La resa dei conti

Frattura a processo per calunnia a giornalista e magistrato, “inconfessati interessi dietro le sue menzogne”

“Con le motivazioni della sentenza di assoluzione in favore mio e del magistrato Fabio Papa in Appello, e con la richiesta di rinvio a giudizio per calunnia a carico dell’ex presidente della Giunta Regionale del Molise Paolo Di Laura Frattura e del suo avvocato Salvatore Di Pardo, si apre la strada della resa dei conti”: la direttrice di Telemolise Manuela Petescia convoca la stampa per una operazione verità che ricostruire la complessa vicenda giudiziaria iniziata nel 2015 e conclusasi con la piena assoluzione per la giornalista e il magistrato e con la richiesta di processo per l'ex Governatore del Molise per il reato di calunnia.

Con le motivazioni della sentenza di assoluzione in Corte d’Appello in favore di Manuele Petescia, giornalista e direttore di Telemolise, e del magistrato molisano Fabio Papa, e con la richiesta di rinvio a giudizio per calunnia a carico dell’ex presidente della Giunta Regionale del Molise Paolo Di Laura Frattura, “si apre la strada della resa dei conti”.  Manuela Petescia, affiancata dai suoi avvocati Massimo Romano e Paolo Lanese (Nicolino Cristofaro assente per impegni di lavoro inderobaili), ha incontrato la stampa oggi pomeriggio all’hotel san Giorgio di Campobasso per fare il punto su una lunga e complessa vicenda giudiziaria che sembra arrivata all’epilogo.

La procura di Bari – competente per territorio – ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex presidente della Regione Molise Paolo di Laura Frattura e per l’avvocato Salvatore Di Pardo per il reato di calunnia continuata in concorso.

Secondo il capo della procura pugliese entrambi, prima con una denuncia presentata alla fine del 2014 e poi con dichiarazioni “non vere o reticenti” rese ai carabinieri, al sostituto procuratore e alla Corte d’Appello di Bari, avrebbero incolpato il magistrato Fabio Papa e la giornalista Manuela Petescia dei reati di concussione e estorsione “pur sapendoli innocenti”. Manuela Petescia, in quella odierna che ha ribattezzato operazione verità, ha ricostruito le fasi del caso giudiziario. “Il 31 maggio 2021 il giudice ha depositato le motivazioni della sentenza di Appello, motivazioni pesantissime, che scagionano la sottoscritta e il magistrato da qualsiasi sospetto, stabilendo la piena insussistenza delle accuse a carico della sottoscritta e del magistrato. Sono state revocate le misure precedentemente applicate al magistrato Fabio Papa che è tornato al suo posto in Tribunale”.

Fabio Papa e  Manuela Petescia erano stati processati per concussione e estorsione sulla base di una denuncia presentata dall’ex presidente della Regione Molise, Paolo Di Laura Frattura “pur sapendoci innocenti – ha aggiunto la direttrice di Telemolise – come stabilito dal verdetto emesso dal Tribunale di Bari”.

Dopo l’assoluzione, Fabio Papa “trasferito precedentemente per sette anni in mezza Italia, ridotto in polvere per colpa di una menzogna” è stato reintegrato a Campobasso nelle sue funzioni di Pubblico Ministero.

“Il rammarico – ha aggiunto – è che a fronte di quella assoluzione nessuno ha alzato una voce di sdegno. Allora tacendo anche io, avallerei a questo punto il tentativo di insabbiare questa ingiustizia alimentando la tradizione molisana dei tarallucci e vino. Mi sarei aspettata le scuse di Renzi, del Pd, della presidenza del Consiglio dei ministri, della Regione Molise e di coloro che si sperticarono in affermazioni di sostegno a Frattura urlando allo scandalo. E oggi? Lo scandalo non c’è? Nessuno parla. Ad eccezione di poche voci fuori dal coro. Quindi, io, non posso restare in silenzio: la notizia di richiesta di rinvio a giudizio per Frattura e Di Pardo sono circostanze uniche nella storia che meritavano una conferenza stampa“.

E va dritta al sodo: pagina 235 della sentenza di Appell. Si evince “la mancanza di genuinità dell’accusa e l’assoluta inaffidabilità di Frattura, e svela soprattutto gli interessi inconfessabili dell’ex Governatore nel voler screditare colui che, nel ruolo di magistrato, aveva avviato accertamenti giudiziari sulla sua società Biocom”.

