Colletorto

Nella valle degli ulivi trekking a cavallo alla scoperta di un paesaggio selvaggio

Cavalli e cavalieri nella vallata degli ulivi alla scoperta di un contesto naturale tra antichi sentieri, vegetazione spontanea, anfratti e macchia mediterranea.

Come si vede dalle immagini, i cavalieri tutti in fila sono immersi in un paesaggio solitario ricco di non poche sorprese a livello ambientale. Qui infatti c’è il cuore degli ulivi colletortesi dove trionfa l’Oliva Nera capace di soddisfare i palati più singolari. Motivo d’orgoglio senz’altro tra le cultivar diffuse in questo antico paesaggio rurale.

In questa esperienza esplorativa, che rinnova un cammino di antica memoria, il gruppo dei cavalieri viene guidato da Laura de Girolamo, titolare sul posto di una scuderìa equestre, Paolo Santoianni presidente della Federazione Italiana Turismo Equestre e Teodoro De Girolamo presidente dell’Associazione Cavalieri Angioini “Roberto de Firmitate”.

Sotto un cielo plumbeo, mezzo grigio e mezzo scuro, non è mancata la voce della natura col suo silenzio assordante. “Lo spirito del trekking a cavallo aiuta senz’altro ad applicare concretamente quelle regole imparate a scuola, al fine di stabilire un rapporto corretto e armonioso con il cavallo e l’ambiente circostante – precisa Laura de Girolamo -. Tutto ciò sicuramente contribuisce a migliorare il grado di autonomìa, le proprie prestazioni nella pratica del cavalcare e ad avere un approccio felice con il cavallo, logicamente in varie tipologìe ambientali. Le caratteristiche del percorso rispecchiano infatti tali obiettivi volti a far crescere le competenze equestri, l’amore per il cavallo e l’attenzione verso un contesto naturale alquanto variegato”.

La carovana dei cavalieri, come si può vedere dalle immagini, è partita da Contrada Macchie per raggiungere la valle degli ulivi, dopo aver percorso la Carrera dei cavalli adiacente alla vecchia contrada di Santa Lucia. In questo caso il lessico specifico ci dà l’idea sulla tipologìa degli antichi tracciati. Il toponimo, come si rileva dal dizionario dialettale di Ubaldo Spina, indica una strada di campagna carrabile, dove l’uso del cavallo era molto frequente. E decisamente importante nel collegare l’abitato agli insediamenti rurali distribuiti nelle varie contrade di una vasta zona dell’agro.

Dopo aver superato Colle San Pietro, prima sosta dei cavalieri presso la fontana del Pannone per dissetare gli animali nei due abbeveratoi. Qui nel passato si radunavano le donne provenienti dagli umili casolari rurali per lavare i panni. Forse l’etimologìa si deve a questa funzione.

Il gruppo in fila indiana ha raggiunto poi l’ampia macchia mediterranea di Piana Porcara, dopo aver cavalcato i sentieri di Vallocchie Semerare e Peraverne. Ultima sosta nell’area attrezzata Natura 2000. Si tratta di un’area Sic, un sito di interesse comunitario, dove crescono non poche essenza arboree a rischio di estinzione. Questa macchia mediterranea è a ridosso della motta normanna di Lauretum. In questo spaccato ambientale si nota una interessante biodiversità e un intreccio spontaneo tra attività antropiche, convalli naturali, macchie sempreverdi e basse colline ondulate.

Dopo la preghiera alla Madonna di Santa Maria di Laureto, che dall’alto veglia l’area sottostante, in sella sull’ultimo pezzo di strada, tutto in salita, per raggiungere la meta finale. E’ la strada che sale sull’erta più dura. S’inerpica fino alla balza collinare più alta dove è adagiato l’abitato. Nel viaggio a cavallo anche i cavalieri più piccoli sono riusciti a superare a quanto pare la rete di stretti e larghi sentieri a vari livelli di difficoltà. Una bella iniziativa in definitiva che rilancia non poche sensibilità verso il paesaggio rurale. Un trekking a cavallo dunque riuscito.

Puntualmente rinnova lo spirito di avventura e la scoperta di scorci inediti di un paesaggio che merita una visita. Sul piano ambientale senz’altro qui c’è l’identità più genuina di una storia rurale dalle antiche radici. Qui c’è il sussulto dei sacrifici e della vita semplice di ieri. Dopo la fatica a quanto pare segue la soddisfazione dei cavalieri. Nell’esplorazione di nuovi angoli naturali è possibile ritrovare la parte migliore di se stessi. E quella dimensione di pace che la natura regala a tutti noi in ogni stagione. Dopo questa bella esperienza cresce il racconto di un’avventura di vita particolare a contatto con la natura. Ritornano in mente le incertezze per superare i luoghi selvaggi e solitari. Si ricordano i lunghi filari di ulivi rugosi e grigi come tante presenze di un paesaggio spopolato. Si ricorda la paura dovuta ad un tempo piuttosto scuro. Si ricordano le sottili colonne di fumo sparse qua e là. Come pennacchi. Provenienti delle “frasche” appena bruciate.

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Uno scenario animato da tanti silenzi dove, nonostante le tante difficoltà, c’è sempre qualcosa da imparare. Ricco di essenze arboree spontanee e di alti cespugli isolati. Tra poco tutto sarà riempito di verde. Colpisce il paesaggio della macchia che cresce nei fossi profondi e sui pendii più ripidi di Piana Porcara. Tutto è davvero singolare. Il solco dell’acqua torrentizia è insolito sotto le querce ancora spoglie. Qui il tempo, con il suo lungo stato di quiete, talvolta, sembra essersi fermato per sempre. E’ un inno alla vita che non si vede.

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