Tartaruga torna a nidificare in Molise, l’esperto: “Non è affatto un buon segno. Il criterio guida per loro non è la pulizia”
Abbiamo interpellato l’ornitologo Nicola Norante (consulente anche per il Comune di Campomarino) a poche ore dalla nidificazione, filmata nottetempo e casualmente, di una tartaruga marina della specie Caretta Caretta sulla spiaggia. Un’intervista in cui il ricercatore scientifico sfata innanzitutto alcuni miti. “Attenzione, non è tutto oro quello che luccica”
Campomarino, notte tra il 2 e il 3 luglio 2025: una Caretta caretta (la specie di tartaruga marina più diffusa nel Mediterraneo, ndr) ha deposto le uova sulla spiaggia, un evento raro e significativo per l’Adriatico. Era accaduto un anno fa a Petacciato (sempre a inizio luglio) e nel 2019 sempre a Campomarino. Tra i vari attori implicati – in particolare fino al giorno della schiusa (il periodo di incubazione va dai 45 ai 60 giorni e dipende dalla temperatura sotterranea del nido) – c’è anche il Gruppo Molisano Studi Ornitologici ‘capeggiato’ da Nicola Norante, ornitologo – appunto – e consulente scientifico per diversi enti locali (la Regione e i Comuni di Termoli e Campomarino ad esempio), che ci ha aiutato a comprendere cosa stia accadendo lungo le nostre coste.
Dottor Norante, ci spiega innanzitutto perché questa tartaruga ha scelto proprio Campomarino?
«Sembra assurdo, ma la tartaruga marina non cerca un ambiente “bello” o pulito secondo i nostri canoni: cerca quello che risponde ai suoi criteri biologici. Certo, la qualità dell’acqua è fondamentale. Discorso diverso per la spiaggia: per esempio, nidifica spesso vicino agli stabilimenti balneari, come succede anche al fratino. Non è un caso: le aree più “naturali” e isolate, spesso, non offrono le condizioni adatte per la deposizione».
A dispetto di quel che si sente dire in queste occasioni… Quali condizioni cerca, allora?
«La cosa fondamentale – e qui cito anche una pubblicazione di un collega erpetologo, Sergio Mezzadri – è la granulometria della sabbia. La sabbia deve essere abbastanza granulosa, non troppo fine né troppo compatta. Questo parametro, che pochi considerano, è centrale nella scelta del sito di nidificazione».
Ma come si fa a misurare questa “granulosità” e cosa significa in questo caso specifico?
«Non è facile da misurare. Con la pulizia delle spiagge non si riesce a preservare o riconoscere una buona granulometria. Però la tartaruga, al contatto, sa riconoscerla. E se non trova le condizioni adatte, scava, valuta, e se ne va. È già successo. Sappiamo che la tartaruga marina ha tentato di recente di nidificare sempre a Campomarino, ma ha trovato un muro d’erosione e si è allontanata. A Petacciato, vicino alla torretta, stessa scena: ha scavato, ha trovato l’acqua o un muro, e ha desistito».
Parliamo dell’aspetto climatico. Come mai ora la Caretta caretta arriva così a nord?
«Perché la temperatura del mare si sta alzando. È una specie mediterranea, storicamente associata a zone calde come Sicilia, Pantelleria, Grecia. Ora arriva fino al Veneto. E non è affatto vero che torna a deporre dove è nata dopo 25 anni, come spesso si dice: in Molise non aveva mai nidificato prima, e neanche in Romagna o Veneto. Vero che prima c’erano meno osservatori, ma qualcuno l’avrebbe vista. Quello che succede invece è che la tartaruga cerca nuove spiagge adatte, via via che il clima cambia. Semplicemente, la spiegazione, è che ora cerca condizioni nuove, adatte alla sua sopravvivenza».
Quindi, tra le altre cose, ci sta dicendo che non scelgono le spiagge più selvagge e meno antropizzate?
