L'intervista

“Mia moglie non l’ha presa benissimo, ma si abituerà”. Il senatore Della Porta al debutto: “Con Giorgia si cambia, basta assenteismo a Roma”

Costanzo Della Porta, oltre 29mila voti alle Politiche del 25 settembre, racconta i primi giorni da neo-eletto dal suo Municipio: “Resto sindaco ma lascio la vicepresidenza del Cosib”. Avvocato di 47 anni, è il primo cittadino di San Giacomo degli Schiavoni a ricoprire un ruolo così apicale. Giorgia Meloni? “E’ una leader forte e umile, ci ha chiesto un comportamento ineccepibile e ha ragione: questo non è il momento di festeggiare”.

Senatore Della Porta, lunedì è stato a Roma per la riunione di Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni e ha fatto il suo primo ingresso a Palazzo Madama. Cosa si è riportato a casa?

“La cosa che mi ha colpito in assoluto di più è stato l’incipit del discorso di Giorgia. Ha detto che l’Italia, la gente, si aspetta molto da noi e che questo è un periodo molto difficile ma accettiamo la sfida. Ci ha chiesto di lavorare al massimo, di essere presenti in aula e in commissione sempre, e di avere una condotta morale ineccepibile, di essere esempio per gli altri e mantenere sempre l’umiltà perché siamo i rappresentanti del popolo. Parole che, pronunciate da colei che sarà indicata come premier di questo Paese, la dicono lunga sulla sua condotta morale”.

Il periodo è più che difficile, con una crisi energetica senza precedenti, povertà in aumento, una guerra in atto nel cuore dell’Europa. Onestamente, non avete paura di governare in queste condizioni?

“Non è certo il momento migliore per assumere la guida del Paese. La stessa Giorgia avverte su di sé il peso di una enorme responsabilità perché lei fa sempre autocritica e se chiede qualcosa agli altri è perché prima di tutto l’ha chiesto a se stessa. Credo sia questo a renderla insieme umile e grande. Ripeto, il momento è difficile ma l’Italia ha bisogno di un governo politico, che possa prendere decisione anche impopolari e senza veti incrociati”.

Una critica, la sua, al governo Draghi?

“I governi di larghe intese hanno fallito, compreso l’ultimo, perché non essendo legittimati dal popolo incappano nei veti incrociati e nei diktat che talvolta spingono a sacrificare l’interesse primario. Il nostro, mi auguro e credo, sarà un governo pienamente politico, in linea con il risultato delle urne”.

Urne che hanno premiato un solo partito, il suo. Fratelli d’Italia è il gruppo parlamentare più numeroso.

“Un terzo circa dei parlamentari eletti sono di FdI. Tra senatori e deputati, su 600, siamo 184. Il Governo sarà a guida Fratelli d’Italia e il Parlamento riacquisirà il suo ruolo. E Giorgia, pur condividendo con alleati il percorso di Governo, si aspetta da noi il contributo fondamentale. Ci ha obbligato, lo dico con le virgolette necessarie, alla presenza massiccia su Roma, per non far mancare il numero in commissione e in Aula. D’altronde la operatività del Parlamento si vede da questo”.

Parlamentari assenteisti e privilegiati: è finita un’epoca?

“Sì, una stagione chiusa. E il primo segnale è stato il divieto di festeggiare. I festeggiamenti elettorali sono l’ultima cosa di cui ha bisogno l’Italia”.

Lei stesso non ha festeggiato, o lo ha fatto?

“No, malgrado le pressioni di tanti amici. Non voglio sembrare triste, ma ripeto che questo è un momento in cui bottiglie di prosecco e feste sono inappropriate. Certo, tutti speriamo che arrivi presto il momento in cui potremo fare un brindisi insieme, ma non è questo”.

Oggi qual è il problema maggiormente percepito da voi eletti?

“La crisi energetica e soprattutto la guerra, una guerra che potrebbe finire domani o diventare ancora più cruenta. Il pericolo esiste, e dipende da Putin che ha aggredito brutalmente l’Ucraina. Non sto certo creando allarmismo, ma di sicuro nessuno può stare tranquillo se Putin evoca lo spettro nucleare”.

Fratelli d’Italia ha una posizione unica, su questa lettura delle cose?

“Siamo un partito atlantista ed europeista, lo abbiamo dimostrato con il voto in Aula. Mai messo in discussione la necessità di intervenire in aiuto all’Ucraina e al popolo ucraino. Aggiungo solo che l’Italia, con Giorgia Meloni, lavorerà per dare un contributo fattivo al processo di costruzione di un’Europa dei Popoli”.

Cosa significa?

