Il commento

Infanzia: dal rischio istruzione al rischio estinzione/Sogni di salvezza tra architettura e pedagogia

La storica Casa della Scuola di Campobasso sarà un polo culturale. E’ una bella notizia specie per noi ex alunni che in quelle severissime aule imparammo a leggere e scrivere negli anni ’30.

Ricordi infantili tanti, niente nostalgie però. Anzi, per come era trattata l’infanzia, c’è da rabbrividire. Tutti in grebiulini per nascondere le povertà, ma a noi figli della borghesia si riservavano i primi posti. Sulla cattedra era bene in vista una bacchetta: pena massima dieci spalmate sulla mano. Ma di solito le mani ad essere spalmate erano quelle degli ultimi banchi.

Poi c’era l’umiliazione inflitta a scolari “ciucci” sulle cui orecchie si applicavano orecchie d’asino, esposte al ludibrio di altre classi. Insomma una scuola mnemonica e punitiva, riscattata solo da maestre pragmatiche e mammone.

Questo avveniva nell’Italia (fascista) di allora, quando la Montessori già vedeva il “bambino padre dell’uomo” e invocava priorità educativa per l’infanzia. Un’infanzia a rischio istruzione.

Oggi invece siamo dinanzi a un’infanzia a rischio estinzione, come denuncia Save the Children nel suo ultimo “Atlante dell’infanzia a rischio” dal titolo Il futuro è già qui.
“Dai tempi del baby boom ad oggi – vi si legge – assistiamo a una marcia indietro che ha travolto la curva demografica che potrebbe travolgere il futuro delle nuove generazioni e del Paese intero. In 15 anni la popolazione è diminuita di circa 600 mila minori, con una percentuale di abbandoni scolastici del 13,1% a fronte della media europea del 9,9%.

Dunque arginare la denatalità è la sfida del secolo che, per regioni piccole come il Molise, ha un impatto immediato e più percettibile.
Proposte come l’addizione molisani più beneventani è solo una presa in giro ottica.

Quello che possiamo fare subito per la primissima infanzia sono innovazioni coraggiose che oggi godono di fondi comunitari e vantano geniali proposte di ripensamento degli spazi come quelle lanciate da architetti come Renzo Piano e Stefano Boeri.
Quelle che essi propongono sono scuole a geometria variabile, dove le aule diventano non solo spazi per l’attività didattica tradizionale, ma anche luoghi d’incontro.

“Occuparsi di edifici scolastici – dice Renzo Piano – è un rammendo che, prima d’essere edilizio, è sociale. E se dobbiamo costruire nuove scuole, meglio farle in periferia”.
Si pensa a “Campus” che vanno dal nido al liceo, con biblioteche, piscina, palestre, campi da gioco per bambini e ragazzi, con molteplici offerte culturali dotate di materiali didattici avanzati (Montessori*, laboratori scientifici, musicali), tutte cose poco reperibili sul territorio e non realizzabili da singoli comuni.

Un solo Campus piazzato, ad esempio, nella piana di Bojano attirerebbe centinaia di ragazzi reperibili entro un circondariato ampio e di pochi chilometri.
Libro dei sogni? Forse, ma provarci potrebbe indurre tante coppie ad avere un figlio, magari due, perfino tre.

Nota* Il Molise è l’unica regione italiana dove il Metodo Montessori non è mai stato applicato.

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