I vetäre dinte u pajèse vicchie e fóre i pòrte

“Indole cristiana” e devozione a San Giuseppe alla base dell’arte di costruire gli altari di Vincenzo Cicchino

Il noto “altarista”, figlio della Termoli popolare, celebra quest’anno la sua trentesima realizzazione. Nell’occasione edita anche una pubblicazione per raccontare questa sua particolare esperienza. Una vita sociale dedicata agli altri: volontariato lontano dalle luci della ribalta, insegnante di catechesi cristiana in parrocchia. Ma anche studioso del dialetto e delle sue più autentiche espressioni.

L’impegno che Vincenzo Cicchino, sessantaseienne ex ragioniere contabile di Termoli, porta avanti pressappoco da trent’anni, non è uno dei soliti passatempi a cui ci si dedica abitualmente nel tempo libero dal lavoro o da pensionati. Innanzitutto perché è concentrato in pochi giorni (del mese di marzo) e poi per essere di quelli che richiedono un’attitudine particolare che egli chiama “indole cristiana”.

Ciò, unita a un altrettanto profondo amore per la figura di San Giuseppe, ha fatto di Cicchino un esperto “altarista”, cioè la persona che si dedica all’allestimento degli altari di San Giuseppe, la cui tradizione in alcuni paesi del Molise, Termoli compresa, risale indietro nel tempo.

Va detto, a beneficio di chi non conosce la persona, che quello di innalzare altari devozionali non è l’unica occupazione di Vincenzo. Con essa ne coltiva contemporaneamente altre, in gran parte cristianamente ispirate: da un volontariato silenzioso e concreto, all’opera di catechista per adulti e piccini presso la chiesa di San Timoteo. Nel bel mezzo di questi impegni è riuscito anche a laurearsi in Scienze religiose presso l’Università Lateranense. Meno noto, perché pubblicamente recente, il suo interesse per il dialetto termolese: Ditte e tavitte a Tèrmele de na vóte (Detti e proverbi della Termoli di un tempo), è la sua opera d’ingresso tra gli autori vernacolari.

Cicchino altari san giuseppe
Cicchino altari san giuseppe
Cicchino altari san giuseppe

Alla base della sua devozione a San Giuseppe c’è però anche un altro motivo: i genitori di Vincenzo si chiamavano Pina e Giuseppe (Peppenille) e il 19 marzo, un tempo solennità civile, in casa era festa grande: “In quel giorno, sin dal mattino, arrivavano nella nostra abitazione omaggi floreali da parte di parenti, amici intimi e, soprattutto, compari di battesimo o di cresima” – ricorda con emozione – “e poi il pranzo, sontuoso, alla fine del quale mio padre andava a coricarsi dopo essersi messo in allegria con qualche bicchierino in più, mio fratello si dileguava in un baleno, mentre a me e mamma spettava lavare i piatti e riordinare la casa”.

Date queste premesse non poteva mancare il 18 e 19 marzo di ogni anno la visita della famiglia Cicchino agli altari eretti nel Borgo vecchio da alcune famiglie, la più nota delle quali era quella di Anacleto e Loreta Barone. Ed è proprio vedendo queste rappresentazioni sacre fatte in casa che è scattato in lui sin da piccolo il desiderio di realizzarne una propria, come del resto faceva tanti anni prima sua nonna Guedóre (Aurora) De Cesare.  

cicchino

C’è voluto un po’ di tempo per riuscirci, finalmente nel 1993, all’indomani della morte di suo padre, nella modesta casa, ormai disabitata, di via vescovo Pitirro 7, nel cuore del centro storico, si materializza per la prima volta quell’antico sogno. Vincenzo vi impegna tutto sé stesso senza risparmio. Il risultato, a vedere la foto, appare modesto, ma è il tentativo di un principiante, che anno dopo anno si affinerà fino a diventare un apprezzato e, soprattutto, richiesto costruttore di altari di San Giuseppe. Alcune sue splendide e originali realizzazioni meritano la citazione: anno 2009 (Campomarino, scuola materna Agazzi), 2012, 2018.

