Società & Costume

Il tuo barista può aiutarti a smettere di fumare

Sigarette al bando in tutti i locali di Termoli: nessun gestore ha predisposto spazi per fumatori. Se baristi e ristoratori sono preoccupati per il ruolo di "sceriffi", i "forzati del fumo" hanno invece accolto di buon grado il divieto. Sperando che così riusciranno almeno a ridurre...

Il tempo del fumo libero è scaduto. Oggi (10 gennaio 2005) comincia ufficialmente l’era “no-smoking”: a mezzanotte – è arcinoto – è entrata in vigore la normativa antifumo (la legge n. 3 del 16 gennaio 2003 del Ministro Sirchia) a tutela della salute dei non fumatori. Si tratta – è noto anche questo – di una legge severa, che interessa tutti i locali chiusi: ristoranti, bar, pub, vinerie, osterie, trattorie, discoteche, disco-pub, sale bingo, circoli privati, aziende, uffici, sale d’attesa, treni, aerei… praticamente si potrà fumare solo all’aperto o nel segreto della propria abitazione.
 
In realtà si potrebbe fumare anche nei locali attrezzati con idonei impianti di riciclo dell’aria, cioè nelle salette riservate ai fumatori, in quelle zone appositamente provviste di impianto di ventilazione e ricambio dell’aria (a norma) e isolate rispetto al resto dello spazio. In pratica in quelli che sono stati definiti “ghetti”. Che però a Termoli, cittadina ostile da sempre ai razzismi, non esistono. Nessuno infatti, tra i circa cento gestori di locali, si è attrezzato. L’informazione viene dall’Ufficio al Commercio del Municipio: “Finora non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione di locali attrezzati per fumatori” spiega l’impiegata. La conferma arriva dagli stessi ristoratori e baristi della cittadina, che interpellati sull’argomento rilasciano una dichiarazione pressoché unanime:  niente sigarette. Stop al fumo. Qua dentro è vietato fumare. Punto.
 
Il motivo è uguale per tutti: troppo costoso. I lavori per dividere gli spazi del locale e ricavare l’area del fumo libero significano investimenti consistenti, e il periodo – a detta dei gestori – non di quelli più favorevoli a iniziative del genere.
“Io il preventivo l’ho fatto – dichiara il proprietario di un bar di media grandezza, a Termoli  – ed è venuta fuori una cifra che si aggira sui venticinquemila euro. Scherziamo? Dove li prendo i soldi?”
Domanda più che legittima, e con una risposta retorica, supportata da una certa tranquillità che deriva dalla consapevolezza che sul territorio gli irriducibili del tabacco sono spacciati. Perché – a meno che decidano di barricarsi in casa oppure di fare su è giù per Corso nazionale senza mettere piede in un bar – non possono fuggire in massa dal bar o dal ristorante di fiducia.  “No – ammette un ristoratore – non ho paura di perdere clienti. Tanto in giro nessun locale è attrezzato per fumatori. Se non vengono qui, dove vanno? Mi sembra improbabile che possano rinunciare definitivamente a qualche cena fuori casa”
 
Risultato: divieto assoluto e senza limitazioni. Termoli diventa off-limits alle sigarette, con una percentuale di spazi attrezzati pari allo zero spaccato, che a dire la verità poco si discosta dalla media nazionale dei pubblici esercizi provvisti di ambiente riservato ai fumatori, che non arriva nemmeno al 5%.
 
Gli esercenti hanno tappezzato porte e pareti di manifesti che recitano – a caratteri cubitali – “vietato fumare”. Hanno tolto di mezzo tutti i portacenere e fatto sparire fiammiferi e accendini, sperando vivamente che il detto “occhio non vede, cuore non duole” valga anche per i più incalliti tabagisti di Termoli. E si sono fatti il segno della croce, sperando di non dover mettere in pratica quanto previsto dal famigerato articolo 4 della circolare ministeriale del 17 dicembre 2004, che nomina “sceriffi” tutti i gestori, i quali, nel caso di trasgressione del divieto da parte del cliente sono tenuti a denunciare la violazione all’autorità di polizia.
 “La maggiore preoccupazione riguarda la possibilità che qualcuno, incurante del divieto, si accenda una sigaretta al tavolo. Che faccio? Per legge dovrei chiamare le forze dell’ordine, altrimenti rischio multe salate (fino a 2200 euro, ndr) e addirittura il ritiro della licenza. Ma l’idea di fare lo sceriffo non mi piace, così spero vivamente che a nessuno salti in mente di violare il divieto…”
A parlare è un barista termolese. Il gestore di uno di quei locali (la maggior parte) dove fino a ieri si poteva fumare e dove da oggi si cambia radicalmente registro. Addio caffè e sigarette: l’accoppiata più amata dagli italiani diventa un lusso relegato alle mura domestiche.
 
