi?

“Va detto che non ci sono valori di riferimento del titolo anticorpale per questo tipo di infezione, ovvero valori che ci dicono che abbiamo una efficacia vaccinale protettiva. L’unico dato sono gli studi condotti sui vaccini che ci dicono che per 6-8 mesi la protezione è garantita, soprattutto con quelli a mRNA (Pfizer e Moderna). L’immunologia però ci ha sempre dato una indicazione importante, ossia che non sappiamo l’efficacia vaccinale in base a un titolo di anticorpi misurato e questo appunto perché l’immunologia ci ha sempre insegnato che l’efficacia protettiva si fonda sulla formazione delle cellule memoria. Significa quindi che, successivamente a un nuovo stimolo naturale del virus (venendoci a contatto dunque), noi possiamo rigenerare un clone di anticorpi efficace. Pertanto, anche se il nostro titolo anticorpale dovesse essere basso, non è detto che non risponderemmo bene a una infezione naturale. Sappiamo che c’è un test per misurare il titolo di anticorpi, non ci dice però quanti di questi siano effettivamente neutralizzanti”.

Per semplificare, potremmo dire che non è importante la quantità ma la qualità. E come si inserisce il discorso della terza dose in questo quadro che ci ha appena descritto?

“Ci sono studi sulla terza dose che dimostrano come questa sia molto più efficace nel produrre un numero di anticorpi effettivamente neutralizzanti. Se ne produrrebbero non solo in numero maggiore ma anche dopo meno giorni. E sono questi che rinnovano la nostra memoria immunologica. Nel gergo medico si dice che c’è una affinità maggiore dell’anticorpo con l’antigene virale da neutralizzare. L’anticorpo è tanto più efficace quanto più si lega in maniera complementare (questo il termine preciso) a un determinante antigenico. E questo si ha in una fase più avanzata della maturazione dell’anticorpo. Si chiama ‘affinità dell’anticorpo per l’antigene’. Detto ciò, non bisogna avere fretta di ricorrere alla terza dose, non prima dei 6-8 mesi dall’ultima somministrazione. Per il monodose Janssen invece i tempi sono un po’ più anticipati”.

In pratica gli anticorpi generati dalla terza dose sarebbero i ‘migliori’. Il virus però, come ci ha spiegato tante volte lei stesso, ricorre alla mutazione proprio per eludere la risposta anticorpale. Come se ne esce?

“È una lotta per la sopravvivenza. Il virus, dopo un salto di specie, ci mette un po’ di tempo a creare un equilibrio con il suo ospite (ovvero noi in questo caso, ndr). Inizialmente, al cospetto di un ospite ‘diverso’ e sprovvisto di difese (come noi nella prima fase), l’agente microbiotico è aggressivo. Ma alla lunga si viene a creare un equilibrio tra il virus e l’ospite, ma perchè avvenga questo passa del tempo chiaramente. Ma si badi, questo sta già di fatto avvenendo. Certo, va considerato che se per noi un anno e mezzo è un tempo lungo, per un virus non lo è affatto”.

In questa fase delicata, con l’aumento dei contagi specie in Europa e in particolare nell’Europa dell’Est, come dovremmo comportarci?

“L’inverno porta con sé altre infezioni virali, a partire dalla classica influenza stagionale. I sintomi potrebbero anche confondersi con quelli di questa pandemia aero-diffusiva. Intanto andiamo avanti con le vaccinazioni, rispetto alle quali l’Italia ha già dato una prova di grande responsabilità. E poi continuiamo con mascherine e distanziamento. Sono sufficienti a impedire il contagio, non dobbiamo dimenticarlo”.

 

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