La propaganda del voto utile

Rosatellum, guida pratica per un voto davvero utile e consapevole

Tutti i partiti e tutti i candidati nelle prossime quattro settimane ci bombarderanno di messaggi elettorali. Molte promesse. Quasi tutte economicamente insostenibili. Dunque difficilmente tramutabili in leggi. E poi la richiesta più gettonata che ci rivolgeranno sarà quella di esprimere un “voto utile”. 

Questa sollecitazione giungerà soprattutto dalle due coalizioni più avanti nei sondaggi: quella di destra-centro capeggiata da Giorgia Meloni e la coalizione democratica e progressista guidata da Enrico Letta. Ma cosa intendono Meloni e Letta quando invocano il “voto utile”? E a quale parte dell’elettorato rivolgono questo invito? Per loro il “voto utile” è semplicemente un voto assegnato alla propria parte politica per impedire al principale avversario di “vincere” le elezioni. Ovvero per impedire che l’avversario possa ottenere la maggioranza dei seggi parlamentari. E rivolgono questo invito soprattutto a quegli elettori ideologicamente orientati, come prima istanza, a non votare né per la destra, né per l’area democratica e progressista di centrosinistra.

Cerchiamo però di comprendere questa espressione, così cara ai leader di Fratelli d’Italia e del Partito Democratico, cosa significa veramente. Perché sugli elettori sprovvisti di un’approfondita conoscenza del meccanismo elettorale questa richiesta pressante può essere esercitata come un vero “ricatto morale” del tutto improprio. In particolar modo essa è rivolta nei confronti degli elettori privi di una spiccata vicinanza verso una specifica area politica, ma allo stesso tempo fortemente motivati da un’assoluta avversione verso un’altra specifica offerta ideologica.

Per non subire un’indebita pressione propagandistica come elettori dobbiamo fare nostra una definizione laica di questa espressione. Per “voto utile” possiamo intendere ogni voto in grado di produrre i propri effetti sulla rappresentanza parlamentare. Ovvero un voto che contribuisce con un alto grado di probabilità all’elezione di un candidato della coalizione o del partito che si desidera sostenere. Al contrario un voto inutile, dunque sprecato, è un voto che in nessun modo contribuisce a produrre una qualche forma di rappresentanza parlamentare per il partito o per l’area politica di riferimento che si è sostenuta con il proprio suffragio e comunque non in grado di impedire l’elezione di un rappresentante della coalizione politica che maggiormente si avversa.

Dunque possiamo iniziare dallo sfatare un mito della propaganda politica alla quale i partiti ci vogliono sottoporre. Con la legge elettorale in vigore, il Rosatellum, quasi ogni voto espresso per la quasi totalità dei partiti o delle coalizioni, anche quelli minoritari, è un voto utile. Pochissimi possono essere considerati a priori davvero voti sprecati o inutili.

Vediamo il perché.

Circa i due terzi della rappresentanza parlamentare, 367 sui 600 eletti (245 deputati alla Camera e 122 senatori al Senato), sarà assegnata in base al sistema proporzionale. Ovvero con una ripartizione proporzionale di tutti i voti ottenuti da ciascun partito. Entreranno in Parlamento tutti i partiti che supereranno la soglia di sbarramento del 3% su base nazionale alla Camera e su base regionale al Senato. Se i partiti faranno parte di coalizioni queste dovranno superare la soglia di sbarramento del 10%. Solo le liste che prenderanno dall’1% al 3% non entreranno in parlamento e i loro voti saranno ripartiti in quota proporzionale fra le altre liste della coalizione. Solo i voti assegnati ai partiti che prenderanno meno dell’1% saranno dispersi e non saranno conteggiati in alcun modo.

Sulla scheda elettorale troveremo affianco ai simboli dei partiti i nomi dei candidati ai collegi plurinominali in un listino bloccato predefinito da ogni singolo partito. In ogni circoscrizione si possono eleggere da un minimo di 2 ad un massimo di 4 candidati. In Molise, a causa dello scarso peso demografico, il listino sul proporzionale sarà composto da un solo nominativo per ciascun partito sia alla Camera, sia al Senato.

Con la medesima scheda, insieme al voto proporzionale, il nostro voto avrà effetto anche per la sfida dei collegi maggioritari uninominali, dove ogni coalizione e ogni partito che concorre da solo presentano un solo candidato. In totale si assegnano 221 seggi (147 alla Camera e 74 al Senato). Nei sistemi maggioritari, come sappiamo, a conquistare il seggio è solo il candidato che ottiene un voto più del secondo.

