Società & Costume

Parla Monsignor De Luca: “…Prima di tutto i giovani”

Intervista con il nuovo vescovo di Termoli-Larino, che prende possesso della diocesi bassomolisana sabato 1° luglio. Gianfranco De Luca, 57 anni, racconta la separazione dalla sua terra, le aspettative future, il rapporto con i movimenti religiosi e l’amicizia col suo predecessore, l’arcivescovo Tommaso Valentinetti.

Grazie, Monsignore, per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Come redazione le diamo anche noi il benvenuto e le auguriamo ogni bene per la sua missione nella nostra terra.
 
Il 1° di Luglio, dunque, prenderà possesso della Diocesi. Qual è il suo stato d’animo in queste ore di vigilia?
Intanto mi sono preparato al 23 giugno, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, giorno della mia ordinazione episcopale. L’ho fatto con un corso di esercizi spirituali in un clima di raccoglimento e di silenzio. Sono giorni importanti in cui “vita e morte si scontrano a duello”, il Signore della vita, Gesù, il Crocifisso-Risorto, trionfa, effondendo nel mio cuore la “sua Pace”
 
Quanto è grande la lacerazione per il distacco dai suoi parrocchiani?
Proprio a questo mi riferisco parlando di morte e vita a duello. Ventuno anni sono una vita, oggi dico: la parte più importante di essa. Sono anche il patrimonio, la terra, la casa, le relazioni… in un certo senso tutto quello che si è, adesso. Mons. Gabriele Orsini, amministratore diocesano, nel giorno della pubblicazione della mia nomina a Vescovo, rivolgendomi il suo saluto ha detto: “Esci dalla tua terra e và”. Con queste parole ha detto tutto, lo strappo da vivere, la morte da accogliere, le domande sul dove e sul come, ma anche Colui che mi chiama: il Padre del Crocifisso-Risorto che ha dato la vita per me.
 
Prima della nomina papale conosceva già Termoli? C’è mai stato?
Per sentito dire. Solo una volta vi ero venuto, per una riunione in preparazione al convegno pastorale regionale. Per impegni, non riuscii a fermarmi neanche a pranzo.
 
Si è già documentato sulla sua storia?
Sto leggendo qualcosa, vorrò sicuramente farlo in modo più approfondito. Intanto la sua storia mi risulta raccontata e incontrata in tante persone: sacerdoti, consacrate, laici, autorità che mi hanno raggiunto con una telefonata, con una visita, una lettera, un telegramma. Ed è una storia di amore e rispetto per la Chiesa, di accoglienza e di collaborazione offerta, di desiderio di comunione e di santità.
 
Lei è il secondo vescovo di Termoli di origine abruzzese, il terzo nel Molise, ciò è una casualità, oppure la Chiesa ha scelto di orientarsi in questo modo per ragioni interne, a noi sconosciute?
Ritengo che questa mia nomina sia un ulteriore segno dell’attenzione del Santo Padre alle chiese locali, nel nostro caso quella Abruzzese-Molisana, e il riconoscimento di una crescita e di una maturità della nostra regione ecclesiastica.
 
L’eredità del suo predecessore, come lei stesso ha scritto nel messaggio alla Diocesi, è assai impegnativa. Ma lo è anche il suo proposito di portarla a compimento. Vuol dire, questo, che c’è sintonia con Monsignor Valentinetti?
C’è una sintonia oggettiva, fondata sull’ordinazione episcopale che ci costituisce immagine dell’unica Paternità di Dio, ci fa inviati dell’Unico Pastore, Gesù Cristo, viene vissuta nella comunione del Collegio Episcopale nella piena unità con il Papa, successore di Pietro. C’è una sintonia affettiva, maturata negli anni di seminario, accresciuta e impreziosita dalla stima reciproca negli anni del ministero sacerdotale e che, sicuramente, è chiamata a crescere per l’appartenenza all’unica Conferenza episcopale della nostra regione ecclesiastica.
 
Ha avuto modo di confrontarsi personalmente con lui?
Certamente e con buon profitto. Confronto che continuerà, per la possibilità concreta che ci offre l’appartenere della Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana di cui Mons. Valentinetti è vice-presidente e io, dal 7 giugno, sono segretario.
 
La «rinnovata fedeltà al Vangelo» promossa, appunto, da Valentinetti, qui è stata da tutti intesa come riaffermazione dell’autonomia della Chiesa rispetto alla politica. Sarà così anche con lei?
C’è un solo Vangelo; non c’è alternativa, o gli si è fedeli o no. Quando il Vescovo viene ordinato, durante la preghiera consacratoria, sulla sua testa viene tenuto aperto il testo del vangelo. Mi sembra che questo segno parli chiaro. Il vangelo affida alla chiesa la testimonianza e il servizio alla Verità che è la Luce di Dio che illumina e dà il senso a tutto. Nella fedeltà al vangelo vissuto e trasmesso attraverso l’insegnamento del magistero, si trovano la luce e i criteri di discernimento per aiutare il commino verso il Bene comune e la per la promozione dei germi del Regno di Dio che sono nella nostra società.
 
Oltre che una “politica interna” autonoma, per la prima volta, la Chiesa termolese ha avuto anche una “politica estera” fortemente caratterizzata sul terreno della pace e della solidarietà tra i popoli. Resterà aperta anche con lei questa finestra sui problemi del mondo?
Necessariamente. E’ il servizio della carità. Attraverso il quale la Chiesa continua e rende esperibile l’Opera di Gesù che ha dato la vita, per te, come per ogni uomo.  E  mette la chiesa sulle strade del mondo, mendicante con e come Cristo, per poter condividere le gioie e i dolori, le attese e le speranze dell’uomo e rendere partecipe l’uomo della pienezza della vita che è Dio stesso.
 
