Detenuto introduce un cellulare in carcere, centinaia di chiamate rompono l’isolamento con l’esterno: 15 indagati
Si è chiusa l’indagine della Polizia penitenziaria che qualche mese fa ha sequestrato un micro cellulare portato illegalmente da un detenuto e fatto utilizzare anche da altri ospiti della casa circondariale di Campobasso: ora sono tutti indagati.
Sono tutti detenuti o ex detenuti i 15 indagati accusati di aver utilizzato un piccolo cellulare all’interno della casa circondariale di Campobasso. Centinaia di chiamate che hanno rotto – senza alcuna autorizzazione – il regime di isolamento col mondo esterno.
Sono partite dal carcere di via Cavour con un apparecchio introdotto illegalmente all’inizio del 2025 da un ospite diventato una figura chiave dell’indagine della Procura affidata agli agenti della Polizia penitenziaria che alcuni mesi fa avevano sequestrato il telefonino.
I tabulati delle telefonate e, non è escluso, le registrazioni (nel caso in cui qualcuno dei numeri chiamati fosse sotto controllo), sono parte del corposo fascicolo che gli avvocati stanno ritirando nel Palazzo di Giustizia di viale Elena in questi giorni dopo che agli indagati – gran parte dei quali attualmente reclusi – è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini a loro carico.
L’ipotesi di reato è contenuto nell’articolo 391 ter (comma terzo) del Codice penale: accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.
Giuseppe Fazio, uno dei legali della difesa, spiega in cosa consiste questa accusa: “E’ prevista una pena da uno a quattro anni per chiunque indebitamente procuri a un detenuto un apparecchio telefonico (o altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni), glielo faccia utilizzare o lo introduca in un istituto penitenziario. Se il reato – ma non è questo il caso – fosse commesso da un pubblico ufficiale o da un avvocato, la pena sarebbe ancora più elevata (da due a cinque anni)”.

L’indagine, che al momento orbita attorno a questa ipotesi di reato, potrebbe avere risvolti inattesi: è ipotizzabile che quelle chiamate non siano state fatte per mantenere contatti col familiari, figli o col proprio avvocato, quanto piuttosto per continuare a gestire e ad avere ruolo e capacità decisionale in attività illegali.
Abbiamo chiesto alla direttrice del carcere Rosa La Ginestra in che modo si possono mantenere i rapporti con l’esterno e la stessa ci ha spiegato che “in linea di massima ai detenuti sono concesse un paio di telefonate a settimana da fare entro le ore 19. Il numero di telefonate può variare in casi particolari come la presenza di figli minori o la malattia di un familiare, per esempio. E’ possibile contattare, su rete fissa o mobile, solamente quei numeri di cui abbiamo accertato corrispondenza e identità del possessore”.
Non è da escludere, e, anzi, spesso accade, che il micro cellulare sia stato utilizzato per chiamare anche quei numeri ‘autorizzati’ in orari e frequenza differenti da quelli previsti dal regolamento.


