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Il regno di Dio viene prima del possesso

XIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
Annunciare il regno di Dio (Lc 9,51-62)

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

C’è un interessante studio di un biblista sociologo tedesco che vede in Gesù e nei suoi discepoli un gruppo radicale itinerante, che ha rinunciato alla stabilità e al possesso, anche se frequenta persone “stanziali”, come le due sorelle Marta e Maria. Dal primo cristianesimo sono già chiare queste due vocazioni complementari e san Francesco di Sales insegnava che una è la vocazione del monaco, una è la vocazione del battezzato che mantiene la sua vita nel mondo ed è importante non confonderle, altrimenti si rende il vangelo un ideale impraticabile perché troppo difficile. Riscoprire il ruolo dei laici nella chiesa non significa che devono sostituirsi ai preti o ai religiosi, ma piuttosto che devono portare i valori del vangelo nella quotidianità. Allo stesso tempo è importante che ci siano delle persone-segno, che ricordino a tutti che siamo di passaggio su questa terra, in cammino verso Dio e il suo Regno.

È ciò che chiede Gesù ad alcuni: il Regno di Dio viene prima del possesso (il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo), è al di sopra delle relazioni umane particolari (lascia che i morti seppelliscano i loro morti), è un impegno che chiede costanza e fedeltà nel tempo (mettere mano all’aratro senza voltarsi indietro). Gesù ha scelto di vivere una forma distinta dalla vita ordinaria, tuttavia non ha preteso questa scelta da tutti, ma solo da chi aveva intenzione di seguirlo nel suo modo di vita particolare. La differenza tra chi è stanziale e chi è itinerante non sta nella convinzione ma nella forma e in entrambe le situazioni il vangelo va vissuto sì fino in fondo, ma senza confusione, per non cadere nella deriva “farisaica” del “dire e non fare”.

Oggi è inutile che usiamo, ad esempio, la retorica del radicalismo evangelico quando si parla della vocazione dei preti o dei religiosi che poi si ritrovano a gestire beni e proprietà legati alle attività della chiesa. Il vero dramma che porta all’ipocrisia nelle persone di chiesa è proprio quello di non ammettere onestamente che certe scelte radicali non sono state fatte davvero, altrimenti non dovremmo avere dove posare il capo e non dovremmo occuparci della gestione di tante strutture. Se fossimo meno ipocriti su questo, forse eviteremmo anche di imporre pesi morali alle persone che vivono una vita normale “secolare” (pensiamo alla morale sessuale), una tentazione che ricorre ancora adesso quando chiediamo di vivere cose impossibili a chi non ha scelto di seguire Gesù nella sua vita radicale, ma con umiltà e gratitudine desidera accoglierlo, nella propria casa, come hanno fatto Marta e Maria, quando ha bisogno di riposarsi un po’.

Don Michele Tartaglia

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