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Torna TuttiCandidati: Termoli, Campobasso ed Europee. “Il tempo del confronto politico sarà ridotto all’osso, non un bene per la democrazia”

Le prime analisi di Antonello Barone sulle comunali delle due principali città della regione, e anche sulle Europee che potrebbero riservare una sorpresa in Molise se la Lega colasse a picco

Dopo il grande successo di visualizzazioni e di popolarità durante la campagna elettorale delle elezioni regionali dello scorso giugno torna, in collaborazione con Primonumero.it, TUTTI CANDIDATI, le interviste faccia a faccia di Antonello Barone con i protagonisti della scena politica regionale e nazionale.

Il format web è alla sua quarta stagione, dopo le positive esperienze delle elezioni regionali del 2023, appunto, e delle elezioni Politiche del 2022 e del 2018. Proprio nella prima stagione il format ebbe una clamorosa eco nazionale con le dichiarazioni rilasciate durante le interviste rilanciate dalle agenzie stampa nazionali e riprese anche dal Tg2, dal Tg3 e dalla trasmissione di Diego Bianchi, Propaganda Live. Nel 2018 il Molise divenne “l’Ohio d’Italia” e in regione passarono i maggiori leader dei partiti. Da Giorgia Meloni a Matteo Salvini, fino a Silvio Berlusconi, tutti i leader nazionali si sedettero sulla poltrona di Antonello Barone.

Tutti Candidati vuole confermare la propria attitudine a far emergere, attraverso interviste veloci e pungenti, le proposte politiche dei protagonisti. In questa circostanza in corsa per la carica di Sindaco e di consigliere dei Comuni di Termoli e di Campobasso per il voto dell’8 e 9 giugno. Un modo per conoscere pregi e difetti caratteriali, contraddizioni e proposte innovative, offrendo ai cittadini elettori una occasione preziosa di informazione per un voto sempre più consapevole.

 

Antonello Barone, analista, osservatore, comunicatore e mediatore della politica molisana per eccellenza. Che campagna elettorale sarà secondo te questa delle Amministrative ed Europee 2024?

“Apatica. Ad ogni nuova elezione le comunità hanno sempre meno piacere di vivere la politica e appassionarsi alla cosa pubblica. C’è distacco, disaffezione. Che poi si trasforma in una astensione divenuta maggioritaria. Lo scorso giugno alle regionali oltre il 52% degli aventi diritto non si è recato al voto. Un tempo, soprattutto per le elezioni amministrative, la campagna elettorale viveva di fasi più articolate e strutturate. I candidati sindaco erano scelti con maggiore anticipo. I centoventi giorni che precedono il voto del resto sono il momento nel quale le città dovrebbero ragionare sull’ultima esperienza di governo cittadino e progettano il nuovo futuro che le attende. C’è bisogno di tempo affinché questo processo sia svolto in modo compiuto. E invece a sole tre settimane dalla presentazione delle liste il dibattito è tutto concentrato sul toto-candidati. Così si toglie agli elettori una fase fisiologica e indispensabile della democrazia, quella necessaria per confrontarsi sulle idee e analizzare le proposte dei diversi schieramenti. Il tempo del confronto si ridurrà al minimo indispensabile garantito dalla legge, così poche valutazioni si potranno sedimentare nelle coscienze dei cittadini”.

Come giudichi il quadro politico dei due schieramenti nelle due città?

“Partiamo da Campobasso. Il dato delle scorse elezioni regionali ha consolidato in Molise un sistema di potere, sempre più spostato a destra, che ha dimostrato la propria capacità di fare sintesi, nonostante le divergenze politiche e a volte anche personali dei suoi protagonisti. Alla fine accadrà così anche per la casella ancora vuota del candidato sindaco di Campobasso. Una casella nobile perché la città, essendo capoluogo di Regione, ha una valenza nazionale. Credo che chiunque sia il candidato, sarà espressione di una famiglia politica, ovvero di un partito nazionale. Qualcuno si dovrà fare carico della candidatura in modo che altre caselle poi possano essere rivendicate dagli altri alleati.

Sull’altro fronte, dopo una stagione di contrapposizione dura fra PD e M5S nel capoluogo, il malmesso Campo largo è stato composto sotto la guida sapiente dell’onorevole Roberto Ruta, un attimo prima che gli eventi della Puglia potessero contagiare l’intesa e comprometterla. La candida Forte può sfruttare questo tempo di solitudine elettorale senza un avversario designato a destra per farsi conoscere dagli elettori. La comunicazione politica insegna che il consenso è una funzione della conoscenza. E da questo punto di vista la Forte, essendo una espressione della società civile e non una politica di lungo corso, deve lavorare molto per farsi prima conoscere da tutta la città e poi cercare di tramutare la conoscenza in suffragi. Infine la presenza dell’outsider Pino Ruta, candidato con la lista Costruire Democrazia del consigliere regionale Massimo Romano, rende l’esito del voto al primo turno molto incerto”.

