Jazz’ Inn, riflessioni concrete sulle aree interne, grandi serate jazz e teatro per chiudere
Una visita al sito archeologico di Altilia e la commedia “Due dozzine di rose scarlatte”, andata in scena al teatro Savoia, hanno chiuso in arte e bellezza la IX edizione di “Jazz’inn – Territori Sostenibili”, il ‘non-evento’ promosso da Fondazione Ampioraggio e Comune di Campobasso, con il supporto di diversi partner, coinvolti i comuni di Ferrazzano, Orarino, Ripalimosani, Mirabello Sannitico e Busso.
Da una parte la sequela di incontri e contaminazioni tra pubblico e privato che ha trasformato Campobasso in un laboratorio di innovazione e visioni condivise, cui hanno dato manforte Fondazione Molise Cultura, Samnium Innovation Hub, CTE Casa delle Tecnologie Emergenti Molise; dal Comune scrivono: “Campobasso guarda avanti, con una rete che cresce e una comunità sempre più protagonista”. Dall’altra, la qualità dell’offerta culturale, con imprinting jazz, genere che ha funzionato da motore propulsivo, anzi da scintilla per l’accensione dell’intero progetto che da nove anni attraversa borghi e aree interne.
Qualità culturale, dicevamo, ma anche varietà: sette spettacoli, in prevalenza concerti. Sold out quelli portati a Campobasso da Oreste Sbarra, per l’occasione anche direttore artistico oltre che batterista nella serata di ‘Un bacio swing a mezzanotte’ con una straordinaria Sabrina Marciano. La regina del musical italiano, accompagnata da Sbarra, Antonello Capuano (che ha concepito il progetto) alla chitarra e Pino De Vito al sax, ha deliziato l’audience dell’auditorium ‘Giovannitti’ con un repertorio di ‘canzone jazzata’ da Arigliano, a Buscaglione, Gorni Kramer e altri celebri interpreti del genere. Sullo stesso palco, la sera prima, si era esibito il pianista jazz e compositore Vittorio Solìmene, alle prese con le suggestioni dell’hammond, in un terzetto completato dai molisani Samuele Giancola alla batteria e Gianmarco Ferri alla chitarra.
Sempre l’ex Gil ha ospitato la classe innata di Javier Girotto, polistrumentista italo-argentino che ha riempito di magia l’auditorium, così come molto apprezzato è stato lo spettacolo del molisano Christian Di Fiore, con organetto e soprattutto zampogna reinventati come strumenti radicati nella tradizione molisana ma sempre assolutamente attuali nel concetto e nella visione del quotato musicista scapolese cresciuto in una famiglia che suona e costruisce zampogne da sette generazioni.
In contemporanea, curiosità e applausi per il concerto organizzato al teatro del Loto di Ferrazzano dove il jazz del pianista Antonio Fresa – con lui sul palco il chitarrista Antonio Jasevoli e il trombettista Luca Acquino – ha incontrato la psichedelia dei Pink Floyd post Syd Barrett, quella di inizio anni ’70, che trasformò la band inglese da ‘creatura’ di culto underground a fenomeno mondiale dello space rock più vicino al prog che alla sua versione di partenza eccentrica e geniale. Reliving at Pompai lo spettacolo musicato, subito dopo la proiezione del celebre film musicale di Adrian Maben, Live at Pompei, nella sua composizione in cinque episodi che indagano sul lavoro della band in una sorta di concerto a porte chiuse e di Maben, regista di una ardita e inedita operazione culturale. Titoli di coda e subito si accende la luce soffusa delle atmosfere sonore jazz che trasformano il Loto in una landa musicale senza tempo né spazio, sulla traccia dei suoni reinterpretati da Fresa in un progetto assai peculiare.

Infine il teatro, quello delle commedie più note di quasi cent’anni fa. ‘Due dozzine di rose scarlatte’ fu scritta da Aldo De Benedetti nel 1938, a Campobasso è arrivata, con produzione firmata Loreb, nella versione del giovane regista Alessandro Guerra, ambientata negli anni Sessanta. Nei panni di Marina, la brillante Annamaria Sinibaldi per la prima volta interprete di una donna sognatrice che immagina un amore diverso, così come il marito, Alberto, interpretato da Biagio Iacovelli, altri attori protagonisti Giuseppe Abramo (Tommaso) e Angela Tuccia (Addolorata).

Uno spettacolo dalla trama e dagli equivoci sempre attuali, che ha fatto ridere e riflettere e che il pubblico molisano ha vissuto come prima replica nazionale dopo il debutto al ‘Sala Umberto’ di Roma. Una degna conclusione, brillante e leggera, per la parte di Jazz’Inn che investe in cultura, a margine del complesso e imprescindibile concetto di territorio sostenibile.





