La denuncia

Soldi sulla Postepay per cuccioli abbandonati, “occhio a questi pseudo volontari: lucrano sulle adozioni”

Clamorosa denuncia dell'associazione Stop animal crimes Italia che mette in guardia da chi raccoglie soldi per le adozioni dei randagi: "Su Facebook ci sono tantissimi appelli alle donazioni, ma in questo modo non si contrasta il randagismo. E spesso si ignora il reale impiego di questo denaro che non è sottoposto ad alcun meccanismo di controllo e trasparenza"

Su Facebook appaiono forse quasi tutti i giorni: appelli per salvare cuccioli abbandonati con la relativa richiesta di una piccola donazione in denaro attraverso una carta Postepay. A tanti di noi sarà capitato di fare un versamento dopo aver ‘ceduto’ alla vista di un musetto tenero e dolce. Si tratta di un sistema diffuso e collaudato, da cui però mette in guardia l’associazione animalista Stop animal crimes Italia che non esita a parlare di “pseudo volontari”.

Per salvare gli animali randagi, sottolinea l’ente, è stato messo in piedi un sistema “finanziato mediante denaro ricevuto su Postepay intestate a privati i cui numeri vengono pubblicati a migliaia su Facebook e accompagnati da appelli con pietose immagini dei randagi”. Grazie a “migliaia di gruppi WhatsApp”, ci sono tantissime persone che “inviano ciecamente i soldi ignorando il reale impiego del denaro”. Denaro che “oltre a non essere sottoposto ad alcun meccanismo di controllo e trasparenza, in gran parte finisce nelle tasche di chi con questo sistema lucra. Un sistema parastatale che è lo stesso che non entra nei canili (che poi diventano lager) e che non fanno nulla per porre rimedio alle inadempienze degli enti pubblici”.

Ma il randagismo non si combatte in questo modo per l’associazione animalista, come sottolinea il responsabile nazionale Antonio Colonna in questo video.

 

L’associazione ricorda le grosse carenze che continuano a caratterizzare l’azione di contrasto al fenomeno, a cominciare dai “controlli sul rispetto delle leggi sui microchip, sulla corretta custodia dei cani di proprietà, sulla contestazione delle sanzioni, sull’accertamento di reati”. Enti che poi, in alcuni casi, “regalano milioni di soldi pubblici a canili privati, che amministrano canili sanitari privi delle necessarie apparecchiature sanitarie”.

Tale situazione affonda le radici nella legge quadro 281 del 1991 sulla lotta al randagismo, che negli ultimi trenta anni ha favorito chi “con il randagismo si è creato un reddito più o meno lauto” e considerato al limite della legalità.

L’associazione segnala un altro grave problema: la responsabilità dei veterinari che “violando il codice deontologico e la legge anziché segnalare un animale randagio alle autorità indicate dalla legge intestano decine di cani alla stessa persona, ossia colui che li raccoglie”. E in questa situazione il problema del randagismo non si riuscirà a risolvere.

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