E a Termoli?

“Prendendo in prestito un’immagine del ciclismo su pista abbiamo l’assessore Nico Balice in surplace. Pronto allo scatto da troppe settimane, senza che arrivi mai il momento dello sprint. Sarà certamente lui il candidato del centrodestra. Può contare su un sistema di potere locale e regionale che lo supporta: dal presidente Francesco Roberti, al sindaco reggente Vincenzo Ferrazzano, al senatore Della Porta. I dati elettorali delle elezioni del giugno 2023 dicono che Termoli è e resta una città conservatrice. La filiera istituzionale sarà di certo un mantra propagandistico con più di qualche elemento di consistenza politica. La mancata investitura sta impedendo a Balice di dispiegare una azione comunicativa forte e alla luce del sole. Ma forse in questa stagione di disillusione politica non è neanche necessaria. Vista poi l’assenza di una vera alternativa politica. Dall’altra parte le forze di opposizione in consiglio comunale e i movimenti civici nati in città stanno allestendo uno spettacolo imbarazzante nella composizione di una alternativa credibile all’attuale assetto di potere”.

In che senso?

“Il PD locale e regionale da quanto si comprende è stato sconfessato dalla segreteria nazionale. L’invenzione della candidatura “civica” di Joe Mileti sulla quale dovevano convergere i partiti progressisti e le liste civiche sembra naufragare. Non solo la strategia sostenuta da Angelo Sbrocca e Vittorino Facciolla e implementata dal Commissario cittadino del PD Antonio Giuditta non ha sortito al momento l’esito sperato, ma potrebbe condurre ad un paradosso. Un candidato inizialmente scelto da una parte della dirigenza del PD locale e poi abbandonato prima da una parte dello stesso partito, poi dall’alleato locale Costruire Democrazie e poi dall’alleato nazionale M5S e infine, su indicazioni della segreteria nazionale, dallo stesso PD”.

Cosa può accadere?

“Mileti ora comprensibilmente, per orgoglio, non intende ritirarsi dalla competizione. Così al primo turno ci potrebbe essere un avversario capace di togliere qualche consenso utile all’area progressista che si radunerà attorno ai simboli del PD ed eventualmente del M5S. Il centrosinistra potrebbe in questo scenario presentarsi con 3 candidati sindaco: Mileti, un candidato che vada bene al PD nazionale, un candidato delle forze civiche che vogliono restare ideologicamente forze di opposizione. Non esattamente una proposta unitaria e credibile di alternativa al centrodestra schierato compatto dietro Balice”.

A giugno si vota anche per le Europee. Un voto importante?

“Sì, molto importante. Per il continente, perché il vento di destra che soffia da est, ma che riguarda anche l’Italia, la Germania, la Spagna, il Portogallo e la Francia potrebbe portare alla fine dell’alleanza fra PPE e PSE. Uno spostamento a destra dell’UE significherebbe rallentare il percorso di integrazione dell’Europa lasciando maggiore potere agli Stati e depotenziare l’attenzione sui temi ambientali. Allo stesso tempo potrebbe dare più forza alle istanze identitarie e protezionistiche dei diversi governi anche sui temi migratori. A livello nazionale il voto europeo è un sondaggio ufficiale sul gradimento del governo Meloni, capace di ridefinire con maggior chiarezza i pesi e i ruoli all’interno della maggioranza. Soprattutto è un test per i leader: Meloni, Tajani, Salvini. La Lega è il partito che forse si gioca il tutto per tutto. Salvini sa che può perdere la guida del Carroccio se dovesse essere superato in termini percentuali da Forza Italia. Così ha deciso di collocarsi alla destra di Fratelli di Italia con la candidatura del generale Vannacci e fuori dalla dottrina atlantica con una posizione in politica estera che demolisce il progetto di integrazione europea e che guarda a Trump, senza mai criticare apertamente l’autoritarismo illiberale di Putin”.

E per il Molise?

“Visto che il politico più importante del Molise, Aldo Patriciello, è candidato al parlamento Europeo proprio nelle liste della Lega, un eventuale tracollo al Sud del partito di Salvini potrebbe produrre conseguenze anche sugli assetti del potere regionale. Forse questo è l’aspetto per noi molisani più interessante del voto di giugno: la mancata elezione di Patriciello all’europarlamento e la conseguente perdita delle prerogative che il ruolo prevede, sarebbe l’unico fatto politico in grado di produrre davvero in prospettiva un terremoto sullo status quo della politica molisana”.

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