Dopo le politiche

Simone Coscia: “Facciolla e l’intera classe dirigente del PD hanno fallito. Ora un passo indietro”

Intervista a Simone Coscia, avvocato e membro del direttivo del Partito Democratico del Molise

Coscia, a una settimana dal voto ha riflettuto sull’esito elettorale del suo partito?
“Nessuna sorpresa. Noi purtroppo lo diciamo da tempo, in Molise con questi dirigenti non vinceremo mai. Siamo fermi a 30mila voti: tanti ne abbiamo presi alle scorse politiche e alle scorse regionali, e tanti ne abbiamo presi ancora oggi. Un fallimento totale, se pensiamo che nel 2013 ne avevamo 55mila, quasi il doppio”.

Quindi lei addossa tutta la colpa al segretario regionale Facciolla?
“Non si tratta di colpe, ma di responsabilità. Chi si candida per stare al comando, se ne assume le responsabilità. Non possiamo credere che ogni volta le ragioni della sconfitta siano altrove. Il contesto nazionale, poi quello internazionale e altri mille alibi. Non si tratta di Facciolla, non è solo sua la responsabilità. Ma di un’intera classe dirigente politica molisana che pensa di potersi riciclare ad ogni stagione”.

Si spieghi meglio.
“Erano “renziani”, poi improvvisamente sono diventati “zingarettiani”, ora stanno aspettando di capire chi sarà il prossimo vincitore per saltare sul carro. Hanno fatto per anni la corte a pezzi di centrodestra, erano per la rottura a sinistra, ma poi quando è girato il vento sono rimasti loro a gestire l’alleanza con il M5S, salvo poi entusiasmarsi nuovamente per Calenda. La responsabilità di questo risultato non è certo dei candidati, non si conquistano gli elettori in un mese di campagna elettorale, ci vogliono organizzazione, proposte, presenza. E’ soprattutto necessario avere una linea politica chiara, costante, che non giri con il vento. Era il partito a doverlo fare e, come è evidente, non è stato così”.

C’erano alternative migliori a suo avviso?
“No, guardi. Noi siamo stati sempre trasparenti. Ci siamo candidati allo scorso congresso, nel 2019, l’abbiamo detto chiaro e tondo che né Facciolla, né Ruta potevano rappresentare alcun rilancio per il Partito Democratico in Molise. Abbiamo proposto un grande rinnovamento, con Stefano Buono, una nuova generazione con delle idee chiare, programmi precisi, un collocamento senza ambiguità. Purtroppo è facile vincere i congressi, ma le elezioni sono un’altra cosa. Interessante notare che Facciola al congresso prese 1400 voti a San Martino, mentre domenica scorsa il Pd ne ha presi solo 873. Dunque delle due l’una, o Facciolla dà indicazioni di votare altri partiti o quelli non erano elettori del centrosinistra”.

Insomma, come al solito volano gli stracci a sinistra.
“Qui il problema non è il centrosinistra, il problema è che a pagarne le spese sono i molisani che vengono male amministrati ormai da anni. Abbiamo bisogno di politici migliori di questi, il tempo per la nostra regione sta per scadere, anche se temo che quest’ordalia non sia ancora finita. Spero di sbagliarmi”.

Si riferisce alle elezioni regionali della prossima primavera?
“Sì, per il Partito Democratico purtroppo ormai non ci sono i tempi per un cambio di passo, né tecnici né politici. Dopo le batoste (come altro possiamo definirle?) delle scorse regionali e delle ultime due elezioni politiche, questa segreteria veleggia allegramente verso quello che si preannuncia il quarto episodio della stessa serie, senza un minimo di autocritica”.

Cosa dovrebbero fare secondo lei?
“Fare un passo indietro. Non tanto all’interno del PD, quanto soprattutto nella coalizione di centrosinistra. Dovrebbero capire che non è questo PD a poter dare le carte della coalizione. Invece di porre condizioni e paletti vari, dovrebbero mettersi a disposizione di un progetto più ampio. Accettare di discutere alla pari con gli altri gruppi. Il PD potrebbe e dovrebbe ambire a un ruolo di guida, ma non questo PD molisano, non ora di sicuro”.

