Indagini in corso

Omicidio di Natale, il mistero dell’arma del delitto e delle due testimonianze rese ai carabinieri

In attesa delle risultanze scientifiche che stanno conducendo i carabinieri del Ris di Roma si analizzano le deposizioni dei testi presenti il 24 dicembre. Ambedue avrebbero dichiarato di non aver mai visto il coltello se non quando Cristiano si è accasciato a terra

Gli unici fatti certi in una vicenda ancora a tinte chiaroscuro è che la giovane vita di un geometra di Campobasso, Cristiano Micatrotta, è stata spezzata da un colpo di lama. E che a farlo è stato il coetaneo 37enne Giovanni De Vivo.

Tutto ciò che invece, inevitabilmente, ruota attorno alle cause e alle dinamiche di questo delitto sembra ancora poco chiaro ed è in parte avvolto dal mistero che sarebbe alimentato anche dalle testimonianze rese ai carabinieri la sera del 24 dicembre dalle due persone presenti sulla scena del crimine.

Mancano riscontri che ora si attende arrivino dalle indagini scientifiche che stanno conducendo i carabinieri del Ris di Roma.

Mentre Giovanni De Vivo, ad un mese dall’interrogatorio di convalida che si è tenuto il 27 dicembre scorso, è tornato a parlare con il Capo della procura Nicola D’Angelo e il sostituto Elisa Sabusco, illustrando cosa è successo quella sera a partire dalle 21.30, gli investigatori si apprestano a confrontare – in attesa dei responsi del Ris – testimonianze e ricostruzioni.

Perché nell’inchiesta sono ancora assenti tasselli fondamentali per cristallizzare dinamiche e circostanze. Tanto per iniziare: il coltello. Perchè dicono di non averlo visto?

L’avvocato Mariano Prencipe – lunedì 31 gennaio – all’uscita dal carcere, dopo tre ore di faccia a faccia tra il suo assistito e gli inquirenti al riguardo ha risposto con un laconico “no comment”, lasciando intendere però che – questo – è certamente un aspetto sul quale si sta lavorando. Perché i due testimoni, la sera del 24 dicembre, davanti ai carabinieri hanno dichiarato di “non aver visto”.

Il primo (il 32enne successivamente indagato per il reato di rissa e anch’egli ferito ad una mano) ai carabinieri avrebbe raccontato di essersi reso conto della presenza dell’arma soltanto quando ha notato Cristiano sanguinare. E che, pur essendo stato colpito egli stesso per primo da un fendente alla mano (tant’è che tra le ipotesi c’è quella di un intervento di Cristiano per difende l’amico) ha raccontato che nella concitazione di quel momento non si è reso conto di essere stato ferito.

L’altro testimone – il secondo amico che era con Cristiano e il 32enne indagato – invece sarebbe pare sia rimasto in macchina e sarebbe sceso soltanto quando si è accorto che De Vivo e il 32enne litigavano furiosamente ma ciò nonostante si sarebbe mantenuto a distanza. Anche lui non avrebbe quindi visto il coltello e si sarebbe preoccupato di inseguire De Vivo quando, ferito mortalmente Cristiano, si è allontanato dalla scena del crimine.

Ecco perché l’arma del delitto continua ad essere un mistero, per quanto ancora non si sappia cosa De Vivo abbia raccontato su questo aspetto in sede di interrogatorio con il procuratore Nicola D’Angelo.

Quella notte, inoltre, fu eseguita una sola perquisizione: quella a casa del 37enne arrestato.

Perquisizione con esito negativo, perché i carabinieri non hanno trovato coltelli simili a quello che ha ucciso Cristiano, né altri compatibili con un probabile set di cui l’arma poteva far parte.

Insomma, piuttosto che diradare i dubbi degli investigatori, le deposizioni rese finora sembra abbiano messo sul tavolo elementi per allargare una serie di ipotesi e accertamenti rispetto ai quali – e lo ribadiscono le parti – importanti saranno gli esiti delle verifiche che stanno eseguendo i carabinieri del Ris.

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