Dopo la tragedia della marmolada

“Molise bravo a non sprecare acqua ma col cambiamento climatico è più alto il rischio frane”

Dalla siccità ai modi semplici per risparmiare acqua, il professor Fazzini analizza gli effetti del riscaldamento globale e rivela: “Il lavoro avviato con la Protezione civile è stato fermato”

La tragedia della Marmolada è solo uno degli aspetti più evidenti del riscaldamento globale portato dal cambiamento climatico. Senza andare a cercare a centinaia di chilometri di distanza, il Molise sta scontando un’estate con temperature sopra la media e per un periodo prolungato, oltre a una siccità alla quale purtroppo ci si comincia ad abituare. Lo sa bene Massimiliano Fazzini, 54 anni, climatologo e geologo marchigiano, responsabile nazionale del Gruppo studi climatico della Sigea. “Conosco bene il Molise, mia madre è di Campobasso e io torno spesso” confessa.

 

Professor Fazzini, stiamo vivendo un’estate molto secca: il Molise sta soffrendo o ci sono rischi anche per noi?

“Il Molise è una delle regioni più ricche di acqua. Sono stato lì di recente e ho visto sia il Liscione che Occhito e devo dire che in passato il livello dell’acqua era molto più basso. Paradossalmente c’è una buona educazione ambientale e l’acqua non viene sprecata. Per ora non ci sono problemi, però andiamo verso l’estate”.

L’impressione è che al Nord abbiano scoperto il problema siccità che noi qui subiamo da anni.

“Sono d’accordo, nel senso che al Nord non si era mai verificato che per uno o due anni di fila le precipitazioni fossero così scarse sia in montagna che in pianura. Di solito c’era la neve che si scioglieva e confluiva nei fiumi ed era tutto a posto. Adesso le alte temperature, il fatto che in alcune zone non piove da un anno e mezzo, d’inverno non ha nevicato, portano a una mancanza d’acqua tremenda. Oltretutto parliamo di territori più industrializzati, con densità demografica maggiore rispetto al Molise. Forse non ci si era mai resi conto di ciò che poteva avvenire”.

I rimedi adottati sono sufficienti?

“Quali rimedi? Tutti fanno chiacchiere, nessuno i fatti. Siamo uno dei 15 Paesi al mondo che non hanno un piano di adattamento ai cambiamenti climatici. Era stato fatto nel 2015 col ministro Galletta, da allora non è stato riletto e posto in itinere. È grave che tutti si riempiono di parole e nessuno inizia a fare. Il tempo della prevenzione è finito. Ormai si mettono le toppe, come col Decreto Siccità. Si metterà un po’ a posto la rete idrica, le tubature, forse si creeranno degli invasi in aree pre alpine e pre appenniniche. Ma ormai il danno è fatto”.

Come ci si difende?

“L’uomo deve adattarsi a un potenziale nuovo clima, cioè una nuova disponibilità di acqua, probabilmente minore, nuove tecnologie agricole e industriali. Deve iniziare a pensare in questo modo. Spero che i fondi del Pnrr non vengano spesi in progetti vetusti e si perda anche questo treno perché sarebbe l’inizio della fine. Bisogna iniziare a fare delle cose ma sembra che la politica abbia sempre altre priorità. Prima il Covid, ora la guerra. Capisco tutto ma questi discorsi sul clima andavano fatti 10-20 anni fa quando abbiamo iniziato a mostrare che c’era questa anomalia climatica”.

Resta però una sacca di negazionisti del cambiamento climatico.

“C’è una piccola fetta di scienziati, circa il 2 o 3, che con articoli scientifici fanno notare che la temperatura non sarebbe aumentata così tanto e che i modelli di previsioni a 30 o 50 anni ipotizzano aumenti molto superiori a quelli che potrebbero essere. Dicono anche che non è vero che piove meno, ma molto dipende dalla rilevazione dei pluviometri da quando sono automatici. Rispetto queste persone secondo cui tutto dipende dalla normale periodicità delle caratteristiche della Terra. Però faccio notare che manca l’acqua, che da un mese e mezzo fa caldo. Inoltre penso che a tutti faccia piacere un ambiente più pulito e sano. Io non sono un catastrofista, non dico che siamo al punto di non ritorno e non c’è più nulla da fare ma è difficile giustificarli”.

Ha l’impressione però che anche le persone non abbiano la reale percezione del pericolo?

“Assolutamente sì e per due motivi fondamentali sul clima: siamo cresciuto con la convinzione anche reale che l’Italia abbia uno dei più bei climi al mondo e non abbia a che fare con l’estremizzazione climatica come eventi ricorrenti e diffusi. Qui abbiamo più frane, valanghe, terremoti. L’altra ragione è che siamo convinti che di acqua ce ne sia anche troppa. In Italia abbiamo una precipitazione media un metro d’acqua per kmq che è ampiamente sufficiente. Non abbiamo quindi mai avuto come cittadini l’idea e l’educazione ambientale che potesse mancare l’acqua coi cambiamenti climatici e altre condizioni”.

Però quell’acqua la sprechiamo.

“Esattamente. L’acqua potrebbe non mancare anche in periodi di siccità se avessimo un 10% di perdite e non il 50% come è in realtà. La natura ci ha abituati troppo bene e non abbiamo l’educazione ambientale che hanno nel Nord Europa”.

Ma il comune cittadino che può fare?

“Molta gente non ha capito in che condizioni siamo. Stamattina alle 5 ho sentito partire le pompe di irrigazione del giardino di fianco casa mia e siamo con l’acqua razionata. Qualche giorno fa ho detto a un conoscente di chiudere l’acqua mentre insapona la macchina, che non si potrebbe neanche fare. Mi ha risposto ‘e che me la paghi tu l’acqua?’ Queste persone penalizzano anche chi fa del suo meglio”.

Insomma non che ci sia da inventarsi chissà cosa.

“Bastano i rimedi del buon senso. Fare una doccia da 3 minuti invece che da 10. Chiudere il rubinetto quando ci si fa la barba. C’è gente che tira lo sciacquone ogni volta che getta un pezzettino di carta nel water. Sono 15 litri ogni volta. Cerchiamo di essere più elastici, che succede se tiriamo lo sciacquone una volta di meno? Sono cose basilari, non dovremmo nemmeno ripeterle”.

La Marmolada è lontana, ma il Molise che rischi corre nell’immediato?

“Come tutte le regioni d’Italia ha problemi di frane ed esondazioni. Per conformazione geologica è una regione molto franosa. A parte la zona di Pantano Alto non ha problemi di alluvioni ma di franosità, soprattutto con le piogge autunnali dopo la secca estiva. Non è vero che piove meno, ma le precipitazioni cadono in un lasso di tempo inferiore del 20%. Quindi ogni volta che piove, piove forte e i terreni mollano. Il rischio frane è molto più elevato”.

Siamo indietro anche su questo?

“Quando supervisionavo i ragazzi del Centro funzionale in Molise avevamo capito la problematica e i dirigenti avevano iniziato a lavorare con l’Agenzia regionale di Protezione civile. I soldi arrivavano direttamente e non sparivano. Purtroppo per una serie di cose questo iter non è stato più seguito e quel processo si è quasi fermato. È un vero peccato perché erano state fatte tante cose e da mezzo molisano mi dispiace perché avrei voluto far qualcosa per migliorare esponenzialmente la regione”.

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