Società & Costume

Guglionesani nell’aldilà: 3 giorni di spettacolo in dialetto, tutto esaurito per la commedia-evento

Va in scena questa sera 27 gennaio, con repliche domani e domenica, "Ciccantonio da Lupara", l’ultima fatica della compagnia i Di(a)lettanti, ormai gettonatissima in paese, con all’attivo già tre spettacoli di successo. Anche in questo caso la storia proposta al Fulvio è tratta da un racconto di Domenico Aceto, rivisto per l’occasione, con numerosi personaggi che si ritrovano, dopo la morte, tra il paradiso di San Pietro e l’inferno di Belzebù. Il successo è garantito dalla straordinaria partecipazione del pubblico: esauriti i posti per tutte e tre le serate, tanto che alle 220 poltrone della sala sono state aggiunte sedie di fortuna per dare l’opportunità agli spettatori di assistere all’evento.

La storia di un “cafone” che ha sgobbato per tutta la vita in una masseria di Serramane, a Guglionesi, e si aspetta la giusta ricompensa per una esistenza di stenti, fame e miseria. Ma quando Ciccantonio da Lupara muore, e finalmente la sua anima si sgancia dalla terra avara e da un padrone crudele fino all’incredibile e “vola” verso mondi diversi, comincia una sorpresa dopo l’altra. Con lui, nel viaggio “post mortem” tra Paradiso e Inferno, tra San Pietro e Belzebù, ci sono altri personaggi, che hanno fatto parte della storia del paese e sono strettamente legati alla iconografia locale. L’Onorevole, Maria, Trsin, don Clemente, Giovanni, Lucetta, l’americana rientrata in Patria, Trjaunf, l’addetta a svuotare i secchi neri e le fognature negli anni Cinquanta, che molti guglionesani ricordano ancora benissimo.

Un pellegrinaggio di gruppo tra nuvole e musica celestiale da un lato, fiamme e grida di dolore dall’altro. Una storia che è anche una parabola e che unisce al riso della rappresentazione in vernacolo, colorita e fresca, un insegnamento di vita e una occasione di riflessione.
“Ciccantonio da Lupara” è la commedia che da questa sera, 27 venerdì gennaio, sarà messa in scena sul palcoscenico del Teatro Fulvio di Guglionesi per tre serate consecutive che hanno fatto già da giorni il “tutto esaurito”. 220 poltrone (tanti i posti del Fulvio) moltiplicate per tre non sono bastate a soddisfare la richiesta del pubblico, tanto che è stato necessario integrare la sala con sedie di fortuna per dare a tutti la possibilità di assistere a quella che, al di fuori della stagione teatrale, si annuncia come la commedia-evento dell’anno.
Merito di una piccola ma già consolidata tradizione di successi che la Compagnia guglionesana I Di(a)lettanti ha alle spalle, e merito dei racconti trasporti per teatro di Domenico Aceto, che con la sua raccolta “Veglia Funebre” ha affascinato e ispirato i giovani attori, guidati dalla regista Licia Lemme e dallo stesso Domenico Aceto, attento e paziente sceneggiatore di opere che negli ultimi tre anni hanno ravvivato la cultura del paese e riempito all’inverosimile il bel teatro di Guglionesi, che non è facile al sold-out.

Il segreto del fenomeno risiede anche nel vernacolo, la lingua dei nonni, l’idioma delle radici. E di una compagnia teatrale di volti giovani, di talenti sorprendenti, che si diverte e fa divertire spettatori di tutte le età. I nomi: Fabio Marcantoni, Guido Zarlenga, Luigi Pollice, Marina Scarpone, Francesca Scarpone, Teresa Arielli, Marianna Macarlino, Angela D’Auria, Luca Sticca, Domenico Fulvo, Massimo Giannantonio.
Dopo “Veglia funebre”, “La Dote” e questa estate “La maga”, ora tocca a un’opera più complessa, che ha tirato fuori il massimo degli attori e dai registi. «“Ciccantonio da Lupara” è diversa dalle altre commedie messe in scena – spiega Domenico Aceto, autore dell’omonimo racconto – ed è anche meno comica. Speriamo che il pubblico apprezzi il tentativo di portare elementi di riflessione in uno spettacolo comunque divertente».

«Ce l’abbiamo messa tutta, siamo già stati premiati sul fronte della risposta numerica, ma ci auguriamo che l’opera piaccia in teatro» gli fa eco Licia Lemme, regista dello spettacolo realizzato con il contributo volontario di cittadini che si sono occupati della scenografia, degli abiti, della grafica, dell’intrattanimento tra il primo e il secondo atto, dando una mano senza risparmiarsi a un gruppo di persone impegnate in prima linea a portare avanti lo spirito identitario e le tradizioni, quello che salverà (o dovrebbe salvare) il Molise. Un evento a chilometro zero, come si dice, e un pezzo di passato che torna attuale e trasforma la storia in mito.

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