Confcommercio

Quel che resta del commercio, focus sulle imprese che ‘muoiono’. Campobasso soffre più di Isernia, lo spiraglio nel turismo

Focus dell’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici, un'indagine sul tessuto commerciale italiano. Ci sono anche Campobasso e Isernia tra le 120 città medio-grandi sotto la lente. Il presidente Confcommercio Molise Paolo Spina: “Rafforzare i partenariati, utilizzare efficacemente i fondi Pnrr e comunitari”. L'ombra del commercio online sulle attività fisiche che 'muoiono' è evidente. Si salvano, anzi crescono, le attività come ristoranti, alberghi e bar

Le città cambiano perchè cambia il loro tessuto commerciale, nei centri storici così come nelle aree periferiche. Sta succedendo anche a Campobasso e Isernia, ma è in particolare il capoluogo di regione quello che più fa le spese in termini di attività d’imprese. Tante quelle che ‘muoiono’, sebbene tante altre – in particolare attività di servizi più che di commercio al dettaglio – nascano.

La conferma a questo quadro arriva dalla settima edizione dell’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici. Uno studio che arriva dopo gli effetti e i danni della pandemia sul tessuto commerciale italiano, aggravato dalla stagnazione dei consumi. Città che cambiano volto, con meno insediamenti del commercio tradizionale e più servizi, anche in relazione a una prospettiva diversa, legata per esempio allo smart working e alla diversa mobilità delle persone nelle aree metropolitane.

Per questo report sono stati osservati 120 comuni medio-grandi, di cui 110 capoluoghi di provincia (tra cui Campobasso e Isernia) e 10 comuni non capoluoghi di media dimensione, elaborando i dati dell’Istituto G. Tagliacarne. Sono state escluse le città di Milano, Napoli e Roma perché multicentriche, dove non è possibile, cioè, la distinzione tra centro storico e non centro storico.

Ebbene, a Campobasso soffre il commercio al dettaglio con un saldo negativo di imprese (-19) tra il 2019 e il 2021, di cui 6 nel centro storico, più del doppio (13) quelle situate in altre aree cittadine. In crescita però le attività come alberghi, bar e ristoranti con un saldo positivo (+19), con 8 nuove imprese nel centro storico e 11 nel resto della città.

Nel biennio considerato dall’indagine, migliorano invece i dati di Isernia con 10 nuove attività nel commercio al dettaglio, di cui 3 nel centro storico e 7 nella restante parte della città. Aumentano rispetto al 2019 anche qui i numeri relativi ad alberghi, bar e ristoranti (+5), che diminuiscono nel centro storico (-1) per espandersi nei quartieri (+6).

Nei grafici che accompagnano la pubblicazione, e che riportano chiaramente come sia il commercio al dettaglio più di quello ambulante e a differenza dei servizi legati al turismo a soffrire, si legge chiaramente che “Resta confermato l’elevato grado di sostituibilità tra canali fisici e canale virtuale, sebbene la riduzione del numero dei negozi abbia largamente a che fare con la stagnazione dei consumi e un naturale processo di ricerca di efficienza della distribuzione commerciale (omnicanalità, economie di scala, produttività)”. E ancora: “Inutile farsi illusioni: la competizione tra canali è destinata a intensificarsi, in conseguenza della pandemia; le vendite di servizi online recupereranno, quelle dei beni non si ridurranno”. Il trend, dunque, è chiaro.

Cosa fare, allora? “È necessario rafforzare i partenariati con le amministrazioni locali – sostiene il presidente di Confcommercio Molise Paolo Spina – per la definizione di strategie condivise che possano contrastare i fenomeni di desertificazione commerciale e valorizzare il tessuto economico in tutte le sue forme e funzioni, incluse quelle di attrazione culturale e turistica, di sostenibilità di quartiere e di innovazione capillare e diffusa, migliorando – al contempo – la qualità urbana e la coesione sociale”.

“Mettiamo a disposizione le nostre esperienze – commenta il direttore Confcommercio Molise Irene Tartaglia – per studiare con le amministrazioni e le istituzioni interessate modelli di governance urbana che, con il contributo di chi nelle città vive e lavora, guardino al medio – lungo termine e siano realmente capaci di dare risposte concrete all’economia reale e alla vita quotidiana dei cittadini e degli imprenditori”.

“Utile in questo senso utilizzare efficacemente i finanziamenti disponibili – conclude Spina –  a partire dalle opportunità contenute nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per la rigenerazione urbana. Ma anche con riferimento alle ulteriori risorse per le città previste dalla nuova Politica di coesione 2021-2027”.

Il motto è #viviAmolecittà

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