Lezione di sport e di vita

A lezione da coach Velasco: “Ok i concetti ma decisivo è il feedback con l’atleta”

All’Università del Molise la lectio magistralis dell’allenatore argentino che ha vinto tutto alla guida della Nazionale di pallavolo azzurra. “Nello sport c’è sempre più pressione per colpa dell’avvento dei social media e questo incide nelle prestazioni. Ecco perché spesso i favoriti non vincono”. Il ricordo del campione campobassano Pasquale Gravina: “E’ un ragazzo molto intelligente, curioso, lui è un giocatore di grande volontà, intelligenza e ha grandi virtù genetiche”.

Il condottiero della generazione di fenomeni. L’allenatore di una delle squadre più forti di tutti tempi. Julio Velasco, ex coach della Nazionale di pallavolo azzurra, ha sciorinato consigli, aneddoti, teorie pratiche, nel corso della lectio magistralis tenuta all’Università, davanti a una folta platea di studenti in Scienze Motorie. Ecco, primissimo obiettivo: “L’importante con i ragazzi è cercare di parlare di cose che siano veramente utili per loro. A me non piace che prenda il sopravvento il personaggio, fondamentale è il contenuto”.

No al Velasco personaggio, dunque, ma al Velasco che cerca di indirizzare chi vuole fare dello sport la propria vita. Orgoglio, certo, ma soprattutto umiltà, una dote fuori dal comune a livelli così alti: “C’è un fenomeno sempre più forte in tutti gli sport – spiega –. I favoriti, sia squadre che atleti individuali, stanno vincendo poco. Perché? La pressione psicologica, con l’avvento dei social media, è aumentata molto. Questo incide nelle prestazioni. Personalmente, quando allenavo per esempio a Modena dove c’è molta pressione, non compravo i giornali. Non si può stare dietro a quello che pensano tutti”.

Ecco perché “niente è scontato, soprattutto le vittorie. Guardate cosa è successo con Jacobs, non dato favorito ma vincente alle Olimpiadi. La pallavolo è cambiata velocemente come tutto negli ultimi venti anni. Dobbiamo avere una predisposizione al cambiamento, a volte è angoscioso ma inevitabile”.

Platea Unimol Julio Velasco

Velasco ricorda con piacere un campobassano olimpionico che ha scritto pagine di storia indelebili. Si parla naturalmente di Pasquale Gravina, perno della Nazionale negli anni novanta: “Ci sentiamo spesso con Pasquale. Parlavo molto con lui quando lo allenavo, è un ragazzo molto intelligente, curioso, lui è un giocatore di grande volontà, intelligenza e ha grandi virtù genetiche. Non ha mai abbandonato la sua curiosità, questo è un aspetto decisivo”.

Cosa ci vuole per allenare bene un atleta? “In primis, bisogna avere la capacità di capire come arrivare a un giocatore rispetto a un altro. Non c’è un solo un metodo di allenamento, bisogna bilanciare il rapporto tra teoria e pratica, ogni atleta è diverso dall’altro. È decisivo avere un feedback con chi alleniamo, questo è primario. Sento nel mondo dello sport troppe volte la parola scienza. Si sta utilizzando il concetto di scienza come sinonimo di verità, ma non è così. La scienza è uno strumento che ci avvicina alla verità, che credo non raggiungeremo mai. Quale sarà la verità tra cento anni? Chi può dirlo…”.

Il coach argentino ha guidato Gravina e compagni dal 1989 al 1996, vincendo praticamente tutto. Ma gli inizi sono stati duri, come per tutti: “Pensavo di voler diventare un professore di filosofia. Poi ho iniziato ad allenare, dopo aver fatto anche le pulizie. Tutti i lavori mi hanno trasmesso qualcosa di prezioso”.

Il messaggio finale: “Ragazzi, fate quello che vi piace. Poi se ci sono anche tanti soldi ancora meglio. Ma innanzitutto seguite le vostre passioni, studiando, confrontandovi. Se invece facciamo quello che va di moda o che ci impongono, ai primi problemi si molla. Perché non è la vostra passione”.

commenta