“Che oggi l’Europa è ancora in parte l’Europa dei grandi burocrati. Se l’Europa fosse l’Europa dei popoli avrebbe un esercito unico, una unica difesa e forse avrebbe ragionato meglio sia con Zelensky che con Vladimir  Putin”.

E’ stato emozionante l’ingresso a Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica?

“Si, lo è stato. Fa una certa impressione, e fa una certa impressione anche trovarsi di fronte a un esercito dei giornalisti che mi hanno preso d’assalto sia fuori che dentro. Forse anche perché sono uno di quelli arrivati prima di tutti”.

E come se l’è cavata con la stampa nazionale?

“Spero di essermi districato bene fra tutte quelle domande, microfoni e telecamere”.

Si dovrà abituare.

“Immagino di sì”.

Ha ricevuto il kit del Senatore. Cosa c’era dentro?

“La Costituzione della nostra Repubblica, il regolamento del Senato, un trattato dell’Unione Europea e una valanga di brochure sul funzionamento dell’aula, oltre a moltissimi documenti da studiare, riempire e riconsegnare entro il 20 ottobre, tra cui adempimenti formali e fiscali”.

Lei è in assoluto il primo parlamentare eletto a San Giacomo degli Schiavoni.

“Sono il primo di San Giacomo ad avere un ruolo così apicale, e questo non fa altro che darmi un’altra responsabilità. Non l’ho presa a cuor leggero, vedo tanta euforia attorno a me e mi sa che io sono quello meno euforico di tutti. Ieri a Roma ho metabolizzato forse per la prima volta che stava iniziando un nuovo cammino”.

I suoi concittadini sembrano entusiasti. Può confermare che non lascerà il ruolo di sindaco a San Giacomo degli Schiavoni?

“Non lo lascerò, nel modo più assoluto. Sono sicuro di poter conciliare gli impegni perché qui c’è una buona squadra di amministratori e penso che potrò essere presente in Municipio almeno due giorni a settimana. Lascerò invece l’incarico nel direttivo Cosib (Consorzio Industriale Valle del Biferno, dove Della Porta è vicepresidente, ndr). Non si può fare tutto e quello che si fa si deve fare bene, pertanto entro la fine del mese lascerò il comitato direttivo e resterò solo in assemblea, come sindaco”.

 Lei è sposato ed è papà di due bambine. Come hanno accolto la vittoria elettorale le donne di casa?

“Mia moglie non tanto bene”.

Dice davvero? Niente salti di gioia e lacrime?

“Le lacrime solo quelle di mamma, che si è detta orgogliosa. Per quanto riguarda mia moglie, beh, deve considerare che stiamo insieme da 28 anni e mi ha sempre avuto fra i piedi, senza che questo le pesasse. Ora dovrà abituarsi a fare a meno della mia presenza per metà settimana, come pure le bimbe che sono legatissime a me. Mi rendo conto di aver scombussolato un po’ le loro vite, d’altra parte so che posso fare affidamento sulla loro comprensione per una passione, quella della politica, che mi accompagna da 30 anni”.

Una unione di fatto più lunga del suo matrimonio. Sempre dalla stessa parte, senza mai cambiare una casacca in tre decenni.

“A 17 anni ho varcato per la prima volta la sede del Fronte della Gioventù, e lì sono rimasto. La coerenza è un valore”.

Questa coerenza gliel’ha riconosciuta anche Giorgia Meloni, che ha voluto candidare lei e non altri in Molise?

“Le candidature le ha centellinate e scelte personalmente, con molta cura. Io sono stato indicato da lei per il Molise”.

Quando l’ha saputo cosa ha pensato?

“Ho saputo della candidatura la domenica prima della presentazione delle liste in Corte d’Appello. Venerdì Giorgia Meloni mi aveva mandato un messaggio del tutto inaspettato. Io non avevo chiesto nulla, sono rimasto spiazzato”.

Perché proprio Costanzo Della Porta e non altri?

“Ha cercato, nei candidati, fattori come coerenza, la militanza nel partito e anche il ruolo rivestito. Io non ho mai cambiato casacca, sono nello stesso partito da 30 anni e facendo il sindaco sono stato avvantaggiato”.

Costanzo della porta Giorgia Meloni

 

Essere amministratori oggi è considerato un grande valore. Si sta rovesciando il paradigma per cui il Parlamento deve essere in mano a persone sganciate dalla politica e dai suoi mali atavici?