La pietra iniziale dello scandalo denunciato da Frattura è la famosa cena a fini estorsivi da parte del procuratore Fabio Papa e della giornalista Manuela Petescia. Cena – lo dicono i giudici – che non c’è mai stata. Né è mai stata neanche lontanamente concordata.

E nelle deposizioni di Frattura (come in quella di Di Pardo) la “menzogna emerge in tutta la sua forza e la sua viltà”.  Prima l’affermazione di una cena ad ottobre, poi a settembre, poi a maggio, poi a giugno. Uno sciorinare di date rispetto ad un incontro che invece non è mai accaduto. E rispetto al quale con prove documentali alla mano Manuela Petescia, gli avvocati Massimo Romano, Paolo Lanese e Nicolino Cristofaro hanno dimostrato data per data con tabulati ed indagini tecnologiche che nulla delle dichiarazioni dell’ex governatore rispondeva a vero. “Sette anni di calvario – ha detto la giornalista – per me ma anche per la dignità di un magistrato che ha invece condotto con rigore il suo operato sempre e in ogni circostanza”.

Frattura nella denuncia a carico di Manuela Petescia la descrive “pericolosa criminale da tenere alla larga” e nel leggerlo la giornalista con sarcasmo ricorda invece che il rapporto con l’ex governatore era finanche di cordiale simpatia “tant’e che eravamo soliti chiamarci al telefono come Cappuccetto e Lupaccio”.

Sta di fatto che rispetto ai fatti e ai misfatti in sede processuale che si è chiusa anche in secondo grado con l’assoluzione piena a carico di Fabio Papa e di Manuela Petescia, i giudici scrivono che le deposizioni rese in aula contro i due imputati “nascondono reticenze che sono il  frutto di infedeltà rispetto a quanto riferito e questi sono chiari sintomi di menzogna. Amnesie e giustificazioni di comodo e di pervicace ed immotivata confutazione del vero in un’aula di tribunale”.

“La denuncia di Frattura – si legge a pagina 235 della sentenza – svela la mancanza di genuinità dell’accusa e l’assoluta inaffidabilità e svela soprattutto gli interessi inconfessati di screditare colui che aveva avviato accertamenti giudiziari sulla Biocom”. E a pagina 133 sempre il giudice sottolinea “la volontà di spegnere l’attenzione sulla Biocom” anche con il sospetto contributo della squadra mobile di allora coordinata dalla gestione del questore Giancarlo Pozzo, anche lui iscritto nel registro degli indagati.

In conferenza gli avvocati massimo Romano e Paolo Lanese hanno sottolineato che allo stato non “ci sono più opinioni bensì un orientamento della corte d’Appello di Bari che dopo il primo grado ha sancito l’assoluzione in formula piena da tutti i reati ascritti a carico di Fabio Papa e Manuela Petrescia perché il fatto non sussiste”.

La Corte d’Appello di Bari ha spazzato via anche il minimo dubbio sull’operato del magistrato campobassano. “Reati di abuso e falso che sono stati spazzati via in primo grado e ancor più marcatamente in Appello con una sentenza penale irrevocabile che certifica l’assoluta correttezza delle funzioni inquirenti del magistrato” hanno detto Romano e Lanese.

Fatte queste premesse i due legali sottolineano che “non è vero che l’indagine Biocom era sprovvista di presupposti per accertare una serie di anomalie. Quella indagine era doverosa tant’è che prima di lui l’aveva aperta l’allora capo della procura Armando D’Alterio e non aveva terminato perché la squadra mobile di Campobasso (all’epoca di Pozzo) aveva ritenuto che non vi fossero profili penali per procedere. Ma quando Papa lascerà l’inchiesta Biocom il sostituto che ci lavorerà dopo di lui lo farà per 18 lunghi mesi accertando l’esistenza di reati poi prescritti come, per esempio la non rispondenza tra contributo incassato e la spesa correlata”.

Una sentenza, dunque, che ha ripristinato la verità del fatti, ha sgomberato ogni ombra sull’operato legittimo e rigoroso di un magistrato e “la non veridicità della prospettazione avvenuta dal denunciate Frattura e dal suo testimone Di Pardo”.

Infine secondo gli avvocati, la Corte d’Appello nella sua sentenza ha già tracciato il movente delle accuse false a carico di Papa e Petescia parlando di inconfessati interessi dell’ex governatore. “Ed è giusto – concludono – che si faccia chiarezza anche su quegli interessi”.

 

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