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Gesù, l’adultera e i peccati dell’Occidente

V Domenica di Quaresima – Anno C

Una donna sorpresa in adulterio (Gv 8,1-11)

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosé, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanche io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Questo è un vangelo anomalo: non è stato scritto dallo stesso autore del vangelo e manca in alcuni antichi e autorevoli manoscritti, mentre in altri è collocato addirittura nel vangelo di Luca; come a dire: un episodio troppo scomodo per una religione che avrebbe fatto della morale e forse anche del moralismo la sua spina dorsale. Come si può concepire un Gesù, garante dell’ordine costituito, che lascia correre un adulterio? Ma grazie a Dio questo brano è entrato a pieno titolo nella bibbia e può indicarci delle piste non solo sul modo di porci di fronte alle debolezze personali e anonime di tanti che pur si dicono cristiani, ma anche per valutare gli atteggiamenti di tanti puritani che vogliono ammaestrare chi sbaglia sul piano politico e sociale.

Nella bibbia il popolo d’Israele spesso è simboleggiato da una donna che tradisce il marito (basta leggere il profeta Osea); io vorrei attualizzare l’immagine vedendo in quella donna la Russia di oggi (non il suo capo, per carità!), un popolo che di colpo viene additato come artefice di tutte le sciagure ed è oggetto fino all’idiozia di ostracismo persino nel nome. E mi piace vedere in quegli uomini che si presentano come difensori della morale rivelata da Dio gli attuali maestri del diritto internazionale che additano la Russia come nazione appestata, dimenticando tutte quelle volte in cui il libero Occidente si è ammantato di sacri principi per coprire loschi interessi di carattere strategico ed economico e ha fatto strame del diritto all’autodeterminazione dei popoli (basti rileggere la storia recente dell’America latina), oppure si è inventato prove di inesistenti arsenali per avere la scusa di invadere una nazione facendo strage di tanti civili ed, infine, la promozione su scala industriale di conflitti armati e di governi corrotti pur di garantirsi il controllo delle risorse di interi continenti.

Forse non è ancora il tempo di farsi questo esame di coscienza per non dare l’impressione di parteggiare per l’invasore di una nazione aggredita, ma forse più che riarmarsi (sottraendo ancora una volta risorse da destinare al servizio dei propri cittadini) di quelle moderne pietre che sono gli armamenti più sofisticati e costosi, bisognerebbe cominciare a chiedersi che cosa si è fatto finora e che cosa invece bisognerebbe fare perché il mondo non diventi ancora di più carne da macello. E forse, anziché continuare a ripetere la solfa che stiamo difendendo i grandi valori scritti nelle tavole eterne del diritto, sarebbe l’ora di ammettere anche i propri errori e le proprie connivenze con l’ultimo mostro che ha generato la storia e dire sul serio: mai più! A cominciare dai più vecchi, da chi, cioè, si ritiene più saggio e democratico di altri.

Don Michele Tartaglia

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