I viaggi all'epoca del covid

Vacanza in Sardegna diventa un ‘calvario’: “Ragazzi senza mascherina sulla nave e per strada. Per fortuna siamo negativi”

Il racconto di Nicla e Luigi, la giovane coppia campobassana che a fine agosto ha trascorso qualche giorno di ferie in Costa Smeralda nel periodo dell'emergenza sanitaria legata al focolaio del Billionaire. "Appena tornati ci siamo chiusi in casa e ci siamo segnalati all'Asrem per sottoporci al tampone che è risultato negativo", dicono. "Noi siamo sempre stati attenti, ma abbiamo avuto un po' di paura: abbiamo notato comportamenti irresponsabili"

“Il tampone è negativo”. Quando Nicla e Luigi hanno appreso la notizia, hanno tirato un sospiro di sollievo. La loro vacanza in Sardegna, decisa ‘su due piedi’ agli inizi di agosto, si sarebbe potuta trasformare in un incubo: la giovane coppia campobassana era sull’isola quando la situazione sanitaria legata al coronavirus è precipitata. E’ scoppiato il focolaio del Billionaire, l’esclusiva discoteca di proprietà di Flavio Briatore dove si sono registrate decine di contagi tra il personale e i clienti.

I due fidanzati, che si sono chiusi in casa una volta rientrati nel capoluogo in attesa che venissero convocati dall’Asrem per il test nasofaringeo, avevano affittato un appartamento in un residence a Porto Rotondo, a pochi chilometri da Porto Cervo, in Costa Smeralda: “Siamo partiti il 20 agosto, era appena scoppiato il focolaio del Billionarie (chiuso il 17 agosto, ndr). Poi, mentre eravamo in vacanza in Sardegna, sono stati chiusi un altro locale di Porto Cervo, il Sottovento, e l’isola di Santo Stefano“. Forse ricorderete quanto accaduto al Santo Stefano Resort: 472 persone – tra ospiti e dipendenti – erano stati bloccati sull’isola che fa parte dell’arcipelago della Maddalena dopo che sono stati accertati 26 contagiati. I turisti sono ripartiti solo dopo che le autorità sanitarie hanno accertato con il tampone la negatività al virus.

Sempre in quei giorni il Governo ha deciso di bloccare la movida decretando la chiusura delle discoteche. “Noi avevamo affittato una casa – spiega Nicla – non eravamo in albergo e i nostri contatti con altre persone sono stati molto limitati. Siamo stati attenti, siamo andati un paio di volte a cena al ristorante all’aperto (una volta per festeggiare il mio compleanno), non abbiamo fatto escursioni, abbiamo preferito restare a casa. Oppure, quando andavamo in spiaggia, stavamo per conto nostro. Tuttavia, abbiamo visto comportamenti irresponsabili: ho visto famiglie senza mascherina, assembramenti (una sera siamo andati a Porto Cervo a fare una passeggiata) o che viaggiavano sulla nave e non indossavano la mascherina. Erano soprattutto ragazzi che sulla nave venivano redarguiti dal personale di bordo”. Ed è stato proprio l’atteggiamento dei più giovani, i più colpiti in questa fase dalle infezioni da coronavirus, ad essere posto sotto accusa. Così come quello delle persone salite sulla nave per far ritorno a casa con i sintomi del covid: febbre e tosse.

E poi in Sardegna la movida, considerata la principale causa della seconda ondata di contagi, non si è fermata del tutto. “E’ vero che erano state chiuse le discoteche, ma erano aperti bar e ristoranti”, racconta ancora la ragazza.

Infine, il viaggio di ritorno il 30 agosto e i timori di contrarre il virus. “Sulla nave abbiamo sempre indossato la mascherina, io l’abbassavo solo per bere un po’ di acqua”. Quindi l’arrivo a Civitavecchia. “Abbiamo preferito evitare il tampone rapido – dichiarano Nicla e Luigi -, quello che fornisce una risposta in mezz’ora, ma non lo abbiamo fatto su consiglio del nostro medico di base perchè il risultato non sarebbe stato attendibile”.

Arrivati a Campobasso i due fidanzati si sono posti in isolamento a casa dopo aver segnalato il rientro in Molise all’Asrem. “Abbiamo inviato due mail – riferiscono – li abbiamo dovuti sollecitare per il tampone. Ma ci avevano detto di aspettare tra i due e i sei giorni, ossia quando si sarebbero potuti manifestare i sintomi del covid. Lo abbiamo fatto lunedì 7 settembre”.

Oggi la giovane coppia tira un sospiro di sollievo, ieri (9 settembre) ha potuto rimettere piede fuori casa. “La prima cosa che ho fatto? Sono corsa a lavare e a igienizzare la mia auto. Poi torno al lavoro”, dice la giovane donna. “All’andata non pensavamo al covid, si può prendere ovunque. Ma al ritorno, in attesa del tampone, il mio fidanzato ha pensato ‘chi ce l’ha fatto fare?’. Il peggio comunque è passato.

“Potrebbero definirci irresponsabili? Innanzitutto, molte persone non si sono comportate come noi, non si sono nemmeno segnalati all’Asrem. Probabilmente – sottolineano i due fidanzati – siamo stati un po’ incoscienti a partire, ma posso assicurare che anche per noi sono stati giorni di ansia: non siamo potuti andare a lavorare“. Nicla non ha potuto nemmeno partecipare al funerale della nonna, che purtroppo è morta proprio nei giorni in cui aspettava assieme al fidanzato di sottoporsi al tampone. Questa è un’altra delle conseguenze del virus, così dannoso per la salute e per gli affetti.

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