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Epatite sconosciuta tra i bambini, in Molise finora casi zero. Ma i pediatri sono stati allertati: “Segnalateci sintomi sospetti”

Nessun bambino con la 'nuova' epatite di origine ignota è ricoverato negli ospedali della regione, ma la diffusione di questa malattia che colpisce il fegato, e soprattutto le cause non ancora accertate dalle autorità sanitarie, hanno messo in allerta anche i nostri pediatri e medici di famiglia.

Partiamo da una buona notizia: in Molise, al momento, non ci sono bambini con l’epatite. La nostra regione, al pari di diverse altre, non ha segnalato casi al Ministero della Salute che il 23 aprile scorso ha diffuso una circolare, sollecitandole a far presente eventuali pazienti con sintomi della malattia di origine sconosciuta. L’epatite, infatti, è una infiammazione del fegato generalmente di origine virale (o da altre cause autoiummuni, metaboliche, congenite, tossiche) contraddistinta da cinque lettere dell’alfabeto (A, B, C, D, E) in base al patogeno che l’ha causata. Quella che sta circolando nella fascia di età pediatrica non appartiene a nessuno di questi virus noti.

Nella stessa circolare ministeriale gli ospedali, i medici di famiglia, ma soprattutto i pediatri, sono stati allertati in modo da sensibilizzarsi su ogni potenziale caso sospetto. Nunzio Colarocchio, pediatra campobassano e Giuliana Senese del San Timoteo di Termoli, lo confermano.

Insomma, occhi aperti, ma per ora situazione sotto controllo. Tanto che in Italia i casi conclamati sono appena quattro.

Ma allora, verrebbe naturale domandarselo, perché se ne sta parlando così tanto? Per capirlo bisogna andare indietro di qualche settimana, precisamente ai primi giorni del mese di aprile quando l’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito ha segnalato, con estrema chiarezza e trasparenza, una sessantina di casi di ‘nuova’ epatite sul suo territorio (diventati oltre un centinaio nei giorni successivi). Molti di questi bambini hanno avuto bisogno di un ricovero in terapia intensiva, e alcuni hanno dovuto essere sottoposti a trapianto di fegato.

Questo annuncio dell’agenzia inglese – come ricorda Roberta Villa su Univadis, sito di informazione medico-scientifica – è stato accompagnato da una serie di raccomandazioni fatte ai sanitari “di alzare la guardia nei confronti di eventuali casi sospetti”, e ai genitori “di prestare particolare attenzione a eventuali sintomi, elencati in maniera comprensibile a tutti, senza usare termini tecnici: urine scure, cacca chiara e grigiastra, prurito, ingiallimento di occhi e pelle (ittero), dolori muscolari e articolari, febbre, senso di malessere, stanchezza inusuale e persistente, perdita di appetito, mal di pancia”.

Oggi il dibattito è incentrato sulle cause che hanno originato questa malattia a veloce diffusione tra i bambini sotto i dieci anni e che sono sconosciute, dunque spaventose. Le teorie sono più di una, certezze, invece, non ce ne sono. La sola causa esclusa quasi in maniera assoluta  – ed è notizia molto recente, – è una correlazione con la vaccinazione anti Covid.

Questo lo dice a chiare lettere nella circolare ministeriale anche Giovanni Rezza che è a capo della Direzione generale della prevenzione della salute:  “Non è stato identificato alcun legame con il vaccino anti Covid-19 e un questionario somministrato ai casi, su alimenti e abitudini personali, non ha identificato alcuna esposizione comune”.

bambino ospedale

Per le autorità sanitarie del Regno Unito l’ipotesi infettiva è la più probabile. Esistono adenovirus del raffreddore che possono colpire anche il fegato (evento raro). Ma siccome il raffreddore tra i bambini è molto frequente e diffuso, riscontrarne la presenza nei casi di bimbi malati di epatite acuta sconosciuta potrebbe essere del tutto casuale. Come casuale potrebbe essere aver trovato la variante Omicron di Sars CoV-2 tra loro vista la diffusione elevatissima in questo momento nel Regno Unito come nel resto d’Europa e in Italia.

Secondo il professor Rezza “si potrebbe ipotizzare o la comparsa di una nuova variante in circolazione che causi una grave epatite nei bambini, o che una variante comunemente in circolazione stia colpendo soprattutto bambini più piccoli forse immunologicamente non protetti in relazione alla minore circolazione di Adenovirus durante la pandemia”.

Cadute le restrizioni antipandemiche, il virus che tiene sotto scacco il mondo da oltre due anni, si sta accanendo sulla fascia dei giovanissimi (specie sui piccolissimi) che potrebbero avere un sistema immunitario indebolito dall’uso delle mascherine e della vita più ‘ritirata’ fatta da quando la Covid 19 è entrata nelle nostre vite.

“ Qualche studioso (Andrea Crisanti, ndr) – riferisce la pediatra Senese – pensa ad una risposta immunitaria ‘diversa’ forse legata alla mancata stimolazione del sistema per via dell’isolamento. Proprio per questo colpisce i bambini da pochi mesi fino a 10 anni (persone con sistema immunitario ancora in ‘rodaggio)”.

Una ipotesi che resta tale, per ora. Ma che ha convito anche il governo italiano ad aumentare la sorveglianza senza al contempo veicolare messaggi istituzionali alla popolazione e ai genitori che restano comprensibilmente spaesati.

“In tutto il mondo ci sono forme di epatite la cui causa ci sfugge – racconta il dottor Colarocchio – questo non deve generare panico o paura infondata ma solamente prudenza. Ai genitori dico di segnalare a noi pediatri eventuali sintomi sospetti come mal di pancia, nausea, ittero, feci decolorate alcuni dei quali comuni anche ad altre malattie come la gastroenterite che pure sta circolando tra i bambini. E non sottovalutate l’infezione da Sars Cov 2, solo ieri nel mio ambulatorio ci sono stati dieci casi”.

Niente panico, attenzione e approfondimenti epidemiologico e di laboratorio sui casi sospetti identificati, “anche quando – questo scrive Giovanni Rezza nella sue raccomandazioni – non pienamente rispondenti all’attuale definizione di caso provvisoria, indagando ad es. su eventuali familiari sintomatici o nel proprio ambiente di vita. Poiché alcuni casi sono risultati positivi per SARS-CoV-2 e/o Adenovirus, è necessario intraprendere la caratterizzazione genetica dei virus per determinare eventuali associazioni tra i casi”.

Sequenziare – pratica che in Italia si fa ancora molto poco – è la parola d’ordine.

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