“Credo che si stia riconquistando il valore dell’esperienza non tanto nell’azione politica quanto nell’azione amministrativa. Per quanto mi riguarda l’ho sempre pensato: se non ti sei mai messo in gioco nella gestione di un Comune, conoscendo e fronteggiando direttamente i problemi delle persone, se non hai mai letto e approvato un bilancio, cercato di capire come conciliare decisioni e burocrazia, non puoi amministrare una Nazione. Poi certo, ci sono le eccezioni, non dico che bisogna essere per forza sindaci”.

A proposito di sindaci, lei è stato sostenuto anche da Francesco Roberti, sindaco di Termoli che è una delle tre città maggiori del Molise, malgrado sia di un altro partito.

“Francesco Roberti ha fatto un ragionamento di territorio e si è preso una bella responsabilità, per la quale lo ringrazio, ringraziando insieme anche Termoli dove sono risultato il primo eletto in assoluto con quasi 4mila voti (oltre il 26%). Roberti ha ritenuto di spingere per me e Michele Marone (Lega, ndr) anche per la nostra attenzione amministrativa verso il territorio”.

La seconda fase di questa affinità elettiva saranno le elezioni Regionali 2023?

“E’ prematuro, quello che posso dire è che a Roma non si può prescindere dalla collaborazione con il Molise e le sue istituzioni, e il mio contributo sarà indirizzato a fare in modo che il centrodestra venga riconfermato. Penso a una Regione che parla la stessa lingua della sua delegazione parlamentare e soprattutto del Governo nazionale”.

Un centrodestra con Toma o senza Toma?

“Questo lo deciderà il Tavolo nazionale, innanzitutto bisogna capire a chi spetterà quella casella. Sono tre le regioni che vanno al voto (Lazio, Lombardia e Molise, ndr) e se il Molise dovesse toccare a Forza Italia sarà il partito a indicare un nome, considerando che Toma è espressione di Forza Italia. In caso spetti a Fratelli d’Italia, il mio partito, darò il mio contributo nella scelta del nome”.

Cesa e Lotito li ha visti e sentiti dopo le elezioni?

“Entrambi. Cesa è stato in Molise e ci siamo incontrati, Lotito l’ho sentito proprio ieri. Mi sembrano tutti e due molto motivati nel portare avanti un programma a favore dei diritti del Molise e dei molisani. Siamo una squadra di 4 persone, compresi me e Elisabetta Lancellotta, con lo stesso obiettivo in difesa del territorio. Il Molise è l’unica regione in cui l’ampliamento è stato fatto dal centrodestra. Noi siamo stati delegati al cambiamento, è una bella responsabilità”.

E se la sente, in questa fase, di poter promettere qualcosa ai molisani? Ed eventualmente cosa?

“Penso che un decreto Molise per quanto riguarda la sanità e quindi il diritto alla cura sia fattibile, perché il Molise è una piccola regione e le dimensioni ci aiutano a mettere a posto determinate cose senza necessitare di risorse enormi. Sicuramente andrebbe aumentato lo stanziamento annuale della sanità, che oggi ammonta a 600 milioni. Se pensiamo che una Asl di Roma con lo stesso numero di abitanti ma con una concentrazione di ospedali e pazienti in 3 chilometri quadrati riceve 3 miliardi, capiamo bene che al Molise, con un territorio di 150 chilometri di distanza e carenze gravissime in infrastrutture, servono più fondi. L’obiettivo è cambiare il decreto Balduzzi, come abbiamo detto in campagna elettorale spessissimo, perché non si fa programmazione sanitaria con l’accetta. Se non si può cambiare si deve fare un decreto Molise, come già fatto per la Calabria. Il mio impegno su questo è garantito”.

Fratelli d’Italia ha preso voti a 360 gradi, da più fasce sociali e da persone di età diverse. Perché?

“Perchè Giorgia Meloni ha fatto opposizione popolare, nel senso di vicinanza alla popolazione e con un messaggio semplice, comprensibile e coerente. Gli italiani vedono in lei una persona che dice quello che fa e fa quello che dice”.

Sarebbe stato diverso con un altro leader?

“Certo. Giorgia è un leader. Già le donne hanno una marcia in più in politica, lei poi è l’emblema. Ha un carattere forte e ama l’Italia, non farebbe mai un provvedimento che va contro gli interessi nazionali. Questo le persone lo percepiscono”.

Conosce da molto tempo Giorgia Meloni?

“Dal 1996. Lei ha una sua linea, ma la condivide sempre col partito, lo riunisce sistematicamente. Ci sono state molte occasioni, nel corso del tempo, per verificare la sua forza e la sua coerenza. E’ sempre stata tosta, col tempo si è addolcita un po’ senza perdere la sua determinazione”.

Lei si fida?

“Ciecamente”.

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