Tra sacro e profano

Ballate, riti propiziatori, rinascita: il ‘mistero’ del Carnevale torna a svelarsi in Molise

A Campobasso il 27 va in scena la ‘Mesaiola’. Tufara, Castelnuovo e Jelsi vantano le antiche maschere del ‘Diavolo’, dell’Uomo-cervo e dell’Orso. Manifestazioni che traggono linfa dalle tradizioni contadine legate alla natura e alla fertilità che affondano le radici nella notte dei tempi.

Ballate, diavoli, orsi, cervi, tormenti amorosi, sortilegi da spezzare, riti propiziatori. Il Carnevale è il momento più misterioso e trasgressivo dell’anno, capace di rigenerarsi da secoli, da quando il buio faceva più paura di oggi e i riti pagani si accompagnavano a quelli cristiani. Una sorta di passaggio di consegne tra l’inverno e la primavera, tra i mesi gelidi e la rinascita di Madre Natura. L’immagine simbolo? L’uccisione di Re Carnevale, di un fantoccio. Lo facevano addirittura i Babilonesi, mentre i Romani gettavano una statua nel Tevere…

La lotta tra il Carnevale e la Quaresima, vinta ogni anno da quest’ultima. Martedì grasso, le Ceneri, i quaranta giorni di preparazione alla Pasqua. Ecco che tutto si mescola, sacro e profano si combattono, anzi si cercano. Di tradizioni legate al periodo ce ne sono a bizzeffe. E il Molise non fa certo eccezione.

Maschere che simboleggiano animali o persone, personaggi o mesi dell’anno. Scherzi, goliardate, grandi mangiate e bevute. La festa si è trasformata nel corso dei secoli, diventando oggi una rappresentazione teatrale.

A Campobasso torna come ogni anno la cosiddetta ‘Mesaiola’, la sfilata dei ‘Dodici mesi’. Rispolverata dal 2015 dalla Polifonica Monforte dopo anni di assenza, il 27 febbraio sarà in scena in piazza. Si tratta di una allegoria che descrive, attraverso personaggi folkloristici, i mesi traendo spunto dalla natura. Versi in musica che raccontano le peculiarità di ciascun mese. Si erge da protagonista la figura del Re Carnevale, solitamente rappresentato da un giovane di dell’aspetto e ironico, che alla fine verrà ucciso dalla Quaresima, interpretata da una donna misteriosa e velata.

Il Carnevale campobassano

Esiste anche un particolare stornello a riguardo: “Quaresema secca secca, magna pan e ficura secca, ch na scenna de baccalà quaresema passa là”. Tutto in rigoroso campuasciano naturalmente. Il capoluogo si caratterizza anche per altre maschere. Su tutte quella dei Briganti, che la Compagnia d’Arte popolare ha portato per anni nelle strade di Campobasso coinvolgendo fino a cento figuranti. E poi le storiche Verde Auliva, ragazza che il padre non vuole dare in sposa all’innamorato, e Cuncetta de Mascione, legata fortemente al mondo agreste.

In Molise spiccano alcune maschere tipiche. C’è il Diavolo di Tufara, l’Uomo-cervo di Castelnuovo al Volturno, il ‘Ballo dell’orso’ di Jelsi, particolari rappresentazioni anche a Castellino sul Biferno e Cercepiccola. Peculiarità di un mondo contadino che appare sempre più lontano.

Diavolo tufara

A Tufara il rito propiziatorio è particolarmente sentito e suggestivo. Viene rappresentato Dioniso, dio della vegetazione, incatenato e trascinato per le vie del paese. Una sorta di passione prima della morte: il diavolo si dimena, rantola, cade a terra, prima di essere ucciso con la falce. Figura caprina, tridente tra le mani, tipica della leggenda contadina, che affonda le sue radici nella notte dei tempi.

E poi l’Uomo-cervo di Castelnuovo (frazione di Rocchetta). ‘Gl Cierv’ per tutti gli abitanti del paese, ovvero un figurante ricoperto di pelli di capra, con tanto di corna, che va in giro con dei campanacci intimorendo la popolazione. Qui si risale addirittura ai primordi dell’umanità, quando davvero si combatteva per rimanere in vita giorno per giorno. Ci pensa un cacciatore ad ammazzare il cervo e la sua compagna. Per poi farli rinascere, soffiando nelle orecchie di entrambi e liberandoli dal male.

A Jelsi la cosiddetta Ballata dell’Uomo-orso (‘U ball dell’Urz’) segna il passaggio da una stagione all’altra. In questo caso la maschera viene presa a bastonate e costretta a ballare. Una manifestazione riproposta grazie al regista-attore Pierluigi Giorgio dal 2008 dopo decenni di stop. Anche qui entra in gioco la fondamentale fertilità della terra invocata per la stagione mite.

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