Cena del ricatto

Presunto ricatto a Frattura, Cassazione rigetta il ricorso dell’ex presidente: non sarà risarcito, ora rischia un processo per calunnia

Dopo due assoluzioni per la giornalista Manuela Petescia e il pm Fabio Papa, un'altra tegola sulla testa dell'ex governatore del Molise in Cassazione: il suo ricorso proposto come parte civile è stato rigettato e non otterrà il risarcimento danni. Ora si attendono le motivazioni che secondo il legale di Frattura potrebbero riabilitarlo. Su Frattura pende una richiesta di rinvio a giudizio per calunnia.

A un anno quasi esatto dall’assoluzione in Corte d’Appello della giornalista Manuela Petescia e del pm Fabio Papa per il presunto ricatto all’ex governatore del Molise, Paolo di Laura Frattura, è stato scritto un altro capitolo di una vicenda giudiziaria che tiene banco da parecchi anni e nota col nome di “cena del ricatto”.

Presunto ricatto a Frattura, assolti anche in Appello Manuela Petescia e Fabio Papa

Ieri, 2 marzo, la sesta sezione della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso che Frattura, in qualità di parte civile, aveva avanzato a seguito di quella sentenza di secondo grado che aveva confermato la prima assoluzione di Papa e Petescia avvenuta il 4 maggio del 2017.

A dare notizia è l’avvocato dell’ex presidente Marco Franco che ha detto: “Sebbene il ricorso del mio assistito sia stato rigettato, le spese di giudizio sono state compensate (significa che ciascuna parte pagherà le spese legali affrontate, ndr) e non ci sarà risarcimento danni” (che era da quantificare, per l’appunto, in sede civile, e che Frattura avrebbe voluto da Papa e Petescia ndr).

Una consolazione che potrebbe diventare meno ‘magra’ se le motivazione del rigetto della Cassazione, che arriveranno nelle prossime settimane, dovessero attenuare, come spera il legale,  il tenore di quelle scritte dai giudici d’Appello e “riabilitare” in parte il nome di Frattura, uscito alquanto malconcio dalla vicenda.

Si tratta, lo ricordiamo brevemente, di una cena che Frattura ha sostenuto sia avvenuta nell’autunno del 2013 a casa di Fabio Papa in cui il pm e la giornalista cercarono, col ricatto di una inchiesta sfavorevole a Frattura (le ipotesi poi nel processo furono quelle della tentata concussione e tentata estorsione), di ottenere una legge sull’editoria favorevole all’emittente televisiva privata. Tutto questo l’ex Governatore lo riferì un anno e mezzo dopo i fatti, che in processo non sono stati provati.

E’ stato stabilito, sia in primo che in secondo grado, che quel ricatto non c’è mai stato e che “il fatto non sussiste”. 

Frattura, però, non si è dato per vinto cercando di ottenere un risarcimento danni in sede civile (la condanna in  sede penale non è modificabile): la Cassazione ha rigettato il suo ricorso, mentre la Procura di Bari non ha mai fatto istanza di ricorso dopo l’assoluzione in Appello di Papa e Petescia.

Frattura (e il testimone chiave, l’avvocato Salvatore Di Pardo) – per dirla in parole più semplici – ha perso tre a zero nella partita contro la direttrice di Telemolise e il magistrato, ma il suo legale è fiducioso che le motivazioni che spiegheranno le ragioni del rigetto “potranno darci soddisfazione”.

Ma un altro fatto rilevante è emerso durate l’udienza di ieri: i difensori di Manuela Petescia (Paolo Lanese e l’avvocato Palumbo) hanno portato in aula la richiesta di rinvio a giudizio per calunnia a carico di Frattura e del testimone Salvatore Di Pardo già depositata a metà gennaio dalla Procura di Bari.

“Premesso che i due possano anche non aver ricevuto ancora nulla a noi – spiega Lanese – questa richiesta risulta da un accesso agli atti. Ora sono loro ad essere sotto processo per calunnia, sono loro gli imputati e in quel processo Papa e Petescia si andranno a costituire come parte civile per chiedere il risarcimento danni. I ruoli si sono invertiti, Frattura da denunciante è ora imputato”.

Erano presenti all’udienza anche gli avvocati Massimo Romano e Nicolino Cristofaro (per Fabio Papa).

(AD)

 

 

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