Un rock potente, quello groove metal, tinto intensamente di heavy e thrash metal. Un sound profondo, adrenalinico, coraggioso che attesta senza fronzoli, la mission di questa band: il coraggio delle proprie idee, il “no” all’ omologazione di massa, l’autonomia di pensiero, oltre il pregiudizio.
Loro sono gli “Hole in the Frame”, band che nasce a Campobasso nel 2014 con Dan Philip (frontman), Steve Verr (voce e chitarra), Max Varàne (chitarra), Nick Willy (basso), Thor Robert (batteria). Cinque giovanissimi che hanno studiato, oggi lavorano e coltivano da sempre la passione per un genere complesso e di nicchia, ma capace – come nessuno – di esprimere la forza di un messaggio. Ecco perché i loro testi sono come un “suckerpunch”, un colpo inatteso. Di quelli che nella box sarebbe da squalifica.
Sì, la loro musica è così: contrariamente al genere commerciale, il sound che propongono, scuote coscienze e fa vibrare riflessioni.
Dan, Steve, Max, Nick, Thor parlano con una musica dalla forza inarrestabile. Si presentano al mondo col suono inconfondibile dei loro strumenti e il timbro vigoroso e autorevole delle voci.
Decisamente sopra le righe, o li ami o li odi. Quando li segui nelle loro tappe musicali (a breve partiranno per un lungo tour in Italia) sei trascinato dal ruggito dell’amplificatore che ti porta indietro, agli anni 70: la culla del rock.
Si incontrano dopo il lavoro, provano almeno tre volte a settimana, si rifugiano a comporre musica e tutto questo sembra quasi, ogni volta, un rituale di purificazione. Perché suonano uniti dallo stesso spirito avventuroso di chi si ritrova in un garage (come a Detroit) per incantarsi a vicenda tra groove terzinati, pattern e testi che “nascono casualmente – racconta Dan – Sei davanti ad un drink, chiacchieri con gli amici, discuti di tematiche che ci riguardano e viene fuori il brano che vorresti”.
Il loro è un progetto evolutivo, un percorso a sorpresa in un sound “ancora incompreso – interviene Steve – e questo è quello che più ci dispiace. A Campobasso per esempio la cultura di questo genere del rock non c’è. O meglio, non è ben diffusa”.
Eppure mentre li ascolti appare tutto così radicato e spontaneo che non occorre aspettarsi la rivoluzione perché l’anima degli “Hole in the Frame” è già provocatoria, audace, indomita, un dito medio bene in mostra a manifestare con fierezza che non si scende a compromessi se di mezzo ci sono finalità giuste da perseguire. Così ogni canzone è un racconto che grida e corre forte come fosse un lupo famelico che rincorre la preda.
“Noi non facciamo spettacolo commerciale –parla Dan – noi facciamo concerti”, a sottolineare che tra le due cose c’ è una bella differenza. Nessun orpello da megashow, niente effetti speciali, il palco non è una passerella insignificante, ma “è il posto dove riusciamo ad interfacciarci con gli altri suonando e cantando i cambiamenti di generazioni diverse, raccontando dei giovani, del rifiuto, della rabbia, dell’amore, delle passioni” continua Dan.
La musica come lotta per cambiare un mondo fatto ad immagine e somiglianza del consumismo. Quello senz’anima “che non ci appartiene” aggiunge Steve.
Varrebbe la pena vederli suonare dal vivo, perché nell’urlo delle loro canzoni è nascosto il segreto del rock’ n’ roll, la miscela di passione, amore, rabbia e libertà. “Stiamo lavorando per approdare a Sanremo rock – svela Steve – ma fra qualche giorno partiremo per un lungo tour che ci porterà in diverse città italiane”.
Sabato prossimo suoneranno al Libertine, il locale di via D’Amato a Campobasso, perché bisognerebbe ascoltarli per percepire che il rock, il loro rock, quello vero, è una straordinaria musica di vita.
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