In un’intervista il nuovo sindaco di Termoli ha detto che l’accoglierà con sincero rispetto e amicizia. Da parte sua, lei ha dichiarato la «disponibilità a collaborare per il bene comune» con le autorità civili. In quali campi pensa che possa realizzarsi una proficua collaborazione?
Approfitto per salutarlo e fargli i migliori auguri per il compito da poco assunto. Lo ringrazio a nome di tutta la nostra Chiesa particolare, perché quanto viene detto a me è rivolto a Lei. Penso che già ci siano spazi aperti di collaborazione. Questi vanno ampliati e solidificati. Per quanto mi riguarda non penso di dire niente di originale se indico nell’attenzione ai giovani e alle loro famiglie un campo dove la nostra collaborazione può fare cose grandi e creare strutture e reti di relazione che aiutino a rispondere alla sfida educativa che ci lancia il mondo di oggi.
 
Lei, appunto, ha dedicato molto impegno a favore dei giovani. Qui, oltre alla disoccupazione, c’è molto precariato e il disagio giovanile è notevole. Se la sente di assumere impegni precisi al riguardo?
Non per sottrarmi, ma come già ho detto, i giovani, – non nel senso della problematicità che pur rappresentano, ma  come speranza e risorsa- sono una priorità per la Chiesa e perciò anche per la nostra chiesa. Tutti stiamo imparando a far crescere in noi la passione e la fiducia nei loro confronti che furono di Giovanni Paolo II e, adesso, sono di Benedetto XVI. Perciò non faccio pronunciamenti di impegni specifici perché desidero che sia tutta la Chiesa di Termoli-Larino a mettersi con decisione su quelle linee che si è data e ha espresso nel documento finale del cammino sinodale nelle proposizioni riguardanti il mondo giovanile.
 
Che rapporti ha con i movimenti laico-religiosi come l’Azione cattolica, Pax Christi, Comunione e Liberazione, Gioventù francescana, ecc.?
Sono un patrimonio della Chiesa e come tale va custodito con premura materna e continuamente ricondotto alla ispirazione iniziale (carisma) che è all’origine di ciascuna di queste realtà. Nei riguardi delle nuove forme di vita e aggregazione ecclesiale fiorite con il Concilio Vaticano II, va detto che sono il dono dello Spirito alla chiesa di oggi, vanno accolte con grandissimo rispetto e gratitudine profonda nei confronti dello Spirito che le ha suscitate e le anima, e accompagnate e aiutate a innervarsi nelle giunture dell’Unico Corpo di Cristo di cui lo Spirito Santo è Anima e per l’edificazione del quale lo stesso Spirito le ha suscitate.
 
Di lei si dice che è uomo d’intensa comunione, sia con i presbiteri che con il laicato cattolico, e non solo. Ciò vuol dire che la gerarchia per lei non ha più il valore di una volta?
Forse l’immagine di gerarchia va precisata meglio. Essa va colta nel pensiero di Gesù, nella vita dei santi pastori in questi duemila anni di storia della chiesa, nella definizione che ne hanno fatto i documenti del magistero e nella codificazione del diritto canonico. La stessa etimologia della parola dice riferimento al Principio che è Dio, il Quale in Gesù Cristo si è rivelato: Amore che dà se stesso, rendendo chi lo accoglie simile a sé. Lo stesso Gesù, a scanso di equivoci, ci ha lasciato l’icona della gerarchia in quella lavanda dei piedi e in quel grembiule indossato. Questo è il valore di una volta: che forse, a volte risulta travisato da incrostazioni umane che  sfigurano la bellezza e la grandezza del servizio dell’ “unità ordinata” che i vescovi, successori degli apostoli, costituiti in sacra gerarchia, sono chiamati a svolgere.
 
Quanto una Chiesa che viva in comunione non solo con sé stessa, ma anche con l’esterno, può favorire la concordia e la coesione sociale?
La Chiesa è il mistero, divino-umano, che rende presente ed esperibile Gesù Risorto nell’oggi dell’uomo. Gesù, dopo la sua risurrezione, apparendo agli apostoli, dona la Pace, e li fa ministri di riconciliazione affidando loro il suo stesso compito. Esso, come dice l’Apostolo, è quello di abbattere il muro della divisione, di fare dei due popoli un solo popolo, e di immettere in una realtà dove non c’è più né giudeo, né greco, né uomo, né donna. Non ti sembra importante e un dono grande per l’intera umanità e la sua crescita, che la chiesa sia se stessa?
                                                                                        
Una domanda che c’interessa particolarmente: come si rapporterà con gli organi di stampa?
La risposta me la suggerisci tu stesso. A che serve un organo, se non a far vivere? Gli organi di stampa sono vitali nella nostra società perché sono per la comunicazione e costruiscono comunione. In quanto chiamato ad essere servo e promotore della comunione, avverto una grande responsabilità nei tuoi confronti e nei confronti di tutti gli operatori nei mass-media. C’è una affinità profonda tra noi, dobbiamo imparare a riconoscerla, accoglierla e farla crescere per il bene comune.
 
Intende aggiungere qualcosa a chiusura dell’intervista?
Sì. Lo dico a te in diretta e a chi legge questa intervista – anche grazie a te che me l’hai chiesta – : “Dio ti ama immensamente”. La vita è un’occasione unica e irrepetibile per incontrare e diventare l’Amore che è Dio. Buttati in questa Divina Avventura. Saremo compagni di viaggio. Penso che ti risulti chiara la meta, ma a scanso di equivoci te la ridico: Dio stesso, Comunione d’Amore trinitario.

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