«Esatto. Non vanno a nidificare sempre dove non c’è luce o – come si può pensare – in quelle spiagge prive di lidi balneari, tant’è vero che più di una volta hanno nidificato proprio tra gli ombrelloni. Sull’antropizzazione, loro depongono di notte quando non c’è nessuno sulla spiaggia, ma che ne sanno cosa accade lì il giorno?»
Cos’altro, se c’è, ha un ruolo nella scelta del luogo per nidificare?
«La luna (e la fase lunare, essendo le tartarughe miopi fuori dall’acqua anche questo è dirimente, ndr) ha un ruolo fondamentale. La luna per loro è un elemento guida. La tartaruga la usa per orientarsi: il riflesso sull’acqua indica la via per il mare. Le tartarughe si orientano infatti con la luce riflessa della luna sul mare. Il problema è che le luci artificiali sulla costa le disorientano. Lo abbiamo sperimentato: se accendi una torcia, la seguono. E poi anche la pendenza della spiaggia è importante per la scelta: più è inclinata verso la duna, più facile sarà la corsa in mare dei piccoli, evitando i predatori».
Quante uova depone una Caretta caretta?
«Depone un numero che va da 50 a 100 uova per nido, in una buca profonda al massimo 90 centimetri. Ma non fa una sola deposizione: può fare fino a otto nidi nella stessa estate, distribuiti in diversi punti. Per esempio, potrebbe deporre 30 uova a Campomarino, 30 a Petacciato, 30 a Vasto».
Qual è l’età riproduttiva di una Caretta caretta?
«In genere inizia a riprodursi dopo i 15 anni. Poi, chiaro che una tartaruga di 50 anni non depone 100 uova ma molte meno. Una più giovane invece arriva anche a 100».
E come avviene la nidificazione?
«Dicevamo che scava una buca profonda fino a 90 centrimetri, dove depone tra le 50 e le 100 uova, in strati separati da sabbia. E anche qui entra in gioco la temperatura: le uova più in profondità (più fredde) daranno origine a maschi; quelle più in superficie (più calde) a femmine. Quelle in mezzo, un mix».
Quindi il sesso dei nascituri dipende dalla temperatura? Ma questo – stante il riscaldamento climatico – implica un rischio concreto…
«Esatto. Se la sabbia resta troppo calda, rischiamo nascite solo femminili, e questo a lungo andare può portare all’estinzione della specie. Perchè se il numero dei maschi diventa inferiore al 20/30% c’è proprio questo rischio. Dunque con l’aumento delle temperature potremmo avere sempre più nascite femminili (cosa che sta già avvenendo a detta degli esperti, ndr). Ed è qui che il cambiamento climatico diventa drammatico. Se nascono solo femmine, la specie si estingue».
Uno scenario preoccupante…
«Molto. Alcuni Paesi stanno già allevando i piccoli in cattività, in ambienti controllati, per garantirne la sopravvivenza e bilanciare i sessi. Ma non è una soluzione che mi auguro: sarebbe contro natura. Se il clima spinge la tartaruga a nidificare sempre più a nord, la sta anche portando fuori dal suo habitat naturale. E questo, a lungo andare, può condurre all’autoestinzione».
Come si stanno comportando le amministrazioni?
«Devo dire che stanno collaborando. Stanno ascoltando gli esperti, si basano su dati scientifici e non su slogan. Ogni anno facciamo la valutazione di impatto ambientale per una pulizia delle spiagge non invasiva che salvaguardi le dune e la nidificazione del fratino. Quindi sì, un plauso alle amministrazioni va fatto. Ma non è corretto dire che questi eventi siano legati alla pulizia e all’habitat favorevole alla biodiversità delle nostre spiagge».
Quindi qual è il suo messaggio finale?
«Attenzione: non tutto è oro ciò che luccica. Se una tartaruga arriva a nidificare, non sempre è segno che stiamo facendo le cose bene. Può anche significare che sta cercando disperatamente un habitat che non trova più altrove. Questo è un campanello d’allarme. Non sottovalutiamolo».