L'intervista

Il rebus dell’ondata estiva, il microbiologo: “Ci ha sorpreso ma d’altronde abbiamo mollato il freno”

L'espansione della variante Omicron 5, oltremodo diffusiva, spiega l'aumento di contagi unitamente al fatto che le restrizioni sono state praticamente azzerate e i contatti sociali sono ripresi come da normalità. Secondo il dottore Massimiliano Scutellà la prudenza va mantenuta e l'imperativo è proteggere i fragili con la quarta dose ma "questa epidemia sta andando, come previsto, verso l'equilibrio tra ospite e parassita"

La terza estate in tempo di pandemia si preannuncia – su questo gli esperti convergono – contrassegnata da una nuova ondata di cui adesso si vedono i prodromi e che probabilmente vedrà il suo picco nella seconda metà di luglio. A molti sembrerà paradossale (dopo due estati a virus-zero e con la popolazione largamente vaccinata) ma la spiegazione è più complessa. Per cercare di far luce su quanto sta avvenendo abbiamo chiesto lumi al dottor Massimiliano Scutellà, microbiologo e responsabile del Laboratorio di Biologia Molecolare del Cardarelli. 

massimiliano scutellà microbiologo

 

Dottore, tutto ci aspettavamo fuorchè una ondata estiva. Un’anomalia che sconfessa tutto ciò che è stato finora…

“Questo è l’unico dato, in questo momento, importante da considerare. È un virus cambiato anche nel suo comportamento, che prima era legato alla stagione autunnale-invernale mentre adesso, con la spinta delle varianti Omicron 4 e 5, assistiamo a una ondata estiva. La spiegazione è che queste varianti sono meglio adattate, hanno una altissima trasmissibilità sebbene un basso potere di virulenza. Effettivamente non ci aspettavamo questo comportamento, però non possiamo non considerare il fatto che abbiamo mollato ogni forma di controllo e tutela. Se avessimo mantenuto quel tipo di protezione e di distanziamento forse le cose potevano andare diversamente”.

Stante l’alto potere trasmissivo di queste sottovarianti Omicron, siamo sicuri che mascherine e distanziamento bastino? E che se avessimo continuato con alcune precauzioni/restrizioni la curva sarebbe stata invertita rispetto a oggi?

“Io sono sicuro di sì, con l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e il giusto distanziamento questa ripresa, così come è adesso, non l’avremmo avuta. Però c’è anche da considerare che il virus si è adattato ancor di più alla specie umana: divenendo meno virulento però con una consistente trasmissibilità. Io credo che ci troveremo nuovamente in una fase ancora più acuta di quella attuale e questo perchè quando una curva di contagi cresce prima che arrivi al plateau e cominci a scendere passa un certo lasso di tempo e naturalmente ci sarà un cospicuo numero di contagi”.

Lei è un osservatore privilegiato dell’attuale scenario molisano, dunque le chiediamo: quando si potrebbe arrivare al picco?

“Troppo presto per dirlo. Adesso l’ondata è cominciata in maniera consistente. Mi sento di raccomandare ancora attenzione, credo che vada mantenuta una certa prudenza. Ricordiamoci sempre che bisogna proteggere i fragili, perchè sono gli unici che in questo momento rischiano – qualora si contagino – in termini di evoluzione di malattia”.

Peraltro la percentuale della popolazione molisana che ha fatto la quarta dose è davvero bassa…

“Esatto, c’è stato un rallentamento della campagna vaccinale sulla quarta dose. Obiettivamente nessuno si aspettava una esacerbazione estiva dell’infezione. Non ci si aspettava questa ripresa alle porte dell’estate, anche perchè stiamo parlando di un virus a trasmissione aerodiffusiva, tipica della stagione autunno-inverno. E invece il virus – pur rimanendo un’infezione aerodiffusiva – si è un po’ scollegato dalla stagionalità, e allo stato attuale si trasmette come, per fare degli esempi, un morbillo o una varicella.
Succede dunque che le ondate epidemiche si verificano tutto l’anno. Siamo sorpresi anche se un po’ ce lo aspettavamo visto l’allentamento di tutte le precauzioni. Sapevamo di avere a che fare con un virus che sarebbe mutato e che non saremmo stati protetti dalle successive varianti, dunque l’idea della immunizzazione naturale della popolazione non si è rivelata giusta. Conosco svariati casi di persone che hanno contratto inizialmente l’infezione da Omicron e poi si sono re-infettati con le attuali varianti. La reinfezione per due volte è abbastanza comune ma addirittura so di casi che hanno contratto il virus tre volte”.

La sintomatologia con le sottovarianti di Omicron però non desta particolare motivo di preoccupazione. Non c’è una recrudescenza, oltre che dei contagi, dei casi gravi. Ce lo può confermare?

“Aumentando i contagi naturalmente ci sono anche casi di ospedalizzazione, sebbene siano ancora pochi. Non possiamo escludere però che crescendo la curva questi aumentino maggiormente. Ci voleva una coscienza, una consapevolezza e una maturità nel gestire questa libertà che abbiamo riacquistato. Io capisco il desiderio – e lo abbiamo visto ad esempio nella giornata della sfilata dei Misteri a Campobasso – di tornare alla normalità della vita sociale però quello che ho potuto osservare nella giornata del Corpus Domini è un sovraffollamento esagerato. Specie nell’attuale contesto, situazioni come questa (e in estate ce ne saranno molte altre, ndr) possono avere una incidenza nella propagazione del virus. È normale che ciò avvenga: aumentano i contatti interpersonali e aumenta di conseguenza il numero chi contrae l’infezione.

