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Bancarotta, il Riesame di Roma respinge scarcerazione di Colella. La difesa annuncia ricorso in Cassazione

Resta in carcere l’imprenditore isernino Camillo Colella, arrestato lo scorso 27 gennaio dalla Guardia di Finanza di Roma nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della immobiliare Como Srl. Lo ha deciso oggi il tribunale del Riesame di Roma, respingendo l’istanza presentata dal difensore Alessandro Dibbi. “Conosceremo le motivazioni entro 30 giorni – il commento rilasciato dell’avvocato – e immediatamente dopo faremo ricorso in Cassazione perché la detenzione di Colella è a nostro giudizio assolutamente ingiusta e immotivata”.

Camillo Colella, 63 anni, è recluso nel carcere isernino di Ponte San Leonardo. Per la procura di Roma avrebbe causato il dissesto di una delle sue società per sottrarsi agli obblighi fiscali sin dal 2014, quando la guardia di Finanza ha iniziato le attività di indagine su flussi finanziari sospetti.

Per l’avvocato Alessandro Diddi la decisione del Riesame è al limite dell’accanimento giudiziario: “Non ci sorprende che il Tribunale della Libertà dopo nemmeno 24 ore abbia rigettato, allo stato ancora senza motivazioni, la richiesta di riesame presentata da Camillo Colella. E’ sempre spiacevole parlare di accanimento giudiziario, tuttavia va ribadito che Camillo Colella ha collaborato con l’Autorità Giudiziaria sin dall’inizio, fornendo un apporto conoscitivo essenziale la cui valenza non è stata adeguatamente riconosciuta. Non ci fermeremo qui e già nelle prossime ore predisporremo le ulteriori iniziative difensive necessarie a garantire al nostro assistito tutte le facoltà che l’ordinamento gli attribuisce”.

“Non c’è spazio nel nostro sistema penale per provvedimenti di carcerazione preventiva, attendiamo le motivazioni del Tribunale per capire come mai le esigenze cautelari, contrariamente a quanto prospettato da questa difesa, si ritengono non solo ancora attuali, a distanza di anni dai fatti contestati, ma addirittura non appagabili attraverso misure meno gravose, che debbono sempre essere preferite alla custodia inframuraria, a maggior ragione in relazione a reati economici della specie di quello per cui Colella è indagato”.

Secondo l’altro difensore, Piergerardo Santoro, “la decisione certamente va rispettata ma non è condivisibile, inserendosi nella deprecabile prassi che continua ad applicare la massima misura cautelare in relazione a reati economici la cui soglia di pericolosità è ontologicamente più arretrata rispetto ad altri delitti di ben più grave allarme sociale, per i quali è il codice di rito ad indicare la custodia carceraria come via ordinaria”.

L’avvocato anticipa che nelle prossime ore verrà chiesto un nuovo interrogatorio, che Camillo Colella intende rendere davanti all’autorità giudiziaria.

Colella era già finito agli arresti con l’accusa di evasione fiscale nel 2015 ad opera del Tribunale di Avezzano. La vicenda che ora lo vede indagato per bancarotta fraudolenta riguarda il fallimento della immobiliare Como srl, dichiarato dal Tribunale di Roma nel giugno 2019. Colella è amministratore delegato dell’acqua Santacroce, noto marchio il cui stabilimento produttivo si trova a Canistro in provincia dell’Aquila. A suo carico è stato disposto il sequestro preventivo di beni  fino alla concorrenza di 71 milioni di euro. Tra i beni coinvolti dal sequestro la Colella holding srl, la Farmes sas e la Roma Resort srl.

 

Bancarotta fraudolenta da 70 milioni, in carcere il “principe” delle acque molisane. Disposto il sequestro dei beni

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