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L’evoluzione naturale e antropica del paesaggio

Almeno una volta nella vita, a ciascuno di noi, di fronte ad una vecchia foto, è capitato di osservare diversità, anche importanti, tra lo sfondo panoramico della situazione fissata e quelle al momento percepite.

Le cause, in questi casi, delle difformità notate, sono, evidentemente, tante e di differente origine, come la diversa stagione dell’anno, in cui è stato effettuato lo scatto e/o anche la semplice constatazione delle tante e diverse trasformazioni, naturali e antropiche, che nel tempo si sono inesorabilmente affermate.

La natura agisce, com’è noto, attraverso i suoi specifici agenti ovvero quelli che provocano le tante azioni modificatrici, rilevabili sulla superficie terrestre, che originano, essenzialmente, dalla presenza della materia, nei suoi tre stati di aggregazione più ricorrenti (solido, liquido e gassoso), di cui è costituito il nostro pianeta.

Una parete rocciosa e/o i versanti di un rilievo sono sottoposti, costantemente e per periodi più o meno lunghi, all’usura e al loro conseguente inarrestabile modellamento, da parte del vento e dalle acque di pioggia, sia di precipitazione, che di quelle scorrenti in superficie.

Come pure è palesemente osservabile il risultato di quanto avvenuto in passato o anche in tempi a noi più prossimi, del movimento delle masse glaciali, presenti oltre una certa quota e/o la diversa distribuzione areale dei relativi materiali rocciosi, inglobati e trasportati a valle.

E non meno coinvolgimento emotivo suscitano il solo, semplice, immaginare, ancor prima di condividerne la diretta osservazione, le variazioni, nel tempo e nello spazio, del disegno tracciato da un qualunque corso d’acqua, nel continuo, costante rincorrere il suo fatale traguardo marino.

Allo stesso modo, le immani catastrofi del lontano passato geologico, dovuti alla caduta di meteoriti, come per la scomparsa dei dinosauri, evidenziano, abbondantemente, il potenziale e la portata dei radicali stravolgimenti che la natura può esibire e produrre.
Sono tanti, quindi, gli episodi da cui è possibile avere contezza delle più comuni e frequenti modificazioni del paesaggio, quali quelli dovuti ai tanti devastanti incendi spontanei, sempre verificatisi e che continueranno, purtroppo, verosimilmente, a ripetersi con sempre maggiore frequenza ed intensità.

È, dunque, la giusta e attenta osservazione di quanto ci circonda e si modifica intorno a noi, che ci permette di assumere la confacente consapevolezza culturale di ogni altro conosciuto fenomeno spontaneo. E, ciò vale, ad esempio, per il periodico avanzare o recedere del litorale marino, come per quanto similmente capita alla vegetazione, arborea/arbustiva, in ragione della complessità delle varianti in gioco, al di sopra e al di fuori, di quelle locali e temporalmente circoscritte.

E, com’è facile immaginare, l’elenco potrebbe lungamente continuare, al solo pensare ai tanti fenomeni minori e/o se vogliamo, alle numerose situazioni, seppur meno appariscenti ad un primo sommario sguardo d’insieme di un limitato contesto.

Con l’avvento dell’Antropocene, il periodo geologico segnato dalla presenza attiva dell’Uomo nella situazione ambientale, tutte le leggi, che fino ad allora avevano definito e governato i fenomeni naturali, nel loro originarsi e nel loro divenire, subirono alterazioni, d’importanza e consistenza, spesso imponderabili e imprevedibili. Di conseguenza e inevitabilmente, molte vedute paesaggistiche, al momento ben consolidate, subirono trasformazioni e/o annessioni di elementi diversi o quanto mai prima esistenti.

Il tutto, a cominciare dalla formazione dei primi centri abitati e quindi, alla comparsa delle strade strutturate o alla eliminazione di larghe fette di boschi e foreste, per dar vita a nuovi pascoli e soprattutto a nuovi e sempre più ampi campi coltivati. Non solo, ma con l’andar del tempo furono assemblati anche i primi congegni per la trasformazione dei prodotti derivanti dalle coltivazioni agricole, quali i frantoi oleari e i mulini ad acqua e a vento per la molitura del grano, tuttora osservabili in bella vista in tante opere d’arte pittorica, anche di lodevole valore.

È, però, con l’affermarsi dell’era industriale moderna che il paesaggio subisce le più profonde trasformazioni operate dalle attività umane, visibili, tra l’altro, nelle più diverse e numerose situazioni, segnate dalla storia e giunte fino ai giorni nostri.
Basti pensare, ad esempio, all’immensità del reticolo di strade rotabile e/o ferrate, con tutti gli annessi necessari al loro giusto funzionamento, che ha invaso, in sostanza, tutte le aree abitate dal genere umano, da quelle più note e conosciute, fino alle più recondite e periferiche. Stesso discorso è valevole per le ciminiere delle industrie, per le linee elettriche, con tutti gli ingombranti pali e tralicci. E, ancora, non è possibile non pensare alle strutture portuali e aeroportuali, gli sbarramenti intramontani per contenere le riserve idriche, i ripetitori radiotelevisivi e telefonici, sia di grandi dimensioni, che diffusi sui tetti e sulle pareti delle nostre abitazioni, in ogni dove.

Certo, col passare del tempo, la nostra sensibilità verso l’estetica del paesaggio è indubbiamente cresciuta, soffermandosi su sempre maggiori e apprezzabili livelli di qualità.
E, dunque, è come quando, in possesso di un nuovo aggeggio per la casa, utile e/o ornamentale che sia, sappiamo bene che il suo giusto posto lo dobbiamo pur trovare, pena la bruttezza del disordine e/o il non poter beneficiare degli utili, vantaggiosi servizi, da esso ricavabili, per le nostre quotidiane attività.

Angelo Sanzò
Presidente Comitato Scientifico Legambiente Molise

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