Il caso del giorno

L’autonomia del Molise è un fallimento, a Isernia ne sono convinti e vogliono un referendum. E l’inchiesta del Corsera fa rumore

"Dopo un divorzio durato 60 anni il Molise vorrebbe tornare negli Abruzzi": l'incipit dell'articolo del Dataroom di Milena Gabanelli. L'ex presidente della Provincia pentra Lorenzo Coia: "Meglio agganciare il treno del centro nord, l'esperienza dell'autonomia si è rivelata un fallimento"

La riannessione del Molise all’Abruzzo – peraltro proprio all’indomani delle nuove elezioni regionali per quest’ultima regione – è l’argomento del giorno anche per via del Dataroom di Milena Gabanelli che ripercorre tutti i passaggi storici e sottolinea le criticità del Molise da cui emerge l’insostenibilità economica del nostro ente regionale. “Bisogna mantenere un apparato che costa 30.7 milioni di euro, circa 105 euro a testa contro i 60 dell’Abruzzo”, si legge nell’articolo apparso oggi sul Corriere della Sera e di cui stasera si parlerà al TgLa7 nel consueto spazio di approfondimento tra Mentana e Gabanelli.

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Intanto in Molise la questione è tornata alla ribalta negli ultimi giorni – oltre che per la eco mediatica nazionale – anche per l’inizio, sabato e domenica scorsi, a Isernia della raccolta firme per la riannessione del territorio della Provincia – che oggi conta poco meno di 80mila abitanti – all’Abruzzo. Un primo passaggio – come anticipato – in vista della (auspicata) riunificazione tout court delle due regioni che fino al 1963 erano unite e poi – “in maniera anomala, peraltro in deroga a quanto stabiliva la Costituzione” – furono divise.

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“Questa iniziativa sta riscuotendo curiosità e interesse da parte dei cittadini – spiegano da una parte il presidente del Comitato Antonio Libero Bucci e dall’altro uno dei suoi più fervidi sostenitori (“siamo partiti in 5, ora siamo una ventina e stiamo crescendo”), l’ex amministratore Lorenzo Coia -. In due giorni (di maltempo) a Isernia abbiamo raccolto circa 200 firme, ma ci stanno contattando in tantissimi”. L’obiettivo delle 5mila firme, quelle necessarie a chiedere l’indizione di un referendum alla Provincia di Isernia, viene considerato molto più che raggiungibile.

Il ‘peccato originale’ viene considerato quello della richiesta di autonomia dall’Abruzzo quando però il Molise – quinta provincia degli Abruzzi – contava 400mila abitanti su una popolazione nazionale di 47 milioni. “Oggi siamo scesi a meno di 280mila su una popolazione di 60 milioni” sintetizza Coia, ex sindaco di Filignano ed ex presidente della Provincia di Isernia (che pochi giorni fa ha compiuto 54 anni) che da tempo sottolinea la questione dell’insostenibilità dell’apparato Regione. “Io credo che le dimensioni siano fondamentali, non ne faccio una questione di capacità degli amministratori. Io sono stato sindaco di un nano-comune (meno di 1000 anime allora) e presidente di una nano provincia. So bene cosa significa quando non hai la forza e le risorse perché i numeri non te la danno. I soldi che arrivano dallo Stato te li danno in base al numero di abitanti non ad altro. Da quel parametro non si può sfuggire”.

Le questioni sono sotto gli occhi di tutti e Gabanelli nella sua inchiesta – che già sta facendo molto scalpore e il comitato di Isernia per alcuni è già sotto-mirino – le ricorda: c’è la demografia, “è l’unica regione italiana ad avere una popolazione inferiore rispetto al tempo dell’Unità d’Italia”, c’è la economia dei singoli, “il Pil pro-capite raggiunge i 24.500 euro contro i 27 mila dell’Abruzzo e i 32.983 della media nazionale”, e la crisi che morde (nel 2023 le chiusure delle imprese hanno superato le aperture con un saldo negativo di 188 aziende, il peggiore in Italia e in controtendenza con l’andamento nazionale dove 17 regioni su 20 registrano dati positivi). C’è poi la esorbitante tassazione con l’addizionale Irpef più alta d’Italia (per i redditi superiori a 28 mila euro è al 3,33% laddove in Abruzzo è ferma all’1,73%), per non parlare della carenza di servizi (e di personale) a partire da quelli sanitari.