Alla luce dei sondaggi attuali e viste le alleanze, da un lato un destra-centro compatto con quattro liste (FdI, Lega, FI e Noi Moderati, accreditato di un 45%) e dall’altro tre diverse offerte elettorali separate e distinte (il Terzo Polo di Calenda e Renzi accreditato del 6%, la coalizione democratica e progressista con il Pd, +Europa, Verdi-Sinistra Italiana, Impegno Civico di Luigi Di Maio e PSI data intorno al 30% e il M5S di Conte che oscilla intorno al 10%), appare prevedibile che i collegi maggioritari saranno ad appannaggio del destra-centro in una misura che potrebbe superare l’80% dei seggi (dai 170-176 su 221), come segnalato da Lorenzo Pregliasco di Youtrend. Dello stesso avviso è anche il politologo Roberto D’Alimonte che ha espresso tale previsione in un recente convegno svoltosi a Termoli.

A differenza del sistema elettorale misto proporzionale-maggioritario denominato Mattarellum ed utilizzato per le elezioni politiche svolte dal 1994 al 2001, dove l’elettore aveva due schede, una per il voto proporzionale e una per il voto maggioritario, l’attuale legge prevede una sola scheda e un solo voto che produce effetti sia sulla quota proporzionale, sia su quella maggioritaria. Possiamo dunque votare per un solo partito per il sistema proporzionale ed automaticamente il nostro voto sarà assegnato anche al candidato sulla quota maggioritaria. Ma è possibile anche votare solo per il candidato al maggioritario. In questo caso il nostro voto si ripartirà in quota parte a favore dei partiti della coalizione che lo sostengono. Non è possibile, come accade per le elezioni comunali, votare per un candidato al maggioritario (il sindaco) e per una lista che non lo sostiene. Il voto disgiunto è proibito.

Sulla base di queste informazioni appare evidente che ogni elettore che non voglia “sprecare” il proprio voto, ovvero desideri produrre una rappresentanza parlamentare, seppur anche minima, ma il più confacente possibile alle proprie idee, dovrà entrare nella cabina elettorale consapevole che il proprio voto maggiormente rappresentativo è quello riferito alla quota proporzionale e non a quella maggioritaria. Ovvero dovrà scegliere in ordine di prevalenza: il partito singolo o dentro una coalizione che meglio rappresenta le sue idee politiche; il candidato capolista sul listino proporzionale di cui ha maggiore considerazione e stima. Anche se questo voto non dovesse produrre effetti sull’affermazione del candidato sulla quota maggioritaria, esso ne produrrà certamente sulla quota proporzionale e in una misura di quasi i due/terzi. Se al contrario si partisse dalla valutazione del “voto utile” sulla quota maggioritaria si avrebbe l’effetto paradossale di non avere la certezza di contribuire alla sconfitta della parte che si considera la più avversa, a causa della così ampia divisione delle alleanze nel centrosinistra, e in più di ridurre drasticamente il peso della rappresentanza parlamentare dei partiti maggiormente affini alla propria visione politica.

Dunque solo nel caso di un voto dato a partiti non in grado di superare l’1% su base nazionale e non coalizzati, il proprio voto sarà davvero andato completamente sprecato, non producendo effetti né sulla quota proporzionale, né su quella maggioritaria.

Farsi attrarre dalle dalle sirene del “voto utile” sulla quota maggioritaria è dunque cedere ad un inganno propagandistico. Alla luce delle alleanze in campo il “voto utile” in molti collegi risulterà in realtà un voto “donato”, senza un’evidente utilità sulla quota maggioritaria, ad una coalizione e ai partiti che la formano per la loro rappresentanza parlamentare sulla quota proporzionale. Coalizioni e partiti che non rappresentano la prima opzione per l’elettore che facendosi suggestionare dalla pressione del “voto utile” produrrebbe un doppio effetto negativo: non riuscire a sconfiggere il candidato della coalizione maggiormente avversa sul seggio maggioritario e avvantaggiare sul riparto proporzionale la rappresentanza parlamentare di un’altra coalizione rispetto a quella preferita.

Il Rosatellum è un sistema misto proporzionale-maggioritario, con scheda unica e voto unico, la cui rappresentanza parlamentare viene espressa su base prevalentemente proporzionale di circa due/terzi. Dunque ogni elettore se vuole garantire il maggior valore di rappresentanza politica al proprio voto deve valutare e sostenere il candidato sul listino proporzionale e il partito più vicino alle proprie idee, valutando con attenzione le probabilità che esso sia in grado di superare le soglie di sbarramento. Questo è davvero l’unico “voto utile” possibile da poter dare con l’attuale legge elettorale.

Il resto è inutile propaganda.

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