Le sembra uno scenario realistico?
“Temo che ancora una volta i nostri preferiranno una sonora sconfitta in solitaria, piuttosto che cedere il ruolo di comando a cui sono tanto affezionati. D’altronde succede un po’ a tutti i livelli, anche qui a Termoli è affascinante vedere come le persone che hanno preso il 23% alle scorse comunali, meno della metà degli avversari, non sono lontanamente sfiorate dal dubbio che non siano loro i più indicati a rilanciare il partito in vista delle prossime. Fanno quasi tenerezza”.

Eppure del PD si dice che divori i suoi stessi segretari, solo in Molise non succede?
“Ecco, questo è un argomento fondamentale. E’ uno dei principali punti deboli del PD, da Gattopardo, “che tutto cambi perché nulla cambi”. Dopo ogni sconfitta eleggiamo un nuovo segretario nazionale, ma a livello locale c’è la corsa al riciclo. E d’altronde chi vuole vincere il congresso nazionale deve portare dalla propria parte proprio i potentati locali, così ci dissero in tutta franchezza dal comitato di Zingaretti quando chiedemmo del perché si facevano rappresentare in Molise dai due gruppi “renziani”. Il PD ha bisogno di una rifondazione complessiva, anche se basterebbe avere un po’ più di dignità per capire quando è il momento di farsi da parte”.

Lei è fra quelli che vogliono ricucire i rapporti con il M5S?
“In verità il problema è mal posto. Non si tratta di scegliere con chi andare a cena. E’ necessario che la nostra linea politica si chiarisca una volta per tutte. Facciamo parte del Partito Socialista Europeo, ma i nostri dirigenti qui quasi si vergognano di questa parola. Dobbiamo tornare a proporre riforme coraggiose e strutturali per modernizzare il paese. Su scuola, sanità, tecnologie, ambiente e diritti civili abbiamo idee opposte a quelle della destra. C’è il nostro meridione, che ha un potenziale di crescita e sviluppo enormi ma continua ad essere avvilito da politiche di corto respiro, si pensi ad esempio all’indecente proposta dell’autonomia differenziata. Il M5S e tutte le forze progressiste sono i nostri naturali interlocutori, non ce ne sono altri”.

Il M5S ha però causato la caduta di Draghi, non le è sembrato un buon motivo per rompere?
“Il M5S ha le sue colpe, non è esente da ondeggiamenti, contraddizioni, scelte d’opportunità. Ma non prendiamoci in giro, lei crede veramente che l’alleanza con il M5S non si sia più fatta per Draghi? Poi però l’abbiamo fatta con Fratoianni che ha votato per un anno contro il governo?”

E qual è stata dunque la ragione?
“Ancora una volta ci si è illusi di poter puntare su pezzi vaganti del centrodestra. In molti si sono fatti per l’ennesima volta attrarre dal mito del grande centro, che in Italia non esiste più da 30 anni ormai. Perché Calenda doveva fare la grande operazione di sottrarre voti centristi dalla destra e portarli in dote al PD. Il prezzo richiesto era la rottura con il M5S. Noi in Molise, e soprattutto a Termoli, questa filastrocca l’abbiamo già sentita molte volte, ed è sempre finita male”.

Cosa si augura ora?
“Per il Molise mi auguro che il PD incontri, il prima possibile, tutte le forze progressiste per stabilire un programma di punti comuni e soprattutto un candidato unitario da supportare con forza, partendo con largo anticipo, nella speranza di recuperare lo svantaggio. Il sistema elettorale regionale è fortemente maggioritario e presidenziale, il candidato non è una figura secondaria, non può essere pescato all’ultimo momento fra le cerchie di amici, fa parte delle cose da condividere fin da subito, senza pregiudiziali, con gli alleati. E sarebbe probabilmente un bene se su questo punto il PD facesse un passo indietro e lasciasse agli alleati l’onere della proposta”.

E per il Partito Democratico?
“Mi auguro che alle prossime regionali il PD vada alla grande, perché sono sempre stato leale e farò la mia parte anche questa volta. Però mi auguro anche che, se così non fosse, se la prossima dovesse trasformarsi nella quarta umiliazione consecutiva del PD in Molise, più di qualcuno torni a fare il proprio mestiere e lasci che a provarci in futuro siano altri”.

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