Parla di esiti nefasti seguiti a quella scelta, “voluta dalla Dc per ottenere un seggio in più in Parlamento”, il presidente del comitato, che è ingegnere urbanista, AntonioBucci. “Oltretutto non furono ascoltate le popolazioni”. Le zone interne “sono state devastate” e ricordando la dinamica demografica, che in generale tende a penalizzare le zone montane, evidenzia come la provincia di Isernia sia ormai allo stremo. Non c’è un sistema economico solido alle spalle né la massa critica necessarie per valorizzare – ad esempio facendo del turismo un volàno di crescita – il territorio che sconta, come si sa, anche il problema dell’isolamento per via di una rete viaria deficitaria.

Coia rilancia: “Perdiamo 2mila abitanti l’anno, il tasso di fecondità è tra i più bassi d’Italia. Non c’è modo di invertire la tendenza e personalmente – politicamente anche – sono sempre stato dell’idea della necessità di aggregazioni, ho sostenuto ai tempi ad esempio l’idea della Macreoregione adriatica”. Una scelta, quella della separazione tra Abruzzo e Molise, territori tra loro omogenei, insomma già allora ‘antistorica’ secondo  Coia che crede fortemente nel nesso tra demografia e democrazia. E lo ricorda anche Milena Gabanelli quando scrive Bisognerà poi vedere alla prova dei fatti se la politica locale mollerà l’osso, perché con una popolazione così esigua ogni famiglia ha rapporti diretti con gli amministratori, e il clientelismo è più di un rischio. Nel concreto ogni amministratore controlla 97 votanti effettivi. “Io la chiamo logica del pollaio, o del condominio. Non credo affatto che questi numeri portino alla possibilità concreta di avere i migliori amministratori possibili, anzi”. E qui il discorso cade sulla spinta autoconservativa che sembra essere così preminente sulla classe politica e dirigenziale locale. Ancora meno negli ultimi mesi in cui il primo pensiero sembra essere quello dei festeggiamenti per il sessantennale dell’autonomia regionale.

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“Non vogliono sopprimersi, è per questo che abbiamo scelto questa via della raccolta firme e del referendum a livello di Provincia perché così non si dovrà passare dai Consigli regionali e servirebbe una legge ordinaria e non costituzionale”. Un percorso più snello insomma e che arginerebbe l’ostacolo ‘politico’. “Non ci siamo inventati niente, anche 7 comuni delle Marche lo fecero e passarono all’Emilia-Romagna. E poi in questo modo – e lo stiamo vedendo – stiamo raccogliendo un malcontento dei cittadini che altri non hanno voluto raccogliere. Ci hanno contattato anche giovani che si sono trasferiti altrove o di ‘nativi’ abruzzesi, che però vivono a Isernia, che ci hanno detto ‘Non ce la facciamo più, questa provincia così è insostenibile”.

Un’iniziativa oggi ancor più attuale alla luce del percorso costituzionale innescato dall’approvazione del Ddl Calderoli, leggasi autonomia differenziata che rischia di danneggiare ulteriormente – come in molti pensano – il piccolo territorio molisano “dove non c’è la capacità contributiva e così i servizi non possono essere garantire, non a caso il Molise non ha chiesto nessuna materia”.

Non temete – chiediamo infine – che, se questa iniziativa porta al risultato da voi sperato, si diventi Sud dell’Abruzzo risultando di fatto ancora più marginalizzati? “Non abbiamo paura di essere sud, peggio di così non potrebbe andare. Anzi, sono sicuro che noi saremmo vitali per l’Abruzzo, siamo baricentrici su Roma e Napoli e questo ha un altissimo potenziale, che però non è stato affatto sfruttato a nostro beneficio”, sintetizza Bucci mentre per Coia, che ha lavorato anche all’Anci e al Pnalm (e quella ‘m’ di Molise la fece inserire lui, ndr”), cita l’attrattività e uno studio che pone l’Abruzzo in linea con il centro-Nord e il Molise con dati sotto la media. “Preferisco agganciare il treno del centronord, e non essere il 1° del centrosud”.

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