Dopo una partenza sprint

Vaccinazioni dei minori al palo. Il pediatra: “Sbagliato pensare non servano. Il Molise poi non ha reparto Covid”

Dopo una partenza a razzo le vaccinazioni dei minori 5-11 in Molise paiono essersi fermate. Ne abbiamo parlato anche col dottor Donato Meffe, segretario generale Fimp in regione. Poco meno della metà della platea di riferimento si è vaccinata, l'altra non sembra intenzionata a farlo. "Messaggio sbagliato veicolato soprattutto dai social. Non vanno sottovalutate le conseguenze del long covid che colpisce anche i più piccoli". E poi la nostra regione ha un problema in più rispetto alle altre...

Dopo la partenza sprint le vaccinazioni pediatriche si sono fermate. Secondo il Segretario regionale (del Molise) della Federazione Italiana dei medici Pediatri Donato Meffe “è passato mediaticamente – e sui social in particolare – un messaggio sbagliato: che ai bambini anche se contraggono il Sars-Cov-2 non succede niente. Ma non è così”.

Il pediatra campobassano (in foto sotto) sottolinea, come la letteratura scientifica sta evidenziando, come il cosiddetto Long-Covid possa colpire anche i più piccoli, a distanza di tempo.

Donato meffe

 

Sebbene non esista una definizione completamente condivisa da tutte le autorità sanitarie, si può parlare di long covid dopo tre mesi dalla diagnosi di infezione da Sars-CoV-2 in presenza di sintomi che perdurano da almeno 2 mesi e non possono essere spiegati da un’altra diagnosi. Come per gli adulti, anche per i bambini uno dei sintomi più comuni riscontrato nei lavori scientifici è l’affaticamento persistente e altri sintomi ai quali prestare attenzione sono: cefalea, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, dolore addominale, mialgia o artralgia, dolore toracico persistente, mal di stomaco, diarrea, palpitazioni cardiache e lesioni cutanee. I sintomi neuropsichiatrici persistenti sembrano essere i disturbi più comuni nei bambini e negli adolescenti che hanno avuto il Covid-19. Insomma, non esattamente come un’influenza, come sovente si sente o legge.

Tornando ai dati molisani delle vaccinazioni dei minori dai 5 agli 11, eloquente il confronto (che vi proponiamo) tra le giornate del 16 aprile e di ieri 4 maggio. A distanza di 18 giorni le prime dosi a questa platea di molisani sono passate da 7.148 ad appena 7.154 (+ 6) mentre le seconde dosi (ricordiamo che non è prevista la terza dose in questa fascia d’età, a meno che non si tratti di soggetti immunodepressi) sono passate da 6.243 ad appena 6.261 (+18, in pratica una al dì). Numeri bassissimi se si pensa che nello stesso periodo le quarte dosi hanno segnato un incremento di oltre 1280 unità (arrivando quasi a 1.590) e le terze quasi +600 (da 194.962 a 195.559).

A livello di percentuale, significa che ad oggi i 5-11enni molisani vaccinati con prima dose sono il 46.2% (la platea è – dati Istat – 15.480) e con seconda dose il 40.4%. Medie che – va ribadito – sono comunque migliori di quelle nazionali che si fermano rispettivamente al 37.9% e al 34.4% circa.
Insomma, dopo l’avvio a gran velocità ci si è quasi fermati.

 

Dalla sua esperienza, dottor Meffe, può confermarci che la tendenza è quella appena descritta?

“Beh sì, consideri che nei primi mesi dell’anno partecipavamo a sedute con cadenza settimanale negli hub vaccinali (il riferimento è a quelli del capoluogo, ndr) e ogni volta somministravamo 150, 200 ma anche 300 vaccini. Già da marzo la situazione è nettamente cambiata, si presentavano 30-40 bambini (con i rispettivi genitori) al massimo, poi anche meno. Tanto che abbiamo chiesto ai vertici Asrem una rimodulazione-riorganizzazione del servizio, con l’accorpamento – per quanto riguardava le vaccinazioni pediatriche – in un’unica struttura.
Da pochi giorni l’unica attiva è tornata ad essere quella dell’ospedale Cardarelli”.

Come si spiega questa frenata massiccia?

“Sicuramente è anche una questione numerica. La ‘massa’ è stata fatta all’inizio, quando peraltro il Molise era secondo nelle classifiche nazionali (dopo la Puglia) per vaccinazione ai 5-11enni. Ma poi è successo anche altro, in primis è passato un messaggio – sbagliato – che la vaccinazione antiCovid per i minori non sia necessaria, anzi che è più pericoloso che altro”.

