“Ospedale covid”. E’ l’espressione che viene utilizzata per indicare il ‘Cardarelli’ di Campobasso, già ‘cuore’ (hub, per usare un termine derivato dall’informatica) della rete ospedaliera molisana. Lo è ancora di più ora: quando è scoppiata l’epidemia provocata dal covid-19, il nosocomio del capoluogo è diventato una sorta di ‘sole’ attorno a cui ruota l’intera galassia del sistema sanitario regionale.
Il presidio ospedaliero, la cui costruzione è iniziata negli anni Sessanta, è stato adeguato ai nuovi bisogni di salute. Le prime conseguenze in Malattie Infettive e Rianimazione, reparti potenziati per accogliere i pazienti che avevano contratto il virus e che avevano bisogno di particolari cure. A proposito della Terapia Intensiva, il direttore generale dell’Azienda sanitaria Oreste Florenzano ne ha delineato il futuro dichiarando a Primonumero che “non realizzeremo un ospedale da campo, ma moduli di Terapia Intensiva, strutture simili a quelle realizzate a Milano e a Napoli. Non sono container ma prefabbricati specifici per le attività di terapia intensiva, già strutturati con attrezzature, utenze e presidi. Noi stiamo riaprendo le attività ospedaliere e questi moduli ci aiutano ad essere ancora più operativi per la fase 2 nella quella quale dobbiamo immaginare un effetto a fisarmonica: ad esempio, in caso di innalzamento dei contagi dovremo rispondere ai bisogni di assistenza in maniera elastica”.
La trasformazione del Cardarelli ha riguardato anche i reparti che non sono dedicati alla cura dei malati di coronavirus: il bisogno di salute del resto non si è fermato con l’epidemia anche se è stato ‘circoscritto’. Attualmente l’ospedale di Campobasso eroga solo le ‘prestazioni urgenti’: determinati tipi di ricoveri, le dialisi, le prestazioni onco-ematologiche, i controlli chirurgici e ortopedici post-operatori, la terapia del dolore, l’attività di pre-ospedalizzazione per interventi prioritari (classe A, ndr) per fare qualche esempio. Le necessità dei pazienti non covid dunque hanno costretto a riorganizzare dal punto di vista logistico gli spazi interni al nosocomio.
La separazione dei percorsi di accesso dei malati è stato un primo effetto.
La differenziazione è visibile prima di arrivare al Cardarelli: si gira a sinistra se si è paziente covid, in caso contrario si prosegue a destra. L’ingresso per i malati non covid è quello della Facoltà di Medicina dell’Università del Molise che ha messo a disposizione alcuni spazi attualmente inutilizzati. Qui sono state spostate Medicina Nucleare, Fibrosi cistica ed Endocrinologia Pediatrica.
L’Unità Operativa di Oncologia è stata trasferita invece nel blocco ristrutturato di recente, quello che qualcuno definisce l’ex hospice per evitare rischi e contagi da covid ai pazienti più fragili, che potrebbero subire conseguenze letali dall’infezione. Qui attualmente si trovano gli ambulatori e la Terapia Iniettiva. Bisogna recarsi in questa ala anche per l’amniocentesi e per le prestazioni non differibili consentite dall’ordinanza del presidente Donato Toma che scadrà il 18 maggio nelle strutture pubbliche e in quelle private.
“Come avevamo preannunciato abbiamo riarticolato il Cardarelli per attrezzarci per la fase due, che sarà una fase di maggiore apertura”, ha dichiarato oggi a Primonumero il direttore Asrem Oreste Florenzano. “Sono allo studio ulteriori modifiche atte a garantire una maggiore separazione tra il percorso covid e il percorso non covid in linea con il decreto del Ministero”.
Anche il blocco più ‘vecchio’ ha subito dei cambiamenti: tenda filtro all’esterno per effettuare i tamponi ai casi sospetti, termoscanner che misura la temperatura all’ingresso principale dell’ospedale. E’ stata creata quella che gli operatori sanitari definiscono la “torre covid” con una netta separazione degli ambienti e degli spazi in cui sono ricoverati i malati di coronavirus: un’area è stata completamente interdetta, la porta è stata chiusa con una grossa catena e un lucchetto per blindare gli accessi.
Nei reparti e negli ambienti liberati sono stati trasferiti i pazienti covid quando, nella fase più critica del contagio, Malattie Infettive non riusciva ad ospitarli tutti e per curare le persone che avevano contratto il virus è stato necessario liberare spazi nell’ex Urologia, al secondo piano del terzo blocco del Cardarelli. Sono state suddivise ‘per tipologia’ anche le sale operatorie che si trovano al primo piano: due sono state dedicate ai pazienti covid in caso di necessità.
E’ stata necessaria anche una riorganizzazione degli ascensori utilizzati dai pazienti, dal personale sanitario e dai visitatori del nosocomio di contrada Tappino.
Ecco come sono dislocati ora i reparti del Cardarelli: al piano terra i reparti più importanti per la cura del covid, Malattie Infettive, Rianimazione e ovviamente il Pronto soccorso. All’interno del percorso covid è stato realizzato anche un apposito ingresso a poca distanza dall’obitorio.
E poi, sempre al piano terra, la sala gessi, Psichiatria, oltre agli ambulatori vicini al Centro prenotazioni.
Il primo blocco del nosocomio ospita la Cardiologia (piano terra), la Ginecologia (primo piano), Urologia e Ortopedia (al secondo piano), Chirurgia e Chirurgia Vascolare (terzo piano), Medicina (quarto piano), Otorino (quinto piano).
Il corpo centrale (il secondo ‘blocco’ dell’ospedale) ospita Pediatria e Neonatologia (piano terra), l’ex Urologia (secondo piano), Nefrologia (quarto piano). Anche il quinto piano di quest’ala del Cardarelli ha ospitato i malati covid per un certo periodo.
Infine non ci sono stati cambiamenti per la Stroke Unit che si trova al terzo piano del terzo blocco del presidio.