Il dossier

Pozzilli, Venafro, Sesto Campano contaminate da cadmio. “Grano e olive coltivati nelle zone inquinate”

Dopo quattro anni di indagini la Procura di Isernia ha reso noti i risultati e inviato il dossier al ministero: "Oltre 120mila metri quadri di terreno sono inquinati da metalli pesanti e pericolosi per la salute umana come il cadmio. La piana di Venafro va bonificata". Critico il procuratore anche sul sistema di controllo e di autocontrollo degli stabilimenti interessati dalle indagini: Colacem, ex Fonderghisa, ex Rer ed Hera Ambiente

E’ classificato tra i metalli pesanti pericolosi, inquinanti e tossici per la salute umana. Il suo accumulo nell’organismo umano può causare problemi ai reni, disturbi della crescita, danni alle ossa e perfino ridurre la fertilità. Stiamo parlando del cadmio ritrovato in concentrazioni preoccupanti nella piana di Venafro.

Lo ha detto il procuratore di Isernia Carlo Fucci questa mattina, 9 dicembre, durante una conferenza stampa in cui ha illustrato l’esito di una lunga indagine in materia ambientale durata quattro anni.

Indagine che, lo ha detto il numero uno della Procura, “è scaturita da articoli di giornale, denunce e dagli input forniti dal comitato delle madri di Venafro col quale ho assunto un impegno che volevo mantenere nei limiti delle mie competenze e possibilità”.

Conferenza procuratore Fucci  inquinamento Venafro

L’appello affinché ciascuno faccia la sua parte si legge tra le righe delle conclusioni del dossier che il procuratore Fucci ha portato sul tavolo del Ministero qualche settimana fa. Dossier in cui si mette nero su bianco che tra Pozzilli, Venafro e Sesto Campano ci sono oltre 120mila metri quadri di terreno (121.792 mq) “certamente inquinati da cadmio. Ho anche sottolineato – ha detto – che le zone interessate dall’inquinamento da cadmio (e non solo) sono abitate ed in parte destinate alla produzione del grano e delle olive”.

I tre territori molisani che destano preoccupazione sono quelli in cui hanno operato alcuni grossi stabilimenti per i quali la Procura pentra ha aperto procedimenti penali, alcuni archiviati, altri ancora in corso, di cui oggi è a conoscenza l’opinione pubblica, ma anche i vertici istituzionali della Regione Molise, i sindaci e il Ministero dell’Ambiente.

Diversi sono i fascicoli: il primo risale al 2019 e ha acceso i riflettori sulla ex Fonderghisa, una società fallita nel 2005 che fin dagli anni Settanta ha prodotto ghisa nell’area industriale di Pozzilli. Interessando esperti e consulenti è stata circoscritta l’area geografica contaminata proprio lì dove avveniva il processo produttivo della società, ma siccome a un chilometro e mezzo c’era anche un altro stabilimento, la Rer, gli accertamenti si sono svolti anche lì. Le conclusioni hanno evidenziato che non è possibile escludere il nesso di causalità tra la contaminazione del top soil, cioè lo strato più superficiale del terreno, e l’attività lavorativa in essere oltre 10 anni prima negli ex stabilimenti Rer e Fonderghisa. Proprio per questa ragione non è stato possibile risalire alla sorgente della contaminazione da cadmio e questo ha portato a una richiesta di archiviazione al Gip.

Il secondo procedimento è sempre del 2019 e riguarda due stabilimenti: la Colacem di Sesto Campano e la Hera Ambiente di Pozzilli. Per quanto riguarda la cementeria a due passi da Venafro è stata riscontrata una anomala concentrazione di rame e cadmio da ricondursi verosimilmente all’utilizzo di fungicidi e fertilizzanti nei terreni all’interno dei quali sono stati effettuati i prelievi che effettivamente sono adibiti ad oliveto. Discorso diverso per il termovalorizzatore di Pozzilli: anche qui sono stati effettuate analisi sia dei suoli che delle acque che delle emissioni in atmosfera.

Identiche le conclusioni a cui i consulenti sono pervenuti. Per entrambi gli stabilimenti non è possibile accertare la conformità dei valori di emissione agli standard di legge a quelli indicati negli atti autorizzatori in quanto, per come è stato realizzato il sistema informatico, eventuali alterazioni dei dati grezzi non possono essere scientificamente individuate, né è possibile risalire a potenziali autori e cause di malfunzionamento del sistema. In buona sostanza il sistema informatico negli stabilimenti non è sicuro perché non protegge i dati da possibili manomissioni e minacce che ne possano pregiudicare l’autenticità. Anche in questo caso è stata presentata richiesta di archiviazione mentre per i due responsabili degli stabilimenti è stato aperto un nuovo fascicolo.

Un altro procedimento risale invece al 2020 per delle anomali concentrazioni di manganese nelle acque a valle dell’impianto della Hera Ambiente. Secondo i consulenti è una concentrazione di origine naturale da ricondursi alle caratteristiche stratigrafiche e idrogeologiche del sottosuolo.

Risale al 2021 un altro procedimento che ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di alcuni dipendenti dell’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, che avevano dato dei pareri senza nominare consulenti esterni al fine di far conseguire un ingiusto profitto a Colacem e Hera Ambiente. Il procedimento è in corso.

E per finire l’ultimo fascicolo è stato aperto a seguito della presenza di schiuma sospetta nel torrente Rava.

Il procuratore Fucci ha fatto sapere che i risultati delle indagini sono stati già inviati al Ministero dell’Ambiente, al presidente della Regione, al direttore dell’Arpam e ai sindaci di Venafro, Pozzilli e di Sesto Campano. “In particolare – leggiamo ancora nella relazione – al ministro nonché alle altre autorità destinatarie della mia nota è stato sottolineato che dalla relazione che ho trasmesso emerge con certezza che vi sono zone inquinate che vanno bonificate a tutela della salute pubblica, ciò anche previo accertamento dell’effettiva estensione dell’inquinamento pericoloso e dell’attuale incidenza o meno sulla salute pubblica dei livelli, da riverificare, delle varie forme di inquinamento accertate”.

Fucci ha infine invitato le diverse autorità “sanitarie e non ad attivare un protocollo per la raccolta e lo scambio dei dati relativi alla provincia di Isernia e in particolare ai comuni della cosiddetta piana di Venafro utili sia ai fini giudiziari, per accertare danni ambientali e danni collegati alla salute della persona, sia al fine di consentire alle autorità amministrative e sanitarie di intervenire per ridurre fenomeni di inquinamento e dannosi per la salute pubblica”.

La bozza è stata già predisposto, vedremo se le autorità vorranno sottoscriverla.

 

 

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