Sistema iorio

Due condanne e 14 assoluzioni dopo un processo infinito. Gli avvocati: “È stata una persecuzione”

L'inchiesta si chiuse nel 2014 e il processo iniziò nel 2016. Alla sbarra politici, imprenditori, giornalisti, editori e funzionari pubblici. Un fascicolo composto da migliaia di pagine per raccontare fatti di corruzione, concussione, abuso d'ufficio, peculato, falsità materiale e ideologica, estorsione, violenza privata, bancarotta e ricettazione che oggi la sentenza di primo grado ha smentito con 14 assoluzioni e due condanne

Sedici imputati: quattordici assoluzioni e due condanne. È l’epilogo del processo sul cosiddetto “Sistema Iorio”: un processo lungo otto anni e che alle 14 e 30 di mercoledì 20 aprile ha suggellato con un verdetto fatti e circostanze denunciati nel 2016 dall’allora Capo della procura Armando D’Alterio.

I magistrati Salvatore Casiello, Gian Piero Scarlato e Roberta D’onofrio hanno condannato a 12 anni di reclusione l’imprenditore Ignazio Annunziata (per il reato di bancarotta) e a 4 anni Angelo Percopo, ex direttore dell’Asrem (per il reato di concussione) oltre al pagamento delle spese processuali. Interdetti anche dai pubblici uffici. Annunziata è stato inoltre inabilitato all’esercizio di imprese commerciali e ritenuto “incapace ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa” per la durata di sei anni.

A Percopo e ad Annunziata sono stati confiscati 15mila euro e ambedue sono inoltre stati condannati a risarcire i danni provocati all’Associazione nazionale per la Lotta contro le Illegalità e le Mafie Antonio Caponnetto.

L’avvocato Giuseppe Fazio, difensore di Angelo Percopo, all’esito della sentenza ha espresso in due parole il suo parere: “Per me, allo stato, è una sentenza incomprensibile e senza logica. Aspetto a maggior ragione di leggere le motivazioni”. E alla domanda se impugnerà il verdetto replica laconico: “Certamente sì”.

Al di là di Annunzia e Percopo, i giudici della sezione penale del tribunale di Campobasso hanno assolto Michele Iorio (principale indagato) Giuseppe Giarrusso, Giuseppe Marchese, Giorgio Marone, Michele Colavita, Francesco Pettinicchio, Anna Totaro, Desio Notardonato, Rosario Cardile, Nicolino Sacchi, Antonio Epifanio, Stefano Epifanio, Manuela Petescia, Quintino Pallante (per questi ultimi due è stato chiesto il non luogo a procedere).

Visi distesi e abbracci in aula fra imputati e avvocati alla lettura dell’assoluzione perché “finisce una persecuzione giudiziaria durata otto anni – ha detto l’avvocato Paolo Lanese, difensore dell’imprenditore Quintino Pallante –. È stata dichiarata l’insussistenza di molti dei fatti all’epoca denunciati. C’è stata qualche prescrizione su alcuni aspetti marginali ma diciamo che l’impostazione accusatoria si è rivelata inesistente. E questa è la realtà”.

L’avvocato Mariano Prencipe che ha difeso Michele Colavita è categorico: “Il fatto non sussiste. E questo è il dato, in base al quale in realtà auspicavamo una soluzione per il dottor Colavita già in udienza preliminare, purtroppo non è stato possibile e aspettando una riforma seria dell’udienza preliminare abbiamo atteso otto anni per un verdetto di assoluzione e siamo soddisfatti”.

Il volto disteso dell’ex presidente della Regione, Michele Iorio, oggi consigliere regionale, la dice lunga sugli ultimi otto anni trascorsi a difendersi da “accuse puntualmente infondate – ha detto all’esito della sentenza –. Non so se esistono persone più perseguitate di me ma sono fiero di aver dimostrato ogni volta e in ben 23 processi la mia puntuale innocenza. Credo invece – ha continuato Iorio – di aver dimostrato il mio attaccamento a questa terra che oggi gode di un verdetto che suggella, rispetto a chi non l’avesse ancora compreso, la totale abnegazione del mio operato politico portato avanti sempre e soltanto per il bene del Molise. Oggi, con questo verdetto, credo di poter dimostrare qualcosa in più”.

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