L'assemblea della confederazione italiana

Vecchi e nuovi problemi, gli agricoltori: “Cinghiali prima emergenza e latte sottopagato”. Timori per peste suina

A Campobasso l'assemblea nazionale della Confederazione italiana agricoltori ha consentito di fare il punto: la guerra e i rincari hanno riacceso la crisi di uno dei settori trainanti dell'economia. Il comparto annovera in Molise oltre 7mila imprese iscritte all'Inps. Irrisolti i problemi legati alla proliferazione dei cinghiali e alla crisi del latte: "Sottopagato da alcuni caseifici"

Mentre si intravedevano gli spiragli di una ripresa, l’agricoltura è ripiombata nella crisi: sono aumentati i costi energetici e quelli delle materie prime per la guerra in Ucraina. “In un anno abbiamo registrato un incremento del Pil del 6,5%, poi è scoppiata una bolla che sembrava speculativa ma invece era il preludio alla guerra”, sottolinea Dino Scanavino, il presidente nazionale della Cia (Confederazione italiana agricoltori) a Campobasso. Il capoluogo ha ospitato l’assemblea nazionale durante la quale è stato tracciato un bilancio alla presenza dei rappresentanti delle migliaia di aziende molisane: il comparto annovera il 10% della forza lavoro regionale. “Circa 7mila aziende iscritte all’Inps e il 27% delle aziende iscritte alla Camera di commercio sono agricole”, rimarca il direttore della Cia Molise Donato Campolieti.

Agricoltura congresso cia

I rincari delle materie prime e dell’energia sono stati una mazzata soprattutto per l’agricoltura molisana, costretta ad affrontare problemi che si trascinano da tempo e mai risolti. In pratica, “problemi che partono da lontano“. L’emergenza cinghiali è in cima alle priorità da risolvere per gli agricoltori: “E’ l’emergenza delle emergenze ed è un problema che viene da lontano: in Molise abbiamo una popolazione di ungulati inversamente proporzionale ai residenti e questo comporta anche una diminuzione della superficie agricola utilizzata, l’abbandono delle terra e dei campi dipende anche dallo scoramento degli agricoltori. Noi stiamo chiedendo azioni sinergiche concrete: gli agricoltori vogliono la libertà di fare impresa in maniera autonoma, di poter scegliere le colture da praticare nelle zone più vocate e poter investire sulle proprie esperienze professionali”.

Non si è fatto niente nemmeno per risolvere la crisi del latte. Basti pensare che a distanza di quattro mesi, il Molise non ha recepito l’accordo nazionale sul prezzo minimo da corrispondere accentuando i danni economici alle aziende zootecniche locali che conferiscono latte ai caseifici. Latte che purtroppo in molti casi viene pagato poco.

“Credo che  il Molise stia vivendo una situazione unica in Italia”, spiega Campolieti. “Questa è stata l’unica regione a non aver dato seguito all’accordo nazionale del 10 novembre scorso sul prezzo minimo da corrispondere per ogni litro di latte (41 centesimi a litro)”. Il direttore della Cis insiste: “Da oltre 25 anni il Molise è l’unica regione a non avere un prezzo di riferimento del latte ed è l’unica regione in cui la parte istituzionale e politica se n’è lavata le mani invece di intervenire a difesa del settore agricolo. Noi abbiamo assistito ad una indifferenza da parte dei trasformatori rispetto alla proposta di garantire 41 centesimi al litro come prezzo minimo parzialmente riconosciuta dalla grande distribuzione e dai caseifici. Oggi il prezzo praticato è sotto i 41 centesimi, mentre il nuovo accordo nazionale sta prevedendo il prezzo minimo a 45 centesimi. Ci sono caseifici che in maniera leale stanno remunerando correttamente i costi ai produttori, ma tanti altri non fanno uso di latte molisano, lo bistrattano e lo sottopagano”.

Gli agricoltori vorrebbero misure mirate da parte della Regione Molise e all’assemblea della Cis si è recato per un breve saluto anche l’assessore Cavaliere. “L’agricoltura è una fetta importante della nostra economia – rincara Campolieti – ma non è importante nella visione strategica del governo regionale. La Regione Molise dovrebbe fare il minimo sindacale: ad un settore che rappresenta circa il 10%, dovrebbe destinare anche una fetta delle risorse del bilancio regionale. Non dico il 10%, ma anche il 5%, il 2% che su un miliardo di euro potrebbe rappresentare 20 milioni. Noi siamo costretti a chiedere alla Regione il cofinanziamento al Piano di sviluppo rurale che è un impegno e un atto dovuto nei confronti dell’Unione europea, figuriamoci se hanno disponibilità di fronte alla crisi di liquidità o per la valorizzazione delle filiere. La risposta è ‘non ci sono fondi’. Ma non ci sono fondi in generale o solo per l’agricoltura?”

Al di là del Pnrr, anche il Governo nazionale dovrebbe tutelare le imprese agricole che stanno fronteggiando le conseguenze del conflitto. “Costi delle materie prime e dell’energia alle stelle, difficoltà a fare programmazione, mancanza di liquidità da parte degli agricoltori, i costi produttivi ci hanno messo in crisi anche dal punto di vista finanziario”, sottolinea il presidente nazionale Scanavino. Per evitare il tracollo “dobbiamo avere garanzie sulla tenuta dei prezzi dei nostri prodotti perchè dobbiamo sapere che, quando avremo i raccolti, la valorizzazione dei nostri prodotti sarà sufficiente almeno a coprire i costi di produzione”.

 

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