“Vedi, allestire un altare non è proprio una passeggiata, occorrono impegno, dispendio di energie fisiche, trovare i materiali e gli addobbi adatti, le giuste collaborazioni per alcuni giorni. Nulla a confronto della gioia che provo dopo averlo fatto e, soprattutto, di quella che riesco a trasmettere agli altri”.

Cicchino altari san giuseppe
Cicchino altari san giuseppe
Cicchino altari san giuseppe

L’appagamento personale davanti alla fiumana di gente che lo visita ogni volta è totale, ancora oggi. Raccontare questa tradizione importata tanto tempo fa da altre località e diventato un appuntamento seguitissimo dal popolo termolese è ormai una consuetudine in questi giorni. Si descrivono con cura l’altare, gli addobbi, soprattutto la tavola, ossia la parte profana della rappresentazione, con le indispensabili 13 pietanze. Ciò che invece non viene messo in risalto abbastanza è come si allestisce un altare.

“La prima cosa che faccio – rivela Vincenzo – è ovviamente impostare il progetto e disegnarlo. Mai identico a quello degli anni precedenti. Poi passo a studiare l’abbinamento dei colori degli addobbi. Dopo tante realizzazioni mi ritrovo ormai un consistente guardaroba a cui posso attingere. La fase successiva è procurarmi i materiali (legno, metallo) per innalzare la struttura, infine provvedere per l’arredo: tendaggi, tappeti, luci, fiori, le provviste per la tavola. Tutto questo, però, si fa meglio e bene con le collaborazioni”.

Il nostro “altarista” è orgoglioso e riconoscente di quelle godute negli anni. Alcune delle quali rispondono ai nomi di Carlo Cappella, Rocco Maffei, Leopoldo D’Urbano. Quest’anno ad aiutarlo c’è la signora Grazia Artese Casolino.

Trattandosi dell’esposizione numero 30, ha approntato una pubblicazione, da distribuire durante le visite, dal titolo in vernacolo I vetäre de San Gesèppe dinte u pajèse vicchie e fóre i pòrte (Gli altari di San Giuseppe nel Borgo vecchio e fuori di esso) contenente fotografie e dettagli delle precedenti realizzazioni, le motivazioni alla base dell’iniziativa e gli apporti ricevuti. Insieme ad essa non mancherà l’abituale santino e la distribuzione gratuita di un pane benedetto, grano, ceci, cicerchia, fave e fagioli lessati.

cicchino

Quello che non tutti sanno è che Vincenzo non solo allestisce ogni anno il suo altare, ma a volte anche quello degli altri. Ormai è una sorta di architetto arredatore sacro, richiesto e sempre disponibile. Quest’anno, il suo impegno si esprimerà solo per il suo, ma negli anni passati la sua “firma” la si poteva individuare negli altari di Lucia Marinaro in via VI Duomo, di Antonella Valentini in via Duomo, di Vittoria D’Angelo Salerno, di Sara Golinelli, delle sorelle Lina e Margherita Mucci, tutti in via San Pietro, dell’Unitalsi e persino in un paio realizzati a Campomarino: presso la scuola materna di Campomarino e l’abitazione della signora Anna Chimisso. Un impegno non lieve, che è d’obbligo assumere per tre anni consecutivi.

Causa Covid gli altari non si sono potuti fare nel 2020 e 2021. Per il 2021 c’è però stato il recupero d’estate. Sorprendente il successo determinato, in verità più dagli ospiti estivi che dai residenti. Migliorata la situazione, quest’anno si potranno visitare e ammirare le varie opere per le quali vi è, non detta, una tacita e sana competizione.

L’invito è a visitarli, avendo cura di rispettare le disposizioni sanitarie protettive nei luoghi chiusi. Per l’altare di via vescovo Pitirro 7 gli orari sono i seguenti: giorno venerdì 18 a partire dalle ore 15 fino alle 24. Il giorno sabato 19 gli orari sono questi: mattino dalle 9 alle 13 e dalle 15,30 alle 24.

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