Tufara

Eolico, i giudici annullano vincoli della Sovrintendenza: riconosciuto “interesse della transizione ecologica”

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso dell'amministrazione comunale di Tufara e della società che aveva presentato il progetto: "L’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale - scrivono i giudici nella sentenza - non ha, nel caso concreto, il peso e l’urgenza per sacrificare interamente l’interesse ambientale indifferibile della transizione ecologica"

A Tufara si potrà costruire l’impianto eolico progettato da una società molisana e sostenuto dall’amministrazione comunale che si erano rivolte al Consiglio di Stato. Sulla realizzazione dell’impianto di produzione di energia da fonti alternative aveva posto i vincoli la Sovrintendenza per i beni culturali della Regione Molise per tutelare quattro croci votive presenti sulle colline del paese molisano.

Oggi la pubblicazione della sentenza (n. 8167/2022) destinata a fare giurisprudenza e considerata particolarmente innovativa: i giudici della Sezione VI (presidente Carmine Volpe, relatore Dario Simeoli) hanno annullato le prescrizioni di tutela indiretta che erano state disposte dalla Sovrintendenza. Il procedimento di apposizione del vincolo su tali croci era stato avviato subito dopo la presentazione della domanda di autorizzazione per l’installazione di due pale eoliche nel territorio comunale. Al vincolo si erano opposti sia il Comune che la società che aveva presentato il progetto che si erano rivolte all’avvocato Michele Lioi.

I giudizi di Palazzo Spada, infatti, pur ritenendo legittima la scelta di tutelare i singoli manufatti, hanno annullato i vincoli indiretti che erano stati apposti dalla soprintendenza sulle aree circostanti le singole croci così di fatto precludendo l’installazione delle torri eoliche.

Queste le motivazioni alla base della sentenza del Consiglio di Stato: “La primarietà di valori come la tutela del patrimonio culturale o dell’ambiente implica che gli stessi non possono essere interamente sacrificati al cospetto di altri interessi (ancorché costituzionalmente tutelati) e che di essi si tenga necessariamente conto nei complessi processi decisionali pubblici, ma non ne legittima una concezione ‘totalizzante’ come fossero posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, necessariamente mobile e dinamico, deve essere ricercato – dal legislatore nella statuizione delle norme, dall’Amministrazione in sede procedimentale, e dal giudice in sede di controllo – secondo principi di proporzionalità e di ragionevolezza. Nel caso di specie, il principio di proporzionalità appare violato, non nella componente della idoneità (al raggiungimento dell’obiettivo prefissato) o della necessarietà (ravvisabile quando non sia disponibile nessun altro mezzo egualmente efficace, ma meno incidente nella sfera giuridica del destinatario), bensì della ‘proporzionalità in senso stretto’.

L’ultimo gradino del test di proporzionalità, come è noto, implica che una misura adottata dai pubblici poteri non debba mai essere tale da gravare in maniera eccessiva sul titolare dell’interesse contrapposto, così da risultargli un peso intollerabile. Ebbene, se paragoniamo l’obiettivo perseguito dalla Soprintendenza – la tutela culturale delle croci votive – ed il mezzo utilizzato – il radicale svuotamento
delle possibilità d’uso alternativo del territorio, soprattutto ai fini della produzione di energia eolica – appare evidente quanto sia sbilanciata la ponderazione effettuata.

L’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale non ha, nel caso concreto, il peso e l’urgenza per sacrificare interamente l’interesse ambientale indifferibile della transizione ecologica, la quale comporta la trasformazione del sistema produttivo in un modello più sostenibile che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia, la
produzione industriale e, in generale, lo stile di vita delle persone.

La posizione ‘totalizzante’ così espressa dall’Amministrazione dei beni culturali si pone in contrasto con l’indirizzo politico europeo (Direttiva CEE n. 2001/77) e nazionale (d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387) che riconosce agli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili importanza fondamentale, dichiarandoli opere di pubblico interesse proprio ai fini di tutela dell’ambiente: l’art. 12, comma 7, del d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, in particolare, sancisce la compatibilità degli impianti eolici con le zone agricole, stabilendo che nella loro ubicazione si deve tenere conto ‘delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale […]’).”

“Si tratta di una sentenza di portata radicalmente innovativa – ha commentato l’avvocato Michele Lioi, –  che potrà finalmente consentire lo sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili, mettendo finalmente termine al potere interdittivo delle soprintendenze ai beni culturali”.

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