Vita in Versi

Vita in versi

San Timoteo

di Antonio Andriani

 

SAN TIM

La telefonia han fatto santa

e, correndo tempi strani,

vo peregrino a Roma. Ella canta

all’alba coi gabbiani;

al colonnato Bernini m’incanta

d’abbracci vaticani.

 

La guardia svizzera, con l’alabarda

non si move d’un gesto.

Papa Francesco arriva, non ritarda.

In Sala Nervi al VI

click, la fotocamera lo traguarda,

a me basta solo questo.

 

L’udienza generale, m’emoziona

‘l vescovo Gianfranco,

poi don Benito sorrisi mi dona

e San Pietro al mio fianco.

Alla Pietà l’anima s’abbandona,

al corpo quand’è stanco.

 

Grazie a Paolo, giga illimitati

ma solo verso Dio,

sicura remissione dei peccati,

sempre gratis e con brio.

Da San Timoteo ricaricati,

dopo un WhatsApp gl’invio.

 

AndrianiAntonio/January XXII, MMXX

Parafrasi = per segnare un passaggio storico della comunità cattolica termolese, io non ho altri mezzi che la poesia. Ho pensato ad un canto di 26 versi che avesse la metrica cara a Leopardi, con l’alternanza di endecasillabi e settenari, segue lo schema metrico: ABABAB-CDCDCD-EFEFEF-GHGHGH. Inoltre ho cercato di scrivere qualcosa che potesse avere lo spirito cristiano di cui era pervasa l’opera letteraria di Dante. Il componimento riguarda il pellegrinaggio vissuto a Roma, in data January XXII, MMXX. Sempre affascinante e bella la scrittura in latino della data, metodologia ancora in voga in ambito ecclesiastico. La stesura è odierna, in data 23/01/2020.

Vengo alla spiegazione del titolo, che non è altro che la contrazione del nome San Timoteo.

Ma, vivendo noi nell’epoca in cui vige la dittatura della telefonia, ho reputato giusto connotare la poesia con un titolo che fosse moderno, quanto più contemporaneo possibile; discorso attinente alla Chiesa di Roma che, velocemente, si adegua ai tempi, è così da oltre MM anni

La speme di chi fa poesia è quella di rendere anticonvenzionale la propria scrittura, altrimenti basterebbero le cronache giornalistiche. Versum post versum, vado a spiegare le immagini del canto. La voce narrante, adeguatasi alla moda corrente, per un giorno diviene pellegrino. Al suo arrivo a Roma, la città eterna è ancora addormentata ed al buio. Una fortuna, essere approdati nella Caput Mundi in fase antelucana, qualche minuto prima che in Via della Conciliazione e poi nel colonnato di Bernini si accendessero le luci del giorno, assai lentamente quasi fossimo parte di un film. Già questo scenario sarebbe stato sufficiente a rendere poetico il testo, ma non basta! Ad attenderci c’erano tanti uccelli marini, evidentemente attratti dall’approdo in quel luogo, nel più grande porto che la Fede cristiana conosca. Nella seconda strofa, le guardie svizzere e l’ambientazione architettonica rinascimentale conferiscono ai luoghi un ulteriore accelerazione, da sogno. L’attesa del pontefice nella Sala Nervi, e qui la licenza poetica; la bellissima sala delle udienze, dedicata a Paolo VI che la commissionò all’ingegnere lombardo, ha il VI riferito sia a Papa Montini che al sesto scatto della fotocamera. Il mio traguardo è respirare la stessa aria di Papa Francesco, non tanto avvicinarsi a Lui che, appena giunto in sala, è stato assaltato dall’entusiasmo dei fedeli. Nella terza strofa, il riconoscimento ai due deus ex machina del pellegrinaggio timoteano, monsignor De Luca e Don Benito Giorgetta. Nella basilica, durante la messa si accosta al mio fianco, come accanto a tutti gli altri fedeli, San Pietro, apostolo di Cristo e primo papa. Alla fine della celebrazione, un’altra poesia, questa volta dalle fattezze marmoree, è la Pietà di Michelangelo. Nella quarta ed ultima strofa, il trasferimento alla basilica papale di San Paolo fuori le mura, dove sono esposte le spoglie di San Timoteo, amico fraterno di Paolo di Tarso. Qui l’atmosfera torna ad essere contemporanea e di assoluta modernità, senza alcuna irriguardosa intenzione, soltanto per esigenze di copione.

Alla diocesi di Termoli-Larino, a cui appartengo, la dedica di questo canto a monsignor De Luca e a don Benito, con devota riconoscenza, Antonio.