"c'eravamo tanto armati"

Il matrimonio all’italiana sta finendo. “Aumenta la violenza, ma serve più Stato”

Gian Ettore Gassani, presidente nazionale Associazione Avvocati Matrimonialisti italiani, a Termoli per una relazione sul Diritto di famiglia, spiega la crisi del matrimonio e l’aumento dei casi di violenza soprattutto contro le donne. L’iniziativa è stata promossa dalla Scuola Forense del Molise e dagli ordini degli Avvocati.

Nel 1970 in Italia si sono sposate 500mila persone. L’anno scorso a unirsi in matrimonio sono stati solo 200mila. Un “crollo” che registra una crisi irreversibile, e contemporaneamente allarga i riflettori su un aumento spropositato di violenza sulle donne. L’avvocato Gian Ettore Gassani, Presidente Nazionale e fondatore dell’AMI (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani per la tutela delle Persone, dei Minorenni e della Famiglia), autore fra le altre cose di libri dai titoli emblematici come “I perplessi Sposi” e “C’eravamo tanto armati”, relatore d’eccezione ieri pomeriggio all’Università del Molise nell’ambito del corso di formazione e approfondimento promosso dalla Scuola forense del Molise con gli ordini degli avvocati di Larino, Isernia e Campobasso.

“Il matrimonio: rapporto fra coniugi e principi costituzionali” il tema dell’intervento, che per quasi un’ora ha tenuto incollati alle sedie gli avvocati arrivati numerosi per seguire la prima delle 5 giornate formative sul diritto di famiglia che termineranno il 5 novembre, organizzate dal comitato scientifico con Oreste Campoiano, Micaela Bruno, Maria Domenica D’Alessandro e Rossana Venditti.

Il matrimonio e la crisi che lo riguarda oggetto di una riflessione che il professor Gassani ha dedicato a Primonumero.it a margine dell’incontro. “Aumento delle coppie di fatto, calo dei figli, crisi economica: diversi i fattori che hanno concorso a mandare in crisi il matrimonio all’italiana – ha detto – Tanto che oggi un bambino su 5 nasce al di fuori del matrimonio”.

Nello stesso tempo Gassani ha sottolineato  l’aumento della violenza e la necessità di garantire alle vittime – le prime sono le donne – una presenza più solida dello Stato perché, ha ricordato l’avvocato,  “le donne sono più consapevoli e denunciano di più ma purtroppo nel 64% delle denunce il fatto di portare a galla il problema si traduce in una condanna a morte. Lo Stato dovrebbe essere più presente”.

“Il nostro ruolo – ha aggiunto – è sensibilizzare ma anche di tutelare le vittime. Questo non si fa solo aumentando le pene ma con una rete di protezione globale nella quale la figura del legale è essenziale, a patto che sia una figura preparata, specializzata, e conosca in maniera approfondita le norme e i codici, e l’evoluzione della materia per fronteggiare le arie forme di violenza. Da quella fisica a quella psicologica, quella sessuale e quella economica”.

Più informazioni
commenta