Termoli e guglionesi

Quell’estate del 1979 che Pino Daniele cantò “Je so’ pazzo” alle feste dei giovani comunisti

Ricordi e aneddoti nel giorno del lutto per la scomparsa del cantautore. L’artista napoletano si è esibito allo stadio Cannarsa e a Castellara tra luglio e agosto del 1979: aveva 24 anni, e aveva già inciso brani che sarebbero diventati grandi successi. "Ma non era ancora famoso, e quindi è stato possibile chiamarlo a suonare con i suoi collaboratori" ricordano Michele Giuliano e Lino Bellocchio, il primo dei giovani comunisti di Termoli e il secondo all’epoca segretario del circolo Pci.

La morte ha il potere di rinverdire ricordi e far riaffiorare aneddoti e nostalgie. Succede per tutti, a maggior ragione per i personaggi famosi. Ed è cosi anche per Pino Daniele, stroncato da un infarto a 59 anni. Ne aveva 24 – era poco più di un ragazzino – quando si esibì in BassoMolise. Prima a Termoli, poi a Guglionesi.
Due concerti, nel giro di una manciata di giorni, organizzati dai giovani comunisti in due iniziative diverse. Nel giorno in cui il mondo della musica e non solo piange la perdita di un cantautore che ha segnato profondamente le emozioni degli italiani e ha raccontato, in musica e parole, le contraddizioni e la bellezza di Napoli, gli organizzatori dell’epoca ricostruiscono, con la forza dei ricordi, l’incontro con quel ragazzo che «parlava in napoletano, pure stretto, e non era ancora famoso».

Era l’estate del 1979, e aveva già inciso brani che sarebbero diventati successi indimenticabili come Je so’ pazzo, Napule è,Na tazzulella ’e cafè, Terra mia. «Ma era roba di nicchia» racconta Michele Giuliano, candidato alle ultime primarie del centrosinistra a Termoli, che in quel periodo faceva parte della Federazione Giovani Comunisti con la quale organizzò concerti allo stadio Cannarsa passati alla storia. «Era lo stesso anno in cui a Termoli vennero, chiamati da noi, Francesco De Gregori e Luci Dalla. L’anno prima c’era stato Antonello Venditti, che aveva suonato nell’ambito dell’estate termolese. Ma noi abbiamo fatto una cosa diversa, ci siamo fatti dare lo stadio non senza polemiche e Pino Daniele ha suonato lì alla fine di luglio».

Chi ha buona memoria si ricorda la situazione e il contesto. Il sindaco era Michele De Gregorio, e “lo stadio in mano ai comunisti” aveva fatto abbastanza rumore. Michele Giuliano non trattiene il sorriso ripensandoci adesso. «Era l’epoca in cui la Dc spadroneggiava, erano tempi in cui i colori politici erano netti e le polemiche feroci. Noi ragazzi impegnati con i compagni facevamo tutto, da montare il palco a pulire dopo le esibizioni. Quella fu l’estate di De Gregori, della Pfm e di Pino Daniele che suonò con Tony Esposito, Tullio De Piscopo e James Senese. Non erano pezzi che si sentivano ai juke box, ma a noi piaceva e abbiamo rischiato».

Ed è andata bene, a quanto pare. Il biglietto costava 2mila lire e ne furono staccati 1200. «Meno che per la Pfm e De Gregori e Dalla, ma abbastanza da coprire le spese». Michele Giuliano ricorda perfettamente quando «Pino Daniele arrivò con una Mercedes vecchiotta allo stadio, scese e mi tese la mano presentandosi. Me lo ricordo come un ragazzo semplice, spontaneo. Mi ha colpito la sua napolitanità, se posso dire. Forse anche perché parlava in napoletano molto più che in italiano».

Quello di Lino Bellocchio è un ricordo ancora più colorito. Era il segretario della sezione di Guglionesi del Partito comunista, ed era sempre l’estate del 1979. «Quando si organizzavano le feste dell’Unità – racconta – c’era una specie di tacito accordo con la Federazione di chiamare gruppi concordati. Ma tra le opzioni di Campobasso non ce ne piaceva nessuna, e l’idea di far venire Pino Daniele è nata allora». Fu Cloridano Bellocchio, il fratello di Lino, ex sindaco di Guglionesi che all’epoca era uno studente universitario, a occuparsi di contattare l’artista, che aveva 24 anni e un agente. Dopo molte peripezie fu possibile chiudere l’accordo. «La somma pattuita – dice ancora Lino – era di 700mila lire. E credimi, fino a quando non abbiamo pagato, e io sono andato a prendere i soldi e li ho consegnati all’agente, non hanno iniziato a suonare!». Ragazzi del sud, veraci e simpatici, convinti del detto che “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”.

Il concerto si è svolto a Castellara, mentre le salsicce arrostivano e il vino rosso scorreva. Classica festa dell’unità di una volta, partecipatissima. «Il concerto è andato benissimo – racconta ancora Lino Bellocchio – la piazza era strapiena e alla gente è piaciuto molto, tanto che l’anno dopo abbiamo provato a richiamarlo ma era già diventato famoso e per suonare il budget era arrivato a decine di milioni: noi non potevamo certo permettercelo». Giusto in tempo, dunque, per strappare una esibizione da mettere in archivio, da consegnare alla memoria collettiva insieme con i concerti di Avitabile, dei Banco, dei Litfiba, dei Neon, che hanno segnato quel periodo a Guglionesi.
L’aneddoto più simpatico? «Quando Pino Daniele cantava Je so’ pazzo e sai come dice quella canzone a un certo punto… “non ci scassate o ca…”?». Ecco, proprio a quel punto un guglionesano che stava sotto il palco ha urlato un improperio irripetibile, scagliandosi contro l’artista, «e gli ho dovuto spiegare che non ce l’aveva con noi, che era la canzone!». Risultato: «molte battute e molte risate. E una bella festa dell’Unità, riuscitissima. Abbiamo mandato alla direzione nazionale del partito 500mila lire».

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