Società & Costume

La boxe fra passione e sacrifici: “Così vinciamo i pregiudizi” fotogallery

Viaggio nel mondo nascosto della Boxe Termoli, unica rappresentante in Molise della pratica del pugilato. I ragazzi allenati da Antonio Ciarrocchi raccontano di come ogni settimana sudano e faticano in palestra. "Ci vogliono passione e sacrifici". E nel confessare il perchè della scelta di uno sport tanto duro rivelano come riescono a superare le perplessità di tanti, genitori in primis.

Il sudore gronda dalla fronte senza che l’asciugamano riesca a bloccarlo. Il fiatone aumenta di parola in parola, mentre cercano di trovare le parole giuste per esprimere quello che i volti, stravolti dalla fatica, confessano senza esitazioni. Nelle facce dei giovani pugili della Boxe Termoli si legge un amore per uno sport che in Italia sta rinascendo. Nelle loro parole c’è un termine che ricorre spesso: passione. E’ quella che ti porta a fare fatica in palestra, a dare e prendere botte sul ring, a fregartene di chi ti dice che pratichi uno sport per violenti e tiri dritto per la tua strada fino a quando sono gli altri a doversi ricredere.

C’è un piccolo mondo nascosto a Termoli. Si trova in via Cina, proprio di fronte al commissariato di Polizia. E’ lì che da poche settimane è stata inaugurata la nuova palestra della Boxe Termoli. Lontano anni luce dal ghetto del Bronx in cui è cresciuto Mike Tyson e tremendamente distante dalla palestra dei campioni di Marcianise, in provincia di Caserta, questo piccolo mondo nascosto è fatto di ragazzi che ogni settimana faticano col sorriso stampato in faccia, fieri di appartenere a uno sport, che come dice il supermassimo termolese Alvio Viotti, citando l’olimpionico Roberto Cammarelle «è sacrificio, pena e dolore».

Alvio e gli altri ragazzi si allenano sotto lo sguardo attento del presidente dell’associazione Boxe Termoli Enrico Ambrogi e del segretario Vittorio D’Ercole. A dare istruzioni ci pensa Antonio Ciarrocchi, allenatore riconosciuto a tutti gli effetti dalla Federazione. «Qui vengono ragazzi di tutti i tipi e noi non buttiamo fuori nessuno. Spesso dobbiamo recuperarli ma io non ho pregiudizi». Ma cosa cerca un ragazzo che mette per la prima volta piede in una palestra con ring e sacchi da boxe? « Di solito i ragazzi vogliono crescere. Mi dicono: “Mi voglio saper difendere, non voglio subire”. Io la vedo più dal lato fisico-strutturale. Il lavoro che svolgiamo qui è soprattutto ginnastica a corpo libero».

I tempi sono cambiati, da quando Antonio combatteva sul ring ed era una promessa del pugilato italiano. «Facevo sempre a botte in mezzo alla strada – racconta scherzando ma non troppo – Sono nato al Paese Vecchio, che è stata la mia scuola di vita. Io lo chiamo il Bronx, in senso buono. Prima era dura per tutti, era un posto selettivo, ti dovevi far rispettare. Quando eri ragazzino se non facevi a botte almeno una volta, non tornavi a casa. La boxe mi ha calmato. Almeno qui – dice indicando il rettangolo delimitato dalle corde – ti misuri, ci sono delle regole». Fermato prima del passaggio ai professionisti dalla frattura di una mano, Antonio smise di boxare nei primi anni ’80, proprio mentre il pugilato italiano conosceva un periodo d’oro alle Olimpiadi. Un po’ come adesso. «Con le vittorie ai Giochi e ai Mondiali c’è stato risalto, ma ci vuole molta passione per portare avanti questa disciplina. Gli abbandoni ci sono, ma poi i ragazzi tornano da soli. E’ come un fuocherello che ti si riaccende dentro e diventa un vulcano».

Lallievo con più anzianità sul ring è Alvio Viotti, 23 anni. E’ un supermassimo, oltre i 91 chilogrammi. «Ho iniziato a 15 anni – racconta – Avevo tanta voglia di fare sport. Ho provato tante discipline ma cercavo qualcosa che mi appassionasse veramente. Questa è la disciplina dove serve più passione. E poi ti scarica e ti gratifica molto. Una spinta in più me l’ha data il fatto che anche mio nonno era pugile. Quando sono arrivato in palestra ero più largo che alto e all’inizio è stata davvero dura». Nonostante questo, Alvio combatte ormai da diversi anni e nel 2008 ha conquistato un secondo posto al “Guanto d’oro”. «Se sono arrivato a certi traguardi lo devo alla mia famiglia e al mio maestro che è come un secondo padre». Sulla rinnovata popolarità dei guantoni Alvio confessa che «la Notte bianca dello Sport ci ha fatto tanta pubblicità. E poi sono stati fondamentali gli olimpionici, Cammarelle e ancor di più Russo, che è più personaggio».

In allenamento gli fa da sparring partner Luca Pietropaolo, 21 anni. Sarebbe uno scontro impari, dato che Luca combatte nella categoria superwelter, 69 chili. Per fortuna, jab e uppercut sono appena accennati. «Quando sei per strada e vuoi toglierti dai guai – confida Luca – fai una scelta e provi a misurarti. Questa è una disciplina fatta di sacrificio. Ti fa stare bene, è uno sport completo. Trovi sfogo, tranquillità, benessere fisico». L’amore di Luca per il pugilato ha trovato per molto tempo un ostacolo: il padre. «E’ un ex pugile. E’ stato lui a portarmi in palestra ed è lui stesso che vorrebbe portarmi via. Essendo un genitore, vorrebbe evitarmi di prendere pugni. Ma abbiamo trovato un compromesso. Viene a vedermi solo quando combatto».

Ma c’è anche chi, pur non avendo ancora compiuto 18 anni, si fa onore sul ring. Come Luca Primiano, 17enne peso medio. «Mi sono sempre piaciuti gli sport di contatto. Fino a tre anni fa, praticavo il calcio, ma non mi sentivo realizzato. Così ho provato la boxe». Anche per lui, la scelta ha significato andare contro il volere del padre. «Era dirigente di una società di calcio e voleva trasmettermi quella passione. Non era convinto che io facessi pugilato». Come tanti infatti, pensava a uno sport tutto violenza. «Quando mi ha visto combattere ha cambiato idea. Anche mia madre ha notato che da quando faccio boxe ho cambiato testa. E poi, almeno d’inverno, sto in palestra invece che in giro». Vinte le resistenze dei genitori, ora Luca prova a trascinare in palestra gli amici. «Ho fatto iscrivere tante persone». E un ultimo punto a favore del pugilato lo fa segnare Andrea Galante, 17 anni, peso leggero. «Sapere che fai boxe – dichiara sorridendo – attira anche le donne».

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