Lo studio

Usura e racket, sempre più aziende a rischio. Un imprenditore su tre non sa che fare

Presentati i dati dell’indagine di Confcommercio sui fenomeni illegali per la nona edizione della Giornata “Legalità, ci piace”. "I Confidi possono aiutare nei momenti di difficoltà" commenta Irene Tartaglia

Almeno 30mila imprese del commercio, della ristorazione e della ricettività sono oggi ad elevato rischio usura in Italia e un imprenditore su tre non sa cosa fare davanti alle infiltrazioni criminali. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine di Confcommercio su usura e fenomeni illegali per la nona edizione della Giornata denominata “Legalità, ci piace”. In sostanza un’iniziativa di analisi, denuncia e sensibilizzazione sulle conseguenze dei fenomeni criminali per l’economia reale e per le imprese.

I dati si riferiscono all’Italia intera, con dei focus su macro aree geografiche ma non sulle regioni. Da quanto emerge “quasi il 12% delle imprese del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2021.

L’usura è il fenomeno criminale percepito in maggior aumento dagli imprenditori del terziario di mercato (per il 27%). Il trend è più marcato nelle grandi città e al Sud dove l’usura è indicata in aumento dal 30% delle imprese. Il racket è in crescita per il 21% degli imprenditori. L’11% degli imprenditori ha avuto notizia diretta di episodi di usura o estorsione nella propria zona di attività. Il 17,7% degli imprenditori è molto preoccupato per il rischio di esposizione a usura e racket. Un timore che è più elevato nelle grandi città e al Sud. Di fronte all’usura e al racket il 58,4% degli imprenditori ritiene che si dovrebbe denunciare, il 33,6% dichiara che non saprebbe cosa fare, il 6,4% pensa di non poter fare nulla. I dati sono più marcati al Sud”.

Secondo Confcommercio “l’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi quasi 31 miliardi di euro e mette a rischio circa 200mila posti di lavoro. La perdita annua in termini di fatturato e di valore aggiunto è pari al 6,3%. In dettaglio, l’abusivismo commerciale costa 8,7 miliardi di euro, l’abusivismo nella ristorazione pesa per 4,8 miliardi, la contraffazione per 4,1 miliardi, il taccheggio per 4,3 miliardi. Gli altri costi della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) ammontano a 6 miliardi e i costi per la cyber criminalità a 2,8 miliardi.

Il presidente regionale di Confcommercio Paolo Spina ricorda che la giornata di oggi “arriva a pochi giorni dalla visita della Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese nella nostra regione e dopo la firma del Protocollo per la sicurezza e la legalità tra la nostra confederazione e l’Arma dei Carabinieri dello scorso 25 novembre a Campobasso, che rafforza il ruolo attivo nella lotta alla criminalità che Confcommercio Molise vuole contribuire a debellare”.

Paolo Spina

“I dati dell’analisi della nona edizione – prosegue il direttore regionale Irene Tartaglia – portano alla necessità di supportare il delicato e sofferto percorso di denuncia da parte delle vittime di racket e usura, incentivando i progetti di partenariato fra associazioni antiracket ed antiusura riconosciute (attraverso l’iscrizione agli appositi albi prefettizi) e le associazioni di categoria, ottimizzando le sinergie fra l’esperienza delle associazioni antiracket e la capillarità e la vicinanza al sistema imprenditoriale delle organizzazioni datoriali, da sempre punto di riferimento e di ascolto degli imprenditori”.

Confcommercio analizza i dati riferendo che “i fenomeni illegali – contraffazione, abusivismo, pirateria, estorsioni, usura, infiltrazioni della criminalità organizzata, furti, rapine, taccheggio, corruzione – alterano la concorrenza, comportano la perdita di fiducia degli operatori e la diminuzione degli investimenti. Questi fenomeni impattano pesantemente sul sistema economico-sociale, fanno chiudere le imprese oneste, fanno perdere posti di lavoro, non tutelano i consumatori, riducono la sicurezza pubblica e naturalmente alimentano la criminalità organizzata”.

“Il perdurare della pandemia e gli effetti delle restrizioni su imprese ed economia – prosegue Spina – hanno determinato la necessità di concentrare l’attenzione su fenomeni criminali quali l’usura e sui tentativi di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico”.

Su questo tema sono state affidate da Confcommercio a istituti di ricerca qualificati periodiche indagini campionarie nazionali, rivolte alle imprese rappresentate, e finalizzate a far emergere quelle situazioni “grigie” che difficilmente vengono esplicitate chiaramente, nonché le condizioni che determinano l’esposizione al rischio usura, nel quale la liquidità è il discrimine tra mantenere l’attività delle imprese o chiuderla. Sono infatti le imprese che non hanno ricevuto pieno soddisfacimento della propria richiesta di credito quelle sulle quali è stata calcolata, dall’Ufficio Studi, la platea di attività “potenzialmente” esposte a rischio usura.

“In questo quadro – conclude il direttore Irene Tartaglia – strumenti strutturali già esistenti, quali i Confidi, possono essere utili a prevenire il fenomeno del ricorso all’usura nell’ambito dei sistemi imprenditoriali locali.  È necessario, pertanto, rilanciare l’operatività dei Confidi a favore delle imprese a rischio usura (all’art. 15 della legge 7 marzo 1996, n. 108), attraverso un generale potenziamento e la revisione degli schemi di funzionamento. In particolare, gli interventi dovrebbero essere volti a semplificarne l’utilizzo e ad ampliarne l’accesso”.

irene tartaglia confcommercio

La stessa legge 108/96 regola l’accesso al fondo previsto dall’ articolo 14, gestito dal Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, istituto presso Ministero dell’Interno. In relazione alla piena funzionalità di tale Fondo –  attraverso il quale le vittime di usura possono ottenere un mutuo commisurato agli interessi usurari e ai danni derivanti dagli stessi, senza interessi, da restituire in 10 anni – sono allo studio alcune ipotesi di modifica finalizzate a superare alcune criticità evidenziate nelle ultime relazioni annuali del Comitato.

Fra tali considerazioni vi è quella relativa alla valutazione di “quanto sia utile all’azienda “vittima di usura” l’erogazione di un mutuo ai fini del reinserimento nell’economia legale” dato che in molti casi il mutuo va “ad aggiungersi alla cospicua mole di debiti che l’azienda già ha, rendendo così difficile sia la ripresa economica, sia la restituzione rateale dell’importo al Fondo.” Il monitoraggio sull’andamento del Fondo ha evidenziato infatti che oltre l’80% degli importi non viene restituito.

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