Guglionesi

Il mistero dell’Uomo: i fratelli più noti della letteratura russa chiudono la stagione teatrale del Fulvio

Con 'Il grande Inquisitore' - capitolo chiave del romanzo I fratelli Karamazov di Dostoevskij -portato in scena dalla Compagnia del Sole, con l'interpretazione impeccabile di Flavio Albanese e Tony Marzolla, si è chiusa ieri 10 giugno la stagione di prosa del teatro comunale Fulvio di Guglionesi iniziata lo scorso 18 febbraio.

“Mio fratello diceva: l’uomo è troppo vasto, io lo respingerei. Io dico che l’uomo è un mistero, ma è un mistero che bisogna risolvere e io ci proverò dovessi trascorrere tutta la vita a farlo. Non mi si dica che sto perdendo tempo: io studio questo mistero perchè io voglio essere un Uomo”. Che significa, anche, affrontare i propri dèmoni.

Il grande Inquisitore al Teatro Fulvio

 

Con queste parole Alëša Karamazov (Aleksej), interpretato da Tony Marzolla, si congeda dal pubblico e ancora una volta si affida ‘ad Dio’ per proseguire nel suo cammino di vita. È questo l’ultimo atto de Il Grande Inquisitore, opera teatrale tratta dal capitolo di inestimabile bellezza – e mistero – del romanzo capolavoro ‘I fratelli Karamazov’ di Fëdor Dostoevskij. È l’epilogo dell’incontro tra lui, il minore dei Karamazov, l’immacolato mosso da una inestinguibile volontà divina e che aspira a divenire monaco, e Ivan, interpretato da Flavio Albanese, arguto, ribelle e altresì animato da tormenti indicibili, oltre che da un profondo odio per il padre, che lo porteranno alla follia.

Lo spettacolo portato in scena dalla Compagnia del Sole, con la sapiente regia di Marinella Anaclerio, e che ha chiuso il sipario della stagione teatrale 2022 del Fulvio di Guglionesi (dopo due repliche al Teatro del Loto), si incentra tutto su questo confronto, in una trattoria e davanti a una bottiglia di vodka, tra i due fratelli che mai si erano parlati così apertamente.

Il grande Inquisitore al Teatro Fulvio

 

È un confronto tra due visioni del mondo, tra chi crede nell’esistenza di Dio e chi la confuta, tra fede e ragione. Ma anche tra i due concetti-limite di bene e male.
Poco meno di un’ora di dialogo serrato e incalzante, che ha ‘rapito’ gli astanti della platea, probabilmente tormentati anch’essi dai quesiti morali – e universali – veicolati dai due straordinari attori in scena. Sublime la trasposizione dell’apologo che dà il nome a quello che può essere considerato uno dei vertici della letteratura mondiale, appunto il capitolo sulla leggenda de Il grande Inquisitore. È Ivan a raccontarla al fratello Aleksej e i due finiscono per sovrapporsi ai personaggi narrati: Cristo, mai citato ma riconosciuto come tale, apparso come una luce in Spagna, a Siviglia, nel XVI secolo, e l’Inquisitore col suo sguardo sinistro, che fa arrestare Gesù per poi andarlo a trovare in prigione. È allora che il rappresentante del Clero muove la sua condanna al figlio di Dio. “Perchè sei venuto a infastidirci?”. Rimproverandogli sopra ogni cosa di aver voluto portare la libertà ad un popolo che è incapace di usufruirne. Il Grande Inquisitore spiega a Cristo come sia necessaria un’autorità forte, quella da lui rappresentata, che dia al debole popolo i veri bisogni materiali (confutando le parole di Gesù “Non di solo pane vive l’uomo”) e richieda loro obbedienza, ingannandoli nel nome di Cristo.

Il grande Inquisitore al Teatro Fulvio

 

Contrappuntando la scena con giochi di luce, voci cangianti e musiche che sottolineano la solennità del momento, sul palco i due attori impersonificano fino a confondersi le due alterità di quello scontro che esemplifica il tradimento della Chiesa dal messaggio cristiano.

Nel corso dell’invettiva dell’Inquisitore-Ivan contro Cristo-Alëša quest’ultimo tace salvo poi rispondere con un bacio estemporaneo sulla bocca rivolto al suo accusatore. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle sue labbra hanno come un tremito. Va verso la porta, l’apre e gli dice: “Vattene e non venire più… mai più, mai più!” E lo lascia andare per le oscure vie della città. Un gesto su cui la critica si è molto interrogata, fornendone differenti interpretazioni. In ogni caso è un bacio che turba l’Inquisitore, un po’ come l’abbraccio – comunque catartico – di Aleksej turba Ivan, prima della loro separazione.

Ma turbato alla fine è anche il giovane Alëša, figura illuminata e sì centrale nel romanzo di Dostoevskij, le cui certezze vacillano. “Ma chi è il tradito, io o lui?”.
Un’apocalisse, due modi di reagirvi. “Trovo che abbia molto senso proporre ora questo spettacolo, così legato all’attualità e ai giorni che viviamo”, così la drammaturga-regista alla fine della rappresentazione intrattenendosi col pubblico.

Pubblico che ha voluto essere presente a quello che è stato l’ultimo – intenso – spettacolo della stagione teatrale diretta da Stefano Sabelli e Gianluca Iumiento e su cui ha fortemente investito l’amministrazione comunale.

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