Un mese dopo

Asfalto divorato, muri distrutti, canali pieni di erba e fango. Sinarca, il rischio tragedia è immutato fotogallery

Il 16 agosto un nubifragio ha distrutto strade interpoderali e allagato campi, ma da allora non è stato fatto nulla per eliminare i pericoli. “Ormai ogni istituzione risponde che non ci sono soldi”

Una strada interpoderale letteralmente divorata dalla forza dell’acqua, con l’asfalto sbriciolato come fosse un biscotto inzuppato nel latte. Macigni grossi come lavatrici trasportate dalla piena in un canaletto che adesso, a un mese dal nubifragio del 16 agosto, contiene un rivolo d’acqua quasi impercettibile, anche perché nascosto da ferraglia, pezzi di catrame, cemento, persino pannelli di eternit. È una strada poco frequentata, ma potrebbe lo stesso venire giù completamente alla prossima pioggia forte. Perché dopo un mese nessuno ha mosso un dito per evitare pericoli di quel tipo.

Un mese dopo la zona della Fondovalle Sinarca porta ancora addosso i segni di una giornata così piovosa che difficilmente si potrà dimenticare. Cannucce e piccoli arbusti piegati dalla melma che in quelle ore tremende del pomeriggio del 16 agosto avevano raggiunto i settanta centimetri d’altezza.

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Al quadrivio che conduce da un lato verso Montecilfone, lungo la provinciale in fase di rifacimento, da un altro sale a Guglionesi, nel verso opposto arriva fino a Montenero e nella quarta e ultima direzione porta a Termoli, c’è un canale di scolo dove sono visibili dei lavori di sistemazione di una grossa griglia per far defluire l’acqua. Il problema è che a poche decine di metri l’acqua non trova più sbocco, bloccata dal canale ostruito da vegetazione, ceppi, tronchi e rami d’albero.

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La pulizia è attesa da anni e incrementa a dismisura il rischio esondazione. Non è un mistero che il Sinarca sia straripato per questo motivo un mese fa. Eppure, mentre l’autunno è alle porte “non è stato fatto niente. Chiedevamo anche poco, interventi da 15-20 mila euro, ma ci dicono che non ci sono soldi. Dobbiamo farci tutti il segno della croce, non solo noi agricoltori, anche gli automobilisti, perché lo siamo tutti”. Parole di Pietro D’Ambra, agricoltore che vive nelle campagne fra Guglionesi e Montecilfone.

Racconta di quel giorno in cui “non si poteva passare col trattore per quanta acqua c’era”. Indica i segni lasciati dal fango, racconta di chi ha perso il raccolto. “Chi aveva i pomodori li ha dovuti lasciare sul campo, sommersi dal fango”. Poi conduce in contrada Paduli, su una via interpoderale utilizzata soprattutto dai coltivatori diretti come collegamento fra le zone rurali di Guglionesi.

Una strada che sembra essere stata divorata dalla forza della natura. La piena di un torrentello, ingrossato da ore di pioggia intensa, non ha trovato sfogo nel suo alveo naturale, per cui ha sommerso tutto ciò che ha trovato, spezzando di netto il muro di contenimento che separava l’asfalto dallo strapiombo.

In mezzo al canale, fra rifiuti e vegetazione spontanea, emergono resti dell’asfalto e massi enormi che distruggerebbero un Suv se trascinati dall’acqua. Oggi su quella stradina, facendo attenzione a non spaccare la coppa dell’olio e soprattutto evitando di passare troppo radenti allo strapiombo, qualche cittadino continua a transitare, mettendo a rischio la sua stessa vita.

La domanda è sempre la stessa: si aspetta la tragedia per intervenire? Alle prese con il terremoto che ha colpito proprio lo stesso 16 agosto, questo pezzo di Molise sembra essersi dimenticato di che rischi corre. Inerzia, burocrazia, mancanza di risorse suonano come possibili complici di una situazione estremamente pericolosa.

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