Le reazioni

L’Aquila Capitale della Cultura: dopo la proclamazione, l’ombra dei sospetti: “Sembrava già scritto”

Premesse le congratulazioni al capoluogo abruzzese per il riconoscimento ottenuto nella giornata di oggi, in molti - fra sindaci, parlamentari e amministratori - in queste ore si stanno chiedendo se la scelta non fosse stata già stabilita. Al centro dei dubbi: la campagna elettorale condotta nelle ultime ore in Abruzzo. Andrea Greco: "Un giudizio inquinato da condizionamenti"

A pensar male si fa peccato ma, come dice un vecchio proverbio, spesso si indovina. E’ anche questo il fil rouge che in queste ore lega le reazioni di alcuni sindaci, parlamentari, amministratori di tutt’Italia rispetto alla scelta dell’Aquila come capitale della cultura 2026.

Agnone MIC
Agnone MIC
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L’assegnazione al capoluogo abruzzese ha generato diverse polemiche, qualche dubbio e più di qualche sospetto. Il metodo che ha portato alla scelta dell’Aquila e messo in discussione da Andrea Gnassi, ex sindaco di Rimini (altra città in concorso) e parlamentare del Pd che al riguardo ha già annunciato che chiederà conto in Parlamento.

“Forse è solo un caso che a pochi giorni dalle elezioni regionali in Abruzzo il titolo sia stato conferito proprio a L’Aquila? – scrive Gnassi in una nota prima di aggiungere – Negli ultimi mesi Fdi, con la complicità del ministro Sangiuliano, ha usato il titolo di capitale della cultura per finalità elettorali. Negli ultimi giorni, poi, alcuni autorevoli esponenti del partito e di amministrazioni legate al ministero della cultura hanno organizzato dei momenti di approfondimento proprio sul tema. Tutte casualità? Non ci crediamo, chiederemo in Parlamento di fare luce sulle modalità con cui il ministero della Cultura sta gestendo l’attribuzione di importanti riconoscimenti culturali che, peraltro, generano significativi investimenti pubblici”.

E gli fa eco l’attuale sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad, che già nei giorni scorsi aveva detto chiaramente: “L’esperienza della Capitale della cultura, titolo assegnato per il 2026 a L’Aquila, ci ha mostrato anche il lato peggiore e ahimè radicato del nostro Paese, con quella catena di invasioni di campo preventive scomposte anche da parte di chi dovrebbe essere super partes e poi di illazioni e di ombre che hanno velato la coda finale di quella che per i territori candidati non è una semplice competizione. E’ la regola del sospetto a cui neanche questa partita si è potuta sottrarre”.

E nella disamina dei fatti, prende piede la ricostruzione degli ultimi giorni di campagna elettorale condotta dal centrodestra in Abruzzo, reo in occasioni pubbliche di avere come quasi predetto la proclamazione della città dell’Aquila. Lo lascia intendere anche il consigliere regionale del Molise, Andrea Greco, unendosi al coro di dubbi e sospetti che sta correndo lungo tutto lo Stivale.  “Una vittoria che sembrava già annunciata da tempo – scrive Greco – L’amarezza in questo caso è difficile da nascondere. Ero lì, e il cuore mi si è fermato. Non solo per la mancata vittoria della nostra Agnone, ma soprattutto perché credo che il giudizio debba essere scevro da ogni condizionamento, soprattutto quando si valuta la cultura”. 

E anche lui come gli altri amministratori italiani accende i riflettori su “un dato ineludibile: alle ultime elezioni regionali, quelle d’Abruzzo, L’Aquila si è confermata come la provincia più a destra d’Italia. Altro elemento che non rende giustizia a questa competizione è l’intervento fuori dalle righe del giornalista aquilano Bruno Vespa, che in diretta su un’emittente pubblica ha fatto un endorsement per la sua città prima del risultato, rischiando di influenzare il giudizio. Un gesto che a mio avviso qualifica il suo operato”.

Agnone non ce l’ha fatta. E questo è un fatto.

Così come non ce l’hanno fatta Alba, Gaeta, Latina, Lucera, Maratea, Rimini, Treviso, Unione dei Comuni Valdichiana Senese (Siena). Ognuna di queste realtà ha manifestato pubblicamente le proprie congratulazioni al capoluogo abruzzese. Questo, però, è un altro fatto.

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