“Mi auguro che i clienti non si facciano illusioni, confidando che noi baristi chiuderemo un occhio” spiega il proprietario del “Kontichi bar”, in centro. Che sottolinea: “Non abbiamo alternative, e non far rispettare il divieto significa incorrere in eventuali denunce da parte di clienti non fumatori intenzionati a far valere il loro diritto alla salute”. Tutto vero: oltre alla legge, in aiuto dei cittadini ostaggio del fumo passivo arriva anche lo «sportello anti-fumo» promosso dal Codacons. Chiunque potrà denunciare i ristoranti e i locali che non rispetteranno le nuove norme, e il Codacons, attraverso un pool di legali, farà elevare le multe ai responsabili. Lo sportello è attivo da oggi all’indirizzo mail codacons.info@tiscali.it e al numero telefonico 06-37513978. Funziona dal lunedì al venerdì dalle ore 14 alle 17.
 
“Sono una fumatrice anch’io, ma non vuol dire proprio niente. Niente più sigarette qua dentro, punto e basta” dice la proprietaria di Buby Snack, tavola calda e panineria “storica” al centro di Termoli, che ha anticipato di qualche settimana il divieto di fumo, “per sondare il terreno e far abituare i clienti”.
“L’altro giorno – racconta – sono arrivati due ragazzi. Si sono seduti e hanno ordinato. Mentre aspettavano i piatti si sono accesi una sigaretta. Li ho informati che non si poteva fumare, e a quel punto si sono alzati e sono usciti, dicendo che andavano a mangiare da un’altra parte. Sono stati maleducati, ma io li capisco. Mi aspetto però che dal 10 gennaio, con l’entrata in vigore della legge Sirchia, i clienti capiscano anche noi gestori, e che non ci mettano in condizione di fare gli ispettori. E’ un ruolo che non piace a nessuno, soprattutto a chi ha un’attività commerciale e deve mettere in campo cortesia e disponibilità”.
 
Baristi e ristoratori, trasformati di colpo negli “sceriffi” della lotta al fumo, poco gradiscono la stella che la legge gli ha cucito addosso a loro insaputa. Quasi tutti, in città, criticano la normativa definendola “inaccettabile”, almeno nella parte riferita alle loro responsabilità e ai loro obblighi.  “Non che la legge sia cattiva – sostiene il proprietario di un pub – perché va a tutelare un sacrosanto diritto, che è quello al benessere e a non ammalarsi respirando il fumo di qualcun altro. Ma quello che non mi va giù è l’idea di denunciare i clienti che si accendono una sigaretta. Sono seriamente preoccupato da questa eventualità, e proprio non mi ci vedo a fare la spia”.
 
Ma a fugare i problemi di coscienza – sorpresa! – ci hanno pensato loro. I fumatori. Non quelli incalliti, certo. Non quei pochi irriducibili disperati, che si preparano ad affrontare soste gelide fuori dal bar, e lotte estenuanti contro il vento sferzante nel disperato tentativo di accendersi una sigaretta agli angoli delle strade.
A loro forse no, ma al fumatore tipo invece questa rivoluzione non dispiace. “Magari è la volta buona che riesco a smettere, o ameno a ridurre” ammette una giovane termolese, che come la maggior parte dei “forzati del fumo” confida che la legge Sirchia, (con tutte le sue restrizioni e l’implicita riconversione delle birrerie in comunità di recupero per nicotina-dipendenti), possa darle una mano a liberarsi di un vizio oggettivamente dannoso. Paradossalmente, i “forzati del fumo”, quelli che si accendono una sigaretta dopo l’altra ripetendo fino al ridicolo quanto sarebbe bello riuscire a smettere, che se ne risparmierebbe in salute e denaro, che finalmente non siamo più schiavi di questo schifo eccetera eccetera, sono felici che nei ristoranti e nei bar la sigaretta sia come il diavolo in chiesa. Per loro il barista non è uno sceriffo, ma un terapeuta. Cioè la persona adatta a dare una ripulita ai loro polmoni. Altro che medico e farmacista! Semmai sono “il tuo barista e il tuo ristoratore” che possono aiutarti a smettere di fumare.
 
Qualcuno si chiederà – ed è legittimo – dove dov’è finita la tanto sbandierata libertà di scegliere, figlia della cultura democratica e della coscienza salutistica dei nostri tempi.
Libertà? Ma scusate, quando siete a dieta riempite per caso il frigo di ogni bendiddio per potervi sentire liberi di non mangiare?

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