Messaggio assolutamente sbagliato. Ci spieghi meglio perchè.

“Se è vero che i bambini che sviluppano sintomi gravi da Covid-19 sono pochi, questo non significa che non convenga vaccinarsi. Intanto non va sottovalutata l’insorgenza di problematiche ex-post (il famoso Long Covid, ndr) e poi va considerato il discorso della prevenzione, sia intesa a livello comunitario che a livello individuale. Mi spiego: il vaccino va fatto perchè contribuisce all’immunizzazione della popolazione e si deve evitare quanto più possibile la diffusione anche per gli altri: ci sono bambini e adulti immunodepressi, persone fragili magari in famiglia (l’esempio classico è quello dei nonni). Bisogna dunque proteggere le persone più a rischio, che possono essere anche altri bambini. A maggior ragione ora che è stato tolto l’obbligo di mascherine nonostante il contagio – mi riferisco soprattutto a quanto succede qui in regione – è ancora molto alto”.

Sembra che le famiglie molisane siano per una metà favorevoli al vaccino e per una metà no, e che più di tanto non si riuscirà a convincere gli scettici. Visti i dati fermi da settimane

“Noi pediatri non veniamo ascoltati. È molto diffuso lo scetticismo verso la vaccinazione in generale, questa in particolare. C’è stata e c’è una propaganda balorda, del tutto fuori luogo, fatta peraltro da persone senza competenza medica alcuna. Mi è capitato di averli anche da me in studio: dicono che tanto (il vaccino) non serve a niente, si chiedono perchè mai fare la vaccinazione ai bambini quando c’è – a detta loro – più rischio legato alla vaccinazione che non alla malattia, visto che questa non dà problemi gravi nei bambini. Quest’ultimo aspetto è anche vero. Nel senso che sono rari i casi gravi nei minori, e la maggior parte ha dei sintomi (lievi) para-infuenzali. Però – ripeto – non si può sottovalutare il rischio di alcune manifestazioni cliniche, anche ex post, e poi in Molise abbiamo un problema in più.

L’assenza di una pediatria Covid…

“Esatto. Io comprendo l’effetto emotivo: se un padre e una madre non hanno contezza di bambini ammalatisi gravemente di Covid sono spinti piuttosto a evitare la vaccinazione per il proprio figlio. Però quando succede che un minore positivo ha bisogno di cure qui da noi è un problema, come peraltro successo nella realtà (recente il caso di un neonato della provincia di Isernia che non potendo essere ricoverato nè al Veneziale nè al Cardarelli è stato portato dalla famiglia a Pescara, ndr). Gli ospedali non possono curare minori col Covid, stante l’assenza di un reparto attrezzato. Le Usca (unità speciali di continuità assistenziale) possono sì andare a visitare a domicilio il piccolo paziente ma i tempi possono essere non immediati (in genere siamo noi a chiamarli) e poi il problema è che non hanno al loro interno la figura del pediatra. Idem il 118. Non è neanche detto che abbiano in dotazione un ossimetro per neonati. Nei casi in cui è necessaria l’ospedalizzazione, poi, si deve ricorrere a strutture extraregionali”.

Un problema, questo della non possibilità di assistenza dei minori positivi, che si ripercuote anche sul vostro lavoro, immagino…

“Sì. Ed è un problema specie nel fine settimana. A me piange il cuore ogni venerdì sera quando stacco dal lavoro ma so che magari mi cercheranno famiglie per un problema, magari relativo a un neonato. Il fine settimana è particolarmente problematico perchè noi non ci siamo. E i nostri studi medici sono ‘presi d’assalto’ il venerdì pomeriggio o – ancor di più – il lunedì mattina. Questo perchè le famiglie non sanno a chi rivolgersi, a meno che (ma non nei casi di positività al Sars-Cov-2 come abbiamo detto) non vogliano andare in ospedale, dove pure i problemi delle pediatrie sono ben noti.

A questo proposito una funzionale iniziativa era stata proposta nel periodo giugno-novembre 2018. Nei presidi ospedalieri di Campobasso, Isernia e Termoli era stato attivato un ambulatorio pediatrico festivo e pre-festivo. Un servizio che garantiva di fatto la continuità dei servizi sanitari pediatrici, evitando il ricorso ai Pronto soccorso. Fu un successo, con un altissimo gradimento. Le mamme erano più tranquille, noi lavoravamo sì di più ma lavoravamo meglio. Da tempo sto proponendo alla Regione di ripetere quella iniziativa, ma ad oggi nulla”.

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