Certo, si tratta di una infezione a bassa virulenza e dunque dobbiamo essere tranquilli anche perchè (nella stragrande maggioranza dei casi) vaccinati. Ciò significa che nel soggetto immunocompetente non si verificheranno evoluzioni di patologia infettiva. Ci si infetta, sì, anche se vaccinati, ma un conto è una infezione-colonizzazione non evolutiva, un altro è una manifestazione severa di patologia come l’abbiamo avuta nel ‘primo Covid’. È come contrarre un’influenza, chiaramente oggi chi ha una patologia importante o ha uno stato immunodepressivo (magari indotto da una terapia chemioterapica) può anche morire di influenza. Per questo dico che è importante proteggere i fragili”.

E come si possono proteggere i fragili nello stato attuale, con le restrizioni praticamente azzerate?

“Laddove la tempistica lo consente è utile fare la quarta dose. Anzi direi che è un atto necessario. Devo ammettere che inizialmente ero prudente rispetto all’utilità del secondo booster, e il motivo era proprio il pensiero della stagionalità dell’infezione. Però vedendo l’attuale evoluzione del virus mi sembra oramai chiaro che questo non è più legato alla stagionalità ma piuttosto all’episodio epidemico”.

Dottore, riscontra una minore effettuazione dell’attività di testing (tamponi)?

“Io credo che ora ci sia un autocontrollo, anche attraverso i test da fare in autonomia a casa. Solo chi ha necessità di fare un test molecolare, come nel caso di chi ha un ricovero programmato, un intervento sanitario o deve viaggiare, è giusto che lo faccia e sono in particolare questi i tamponi che processiamo. Anche se gli antigenici fai da te sono meno sensibili, va detto che sono in grado di rilevare l’infezione nella fase acuta, quella in cui si manifesta qualche sintomo. Dunque con questi strumenti una autodiagnosi è possibile. Non ha tanto senso oggigiorno sottoporre la popolazione a controlli a tappeto, anche perchè non abbiamo più obblighi.

Quello che secondo me andava consigliato era di gestire in maniera appropriata e intelligente questa libertà, evitando di esporsi in maniera diretta e aumentando così il focolaio infettivo. Perchè mai aumentare ora il monitoraggio? Se la popolazione è tutta esposta, su chi andiamo a concentrarci? Semplicemente lo facciamo sugli accessi ospedalieri di modo da evitare focolai nei presidi sanitari, e continuando a monitorare i dipendenti sanitari sebbene in quel caso la protezione è molto più consapevole. Insomma l’esperienza consolidata in questi due anni e mezzo non ci espone più al rischio di creare cluster ospedalieri. Ma il resto della popolazione ormai è libero di interagire, dunque il rischio c’è e si concretizza in questo aumento della curva”.

Dall‘ultima indagine dell’Iss sulla diffusione delle varianti è emersa la presenza, anche in Molise, della BA.5 (Omicron 5). Si tratta di pochi casi ma la tendenza sembra chiara.

“Certo, i nostri numeri piccoli impattano poco sulla percentuale complessiva. Però è significativo che ancora una volta queste nuove varianti (Omicron 4 e 5) si inizino a diffondere a partire dalla costa, proprio come successo in passato (come con la variante inglese). Il punto di accesso è sempre la zona costiera e da lì la nuova variante di Sars-Cov-2 si diffonde in tutta regione. Il report ha stimato una presenza di Omicron 2 ancora al 63%, ha certificato come la Omicron 1 sia stata praticamente accantonata (1%) e ha fatto emergere chiaramente la tendenza all’espansione delle Omicron 4 e 5, espansione che andrà a tutto svantaggio della BA.2 (ancora prevalente ma in netto calo, ndr) che pian piano finirà per estinguersi.
La prossimo flash-survey dovrebbe essere svolta i primi di luglio, e in quella occasione sarà importante verificare il consolidamento della Omicron 5”.

Tornando al Sars-Cov-2, è successo quello che lei e gli esperti come lei avevate predetto, ovvero che il virus avrebbe abbassato molto il suo potere letale anche grazie alla vaccinazione.

“Sì, ma non è solo per questo. C’è stata l’evoluzione del rapporto ospite-parassita in termini di equilibrio, e con le epidemie a lungo raggio succede sempre questo perchè al parassita non conviene portare a morte l’ospite e l’ospite finisce per tollerare il parassita se questo non gli induce effetti di virulenza intensi. Va detto però che abbiamo visto infezioni da varianti Omicron in soggetti non vaccinati e anche in quel caso l’evoluzione è stata benigna: questo è il segnale dell’equilibrio verso cui sta andando questa infezione”.

Per concludere, è possibile escludere da questo punto di vista una inversione di tendenza? Detto altrimenti: possiamo stare tranquilli sul fatto che anche le prossime varianti che si svilupperanno saranno caratterizzate da minore virulenza e letalità?

“Io credo proprio di sì. Sono convinto che questa infezione arriverà all’equilibrio. Quello di cui mi preoccupo in questo momento in realtà non è tanto questa infezione quanto l’evoluzione delle patologie infettive in generale e il fenomeno, ad essa collegato, dell’antibiotico resistenza”.    

Di questo argomento parleremo in una prossima intervista con il dottor Scutellà. (rm e